L’imbroglio alchemico

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Massimo Franco afferma nel frontespizio del suo libro “L’enigma Bergoglio. La parabola di un papato”, che “questo volume ci aiuta a capire il Pontefice e la sua convinzione di quanto sia importante l’utopia intesa non come astrazione, ma come forza vitale e apertura al futuro a partire dal reale, da ciò che si è”. Parole apparentemente belle anche se il titolo fa pensare a un qualche enigma inspiegabile. In effetti Bergoglio assomma in sé l’enigma, il mistero. Quel mistero che in un recente articolo Marco Tosatti ripercorre a proposito del terzo segreto di Fatima, che citando Benedetto XVI è ancora di là dall’essersi compiuto.

Perché parliamo di enigma? Perché le parole programmatiche che cita Massimo Franco a discussione della utopia, sono parole ideologiche, non spirituali. Ovviamente poi condite di un generoso moralismo, secondo la modalità protestante.

Ma la fede è moralismo? La fede è monito? Nel medioevo era molto spesso monito e teorizzazione del come comportarsi, nella modernità oserei dire la fede è silenzio. Quel silenzio che paradossalmente Francesco, Papa anti-medioevale, cooptato dalla corrente progressista della Chiesa Cattolica Romana, non ama.

Francesco non ama gli istituti di clausura dove si pratica il silenzio. A Lui piace parlare e insegnare. Anche questo è uno dei paradossi dell’enigma. Lo abbiamo visto nell’ultimo Concistoro, dove i toni sono stati quanto mai medioevali. Francesco, come i professori terribili ai tempi del liceo che ti prendevano sott’occhio e ti torturavano in ogni modo, cita il convitato di pietra, il corrotto. Il corrotto accusato di niente di concretamente e giuridicamente rilevante si badi bene.

La accusa che formula questa volta è quella di definirsi Eminenza. Il definirsi Eminenza porta “fuori strada”. Su questo punto viene ribadito il concetto da me espresso nel precedente editoriale, ovvero il grave problema di Bergoglio con la autorità.

La Chiesa è una struttura gerarchica da sempre, come gerarchiche sono le famiglie, dove esiste non a caso un padre. Esistono dei nonni. E il principio di autorità è fondamentale, perché qualora male espresso porterebbe inevitabilmente a delegare quella autorità ai figli, creando profondi sconquassi psicopatologici. La gerarchia esiste anche in natura. La gerarchia non è il male assoluto. Questo concetto di male assoluto della gerarchia è un concetto sessantottino. Tipicamente rivoluzionario, nel senso di creatore di un sovvertimento strutturale e politico profondamente dannoso.

È chiaro che il problema non è la gerarchia, ma il suo eventuale uso improprio. Chi riafferma la gerarchia non è per definizione peccatore. È peccatore chi usa malamente il potere. E vedremo poi le parole di Gesù al proposito. Perché poi Francesco cita il Vangelo di Marco (cfr 10,32-45). E aggiunge che la strada è l’ambiente in cui si svolge la scena.

E l’articolo di Maria Antonietta Calabrò cita alla fine il film La Strada di Federico Fellini (1954) portato ad esempio da Francesco ai ragazzi del progetto internazionale Scholas Occurentes. Anche qui potremmo osservare che si la strada è il luogo fisico in cui si svolge la scena, ma Gesù è in cammino verso Gerusalemme e nel cammino prefigura un altro spazio, un altro tempo. Lo spazio e il tempo delle persecuzioni. Gesù si sta avviando al suo destino e lo spiega mentre è in cammino. Si ferma a spiegarlo, ma vuole che tutti capiscano che quella storia che si prefigura per lui, non finirà sulla Croce, ma continuerà nel cammino Suo e di tutti gli apostoli.

Come si vede quello che per Bergoglio è un teatro, la strada, il teatro della rappresentazione della fede, per me è un simbolo dell’essere in viaggio. E anche la successiva enfasi censoria, del rigido e medioevale Bergoglio riguarda la presunzione di Giovanni e Giacomo, che a suo dire “usano” il Signore, per promuovere sé stessi, cercano i loro interessi e non quelli di Cristo; ma Gesù non si altera, non si arrabbia, la sua pazienza è davvero infinita. Li scusa in un certo senso, ma in un certo senso li accusa. “Voi non vi rendete conto che siete fuori strada”. E conclude: “Cari Fratelli, tutti noi vogliamo bene a Gesù, tutti vogliamo seguirlo, ma dobbiamo essere sempre vigilanti per rimanere sulla sua strada”.

Una lettura questa a mio parere tutta immanente. Questa strada di Gesù è tutta nel mondo e con la mentalità del mondo. Addirittura Francesco dice che la pazienza di Gesù è davvero infinita. È questa una esegesi angusta, persecutoria, oppressiva e chiusa in un orizzonte ideologico, lontanissimo dalla essenza cattolica. A me ricorda la immanenza di Ario. Che fu abbandonato nel Concilio di Nicea dagli stessi suoi confratelli. Sant’Atanasio tracciò invece un’altra fede, una fede vera.

Ma rileggiamo noi la lettura. Il Vangelo, non parla di nessuna strada, e dice che Gesù e gli apostoli erano in viaggio verso Gerusalemme e Gesù camminava davanti a loro, che venivano dietro pieni di timore. Erano stupiti. Evidentemente in cuor loro si prefiguravano un qualcosa di straordinario. E presili in disparte chiarisce tutto il futuro prossimo. È a questo punto che in una atmosfera non dimentichiamo le parole sopra, di stupore, che Giovanni e Giacomo avanzano la loro richiesta. Una richiesta di persone confuse, addolorate, per quello che hanno sentito.

Ma Gesù non si altera, non ha una pazienza infinita come dice Bergoglio, in un argomentare politico, Gesù comprende il disorientamento doloroso degli apostoli e nella fattispecie di Giovanni e Giacomo. E anzi a riguardo delle loro richieste dirà alla fine che «il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».

Non c’è nelle parole di Gesù nessun risentimento, e anzi alla fine concorda con loro che anche loro berranno lo stesso calice. Giovanni e Giacomo non vogliono usare nessuno, e Gesù lo comprende e gli fa domande per chiarire, e al termine precisa. E l’ultimo paragrafo definisce ancora ma non rimprovera. I toni secondo la mia lettura sono sempre pacati. La conclusione è di servire, di non fare come coloro che sono ritenuti i capi delle nazioni che le dominano.

Fra voi non è così! Questa espressione fra voi non è così, è di una dolcezza infinita, perché supera sia la pretesa di Giovanni e Giacomo e sia lo sdegno degli altri.

Fra voi non è così! In questa premura di fraternità c’è tutta la premura che sarà di San Paolo, e sarà di tutti i Vescovi cristiani dei secoli che ci hanno preceduto.

La comunità dei cristiani non procede per severi ammonimenti, sulla strada o sulle piazze rivoluzionarie dei tribuni di turno. La comunità dei cristiani viene presa in disparte da Gesù che chiede e spiega, capisce profondamente ogni dubbio e sbandamento, e indica pazientemente!

Foto di copertina: Ultima Cena, miniatura lettera iniziale N, frammento tratto dal Corale di Alessandro VI, circa 1492-1503, British Library.

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