Numeri ufficiali Covid-19 del 22 novembre 2020. Il libro dell’ex commissario Scura: “Calabria Malata. Sanità, l’altra ‘ndrangheta”. Il “business” del farmaco

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I dati Covid-19 ufficiali del Ministero della salute di oggi domenica 22 novembre 2020

In isolamento domiciliare: 767.867 (+13.942) (+1,85%)
Ricoverati con sintomi: 34.279 (+216) (+0,63%)
In terapia intensiva: 3.801 (+43) (+1,14%)
Deceduti: 49.823 (+562) (+1,14%)

Il sistema “Tutor” per verificare il “trend” dell’epidemia

Media giornaliera dei decessi: 181 (+2)

Tabella con i decessi al giorno, il totale dei decessi e la media giornaliera dei decessi [A cura dello Staff del “Blog dell’Editore”]: QUI.

Speranza: su terapie intensive pressione ancora forte. Anche se Rt cala, situazione molto seria
“Sulle terapie intensive il dato di fatto è che c’è una pressione molto forte che comunque il nostro Ssn sta sostenendo. Possiamo evitare il lockdown generale perché il Paese si è dotato di più posti letto ma questo non significa che possiamo affrontare una nuova impennata. Guai a sottovalutare la situazione ma il paese è certamente più forte di quanto lo era a marzo”.
“La situazione è molto seria, oggi quasi 600 persone hanno perso la vita ed i casi sono ancora tanti. Al contempo però Rt è sceso e i nostri tecnici pensano possa scendere ulteriormente nei prossimi giorni. Ma sono ancora i primissimi effetti delle misure prese e non sono ancora sufficienti. Abbiamo ancora numeri imponenti e non possiamo abbassare la guardia”. Lo ha detto il Ministro della Salute Roberto Speranza a “Che tempo che fa” su Rai Tre.

Massimo Scura, ex Commissario ad acta per il piano di rientro dal debito sanitario in Calabria aveva già scritto un libro sulla sanità calabrese, che è stato presentato il 17 maggio 2019 sul Terrazzo Pellegrini a Cosenza

[Quicosenza.it] – Si intitola “Calabria Malata. Sanità, l’altra ‘ndrangheta” e prende in considerazione il periodo compreso dal 12 marzo 2015 al 18 aprile 2019. I comportamenti, invece, sono antichi. Attraverso l’analisi degli eventi e delle decisioni, non necessariamente illegittime, cerco di dimostrare che la Calabria non interessa a nessuno, se non quando si avvicinano le elezioni. La Calabria non è importante per Roma né, purtroppo, per i calabresi, che si sono arresi a quanto giudicano inevitabile e immutabile. Questa assuefazione collettiva è la droga venduta dall’altra ’ndrangheta, silenziosa, che si insinua nella vita quotidiana, in particolare della sanità pubblica, una miniera d’oro, per far proliferare i propri affari. Anche il nuovo si è subito adeguato. I parlamentari 5 stelle, con le dovute eccezioni, sono come gli altri in Calabria. I privati, quando si sentono minacciati, si rivolgono alla politica o addirittura alle istituzioni. Anche la Chiesa è poco attenta a non esporsi in affari non sempre trasparenti. I funzionari delle aziende sono spesso tacciati di essere conniventi con i privati. Le organizzazioni sindacali hanno parzialmente perso la loro identità. Un Presidente di “sinistra” cerca di far annullare un mio decreto per l’assunzione di quasi mille operatori. Ma non dovrebbe esserne felice? Capisco: li voleva assumere lui. Le assunzioni portano voti. Il Ministro, per calpestare la Calabria, cita dati sui livelli essenziali di assistenza che i suoi collaboratori conoscono come fasulli. Nessuno si indigna, tranne il sottoscritto. L’Asp di Reggio Calabria viene commissariata per infiltrazioni ’ndranghetiste. E viene nominato un prefetto a gestirla. E le competenze? Non servono. La media borghesia si è costruita una nicchia di benessere: manda i figli a studiare e a lavorare fuori regione e si gode il sole e il mare della Calabria. Chiunque provi a mettere a fuoco i problemi, cercando la verità, diventa scomodo. Se poi ci mette anche passione e disinteresse, diventa un virus urticante. Vogliamo reagire? Il primo passo è conoscere.
L’Autore Massimo Scura
Ha festeggiato i 50 anni di lavoro il 14 aprile scorso. In mezzo, 37 anni di volontariato cattolico. Prima nello scoutismo, poi nell’azione cattolica. I primi 8 anni di lavoro sui cantieri di costruzione e montaggio, culminati nella direzione del cantiere Alcantara per conto dell’Eni. Poi, 18 anni a gestire aziende private prima e pubbliche dopo, nei settori manifatturiero e dei servizi a rete. Dopo tre anni di libera professione, risponde ad un annuncio del Sole 24h e comincia la sua avventura in sanità il 1° aprile 1998 all’Asl 6 di Livorno in qualità di direttore generale. Segue analoga responsabilità all’Asl 7 di Siena, con importanti riconoscimenti.
Premio Qualità della Pubblica Amministrazione 2008, Premio dei Premi 2009, consegnato dalle mani del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. “Per la qualità della gestione, caratterizzata da capacità di sviluppo e promozione della flessibilità e dell’innovazione organizzativa e di servizio”. Sempre nel 2009, l’EFQM (European Foundation for Quality Management) conferisce 5 stelle all’ASL 7 di Siena, allora unica pubblica amministrazione su oltre 700 che usano quel modello gestionale ad avere quel riconoscimento.
Dal 16 maggio 2011, con duecentottantotto voti contro duecentottantadue, sindaco di Alfedena (AQ) bellissima località turistica, ora di 940 anime, che diventano seimila nei periodi invernali ed estivi. Confermato nel 2016 con settanta voti di scarto. Dal 12 marzo 2015 al 18 dicembre 2018, Commissario ad acta per la sanità calabrese, su nomina del Consiglio dei Ministri. Questo libro tratta alcuni episodi significativi di questi quasi quattro anni di esperienza calabrese.

Massimo Scura aveva nominato una “task force” per fare accertamenti. A capo di questo team c’era Consolato Campolo che aveva scoperto il malaffare ed è stato trovato morto. La sua morte è ancora sospetta.

Consolato Campolo, la sanità calabrese e quella morte sospetta
di Elena Brizio
Ultimavoce.it, 13 novembre 2020
L’emergenza Covid riaccende i riflettori sui problemi degli ospedali calabresi. Nel 2018 il dirigente amministrativo Consolato Campolo tentò l’attacco alla malasanità di Reggio Calabria, indagando su buchi di bilancio grandi come voragini. Sarebbe morto pochi mesi dopo, in circostanze che ancora oggi suscitano diverse perplessità.
Consolato Campolo era a capo di una task force amministrativa che indagava sui buchi di bilancio (milionari) dell’azienda sanitaria di Reggio Calabria. Nominato a gennaio del 2018, in pochi mesi era riuscito a portare a galla le numerose falle presenti nel sistema. Alla compagna diceva: “Oggi ho fatto risparmiare un milione di euro”. A settembre dello stesso anno, Campolo perse la vita a causa di un malore. Infarto, fu la versione ufficiale. Ma non mancano dubbi e sospetti.
Il disastro della sanità calabrese
Infrastrutture fatiscenti, assenza di attrezzature, carenza di personale: queste le condizioni di molti ospedali nell’area di Reggio Calabria. Tutto questo a fronte di spese esorbitanti: si parla di circa 800 milioni di euro, quasi due volte quelli impiegati dal Policlinico di Milano, che pure dispone del doppio dei posti letto. Com’è possibile?
Stando all’inchiesta condotta nel 2019 da Gaetano Pecoraro, il problema nascerebbe dalla mancanza di un bilancio dell’azienda pubblica. Dal 2013 in poi, gli ospedali dell’ASP di Reggio Calabria non avrebbero prodotto alcun tipo di contabilità. In assenza di fatture, i fornitori privati potevano richiedere il pagamento dei propri servizi anche due, tre, quattro volte: generando una fuoriuscita di soldi pubblici che si calcola in centinaia di milioni di euro. Per non parlare poi delle gare d’appalto, bloccate da anni. Una gestione tanto apertamente in contrasto con le leggi italiane, da sembrare inverosimile.
Consolato Campolo aveva trovato il modo di ricostruire questi flussi di denaro pubblico, con l’intenzione di segnalare alla Procura ogni anomalia gestionale. Morì prima di riuscire a portare a termine il proprio compito; l’incarico, dopo di lui, rimase vacante.
Circostanze sospette
La sera del 25 settembre 2018 Consolato Campolo, al ritorno da una cena al ristorante, inizia ad avvertire dolori alla testa e alla mascella. Durante il ricovero gli vengono effettuati tutti gli esami del caso: le analisi sono impeccabili, anche l’elettrocardiogramma non presenta anomalie. A quel punto, il paziente inizia a “vomitare nero”, come testimonierà la compagna. Ma i membri dello staff medico non sembrano tener conto di questo sintomo così particolare; anzi, intervistati da Le Iene pochi mesi dopo, dichiareranno di non esserne stati informati dal paziente.
Dopo un apparente miglioramento, Campolo muore in tarda notte per arresto cardiaco. Un decesso che suscita la perplessità dei dottori: com’è possibile che l’elettrocardiogramma precedentemente effettuato fosse negativo? L’esame, guarda caso, scomparirà presto dalla cartella clinica.
Tra i parenti e i collaboratori di Consolo si insinua il sospetto. Il figlio chiede se sia stato eseguito un esame tossicologico. Il collega Vincenzo Ferrari e l’ex commissario dell’azienda sanitaria Massimo Scura (ideatore della task force) parlano di possibile avvelenamento e lamentano la mancanza di un’autopsia giudiziaria. Si inizierà a valutare concretamente l’opportunità di una riesumazione solo un anno più tardi, quando ormai le possibilità di trovare tracce di sostanze tossiche sono minime.
“Non essere così efficace”
D’altronde, stando alle dichiarazioni dei suoi ex colleghi, Consolato Campolo aveva ricevuto in più occasioni minacce e intimidazioni. Il dirigente si mostrava inoltre piuttosto sfiduciato nei confronti dei rappresentanti dell’azienda sanitaria calabrese, al punto da rifiutare qualsiasi loro aiuto nel delicato processo di indagine. Qualcuno gli avrebbe addirittura consigliato di “non essere così efficace” nel compiere il proprio lavoro. Tutto inutile: Campolo avrebbe portato avanti la sua missione fino all’ultimo respiro.
Le mani della criminalità organizzata sulla sanità calabrese
Pochi mesi dopo la morte di Consolato Campolo, l’ASP Reggio Calabria fu sciolta per infiltrazioni mafiose. È solo l’ultimo capitolo di una storia iniziata nel 2010, quando la sanità calabrese venne commissariata in seguito all’emergere di bilanci truccati e infiltrazioni da parte dell’ndrangheta. Da allora, la situazione non è migliorata.
Ha fatto un certo scalpore la recente decisione del governo di inserire anche la Calabria nell’elenco delle zone rosse per la gestione della seconda ondata di Covid. La regione infatti vanta un numero di contagi tutto sommato ridotto: 100 positivi ogni 100mila abitanti, a fronte ad esempio dei 500 di Lombardia e Piemonte. È evidente quindi che la decisione del governo sia scaturita da altri fattori. Il sistema sanitario calabrese è considerato inadeguato al contenimento dell’emergenza in atto, soprattutto a causa dell’insufficienza di posti in terapia intensiva (nonostante lo stanziamento di 65 milioni attuato la scorsa primavera tramite il decreto Rilancio).
Al centro dello scandalo il commissario Saverio Cotticelli, costretto a rassegnare le dimissioni dopo aver ammesso in un’intervista di non sapere nulla del piano di riorganizzazione della terapia intensiva; anzi, di essere convinto che quella mansione spettasse al presidente della Giunta regionale.
Dieci anni di commissariamento non sono quindi serviti a estirpare criminalità e cattiva gestione dalla sanità calabra. In questi giorni difficili, molti cittadini calabresi hanno ricordato con affetto la figura di Campolo sulle loro pagine social: l’uomo del cambiamento, portato via troppo presto alla sua terra. Manifestando, tra l’altro, ulteriori dubbi e sospetti sulla natura della sua fine.
Solo sospetti, certo, e nessuna prova. La morte di Consolato Campolo, servitore dello Stato, resterà probabilmente un mistero. Ma non sono un mistero né la cattiva gestione ospedaliera né le ingerenze mafiose nella sanità: inutile stupirsene ora, nel bel mezzo di una pandemia.

Seguendo a ritroso le denunce di Morra e ripercorrendo le responsabilità dei Commissari ad acta nominati dal governo nel tempo emergono scenari inquietanti che definiscono una sanità calabrese completamente gestita dalla n’drangheta in tutto e per tutto e chi si oppone a tale sistema fa una brutta fine.

Indaga sui conti della sanità calabra e muore. Infarto o omicidio?
Consolato Campolo stava cercando di mettere in ordine i conti della sanità calabrese ma muore prima di finire il suo compito. Ufficialmente è morto di infarto ma questa versione presenta molte stranezze. Gaetano Pecoraro ha indagato su questa morte
Le Iene, 1° aprile 2019
Consolato Campolo è morto pochi mesi fa in Calabria per cause non del tutto chiare, mentre cercava di far risparmiare soldi allo Stato.
Gaetano Pecoraro ci ha mostrato la situazione in cui si trovano alcuni ospedali della Calabria. Reparti fatiscenti, attrezzature mancanti, ascensori fuori uso che costringono gli operatori del 118 a trasportare a mano i pazienti da un reparto all’altro.
Tutto questo sfacelo ha pure un costo molto alto. Alcuni ospedali calabresi scopriamo costano il doppio di un ospedale di Milano che garantisce il doppio dei posti letto.
Questo spreco di denaro è possibile perché in alcuni casi non esiste un bilancio. I soldi che arrivano dallo stato vengono spesi senza dire come: un modo perfetto per farli finire nelle mani sbagliate.
La cosa più grave è che in questi ospedali manca proprio la contabilità, cioè non vengono trascritte le spese e i pagamenti. Se una fattura viene pagata ma non entra in contabilità, il creditore può richiedere che venga pagata di nuovo e l’ospedale, non potendo dimostrare il pagamento precedente, paga ancora. Secondo quanto ci dice una nostra fonte: “C’erano fatture pagate tre quattro volte”.
Altri pagamenti invece sarebbero stati ritardati, così il creditore accumulava gli interessi commerciali: “È come mettere i soldi in una banca che dà il 9% di interessi l’anno”.
Consolato Campolo stava riuscendo a mettere ordine in questo caos contabile che conveniva a tutti tranne che alle casse dello Stato. Era il capo di una task force amministrativa costruita per affrontare il problema. Nove mesi dopo il suo insediamento muore dopo una cena stroncato da un infarto.
Vincenzo Ferrari, un dirigente della regione Calabria che si occupa di controllo gestione ci parla dell’operato di Campolo: “Stava mettendo ordine, presto si sarebbe potuti partire da numeri certi e arrivare gradualmente a una soluzione. A me raccontava di qualcuno che gli diceva di non essere così efficace e anche di qualcuno che l’ha minacciato direttamente”.
Sul corpo di Consolato Campolo non è stata disposta alcuna autopsia. La sua ex compagna ci racconta cosa è successo la notte della sua morte: “Consolato è tornato a casa dopo essere stato a cena. Ha detto subito che si sentiva male, aveva dolori fortissimi alle mascelle e alla testa”.
Corrono al pronto soccorso dove i medici dicono che è tutto nella regola. Però Campolo continua a stare male, al pronto soccorso “vomita nero”, ci dice ancora la compagna. Mentre aspettavano i risultati di altre analisi, Consolato piega la testa indietro e muore. I medici parlano di arresto cardiaco.
Il figlio di Campolo chiede se fosse stato fatto un esame tossicologico, ma la dottoressa che l’ha seguito quella notte dice che “non c’era nessun motivo di farlo”.
La Iena ha intervistato una tossicologa che ci spiega alcune cose sui veleni: “Di fronte a una morte così è indispensabile capire cos’è successo. Avvelenare una persona senza che se ne accorga è molto semplice, soprattutto se sono a cena”. Oggi dopo sei mesi l’unico modo per avere tracce dell’ipotetico veleno è esaminare i capelli o i peli inguinali, ma “se l’esame fosse stato fatto subito gli organi interni ci avrebbero detto molto di più”.
La morte di Consolato Campolo ha messo fine ai suoi tentativi rimettere a posto l’enorme debito che l’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria ha con tutti i cittadini italiani.

“Con i farmaci faremo 100 milioni l’anno”. “Giovà…, gli antitumorali che costano 2 mila euro, gli ospedali li comprano a mille, e nell’Inghilterra li vendono a 5 mila. Quindi tu compri a mille e vendi a 5 mila. Allora se noi entriamo con due ospedali, che ti danno 10 farmacie…”.
A parlare sono i boss della ‘Ndrina Grande Aracri. Gli stessi che dicono di Domenico Tallini – presidente del Consiglio regionale della Calabria, eletto nelle file di Forza Italia, finito ai domiciliari -: “Alla fine lo vedi lui (riferito a Tallini, ndr) come ci rispetta senza che andiamo… e quando lo chiamiamo, lo vedi subito, taaac, a disposizione”. Tallini è definito l’uomo “in grado di spostare una montagna”.
Ma voi preoccupatevi delle frasi di Morra.
Ps: naturalmente gli antitumorali sarebbero stati sottratti ai malati di tumore della Calabria. Ma, evidentemente, si tratta di dettaglio secondario rispetto alla polemica politica” (Andrea Sparaciari).

Farmabusiness, gli indagati non rispondono al gip. In silenzio moglie e figlia di Grande Aracri
Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere quasi tutte le persone coinvolte nell’inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro  gravitante attorno alla creazione della società Farma Italia, ritenuta in odor di mafia
di Luana Costa
Lacnewset.it, 21 novembre 2020
Si sono avvalse della facoltà di non rispondere la moglie e la figlia di Nicolino Grande Aracri, Giuseppina Mauro e Elisabetta Grande Aracri, entrambe coinvolte nell’inchiesta Farmabusiness istruita dalla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e che ruota attorno alla creazione di una società Farma Italia operante nel settore farmaceutico. Questa mattina si sono svolti gli interrogatori di garanzia per gli 11 indagati attinti giovedì mattina dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Quasi tutti gli indagati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, in particolare, Giuseppina Mauro e Elisabetta Grande Aracri, accusate di associazione mafiosa ma anche Salvatore Grande Aracri, 34 anni, e Salvatore Grande Aracri, 41 anni, ritenuti ai vertici dell’omonima cosca operante a Cutro nel crotonese. Si è riservato, invece, di avanzare un’istanza di nuova richiesta d’interrogatorio Domenico Scozzafava, imprenditore catanzarese, e ritenuto dagli inquirenti il collante tra gli ambienti criminali cutresi e le istituzioni regionali. Si è avvalso della facoltà di non rispondere professandosi innocente ed estraneo alle contestazioni.
Ha chiarito la sua posizione, invece, Pancrazio Opipari, accusato di violenza a pubblico ufficiale ed estorsione aggravata dalle modalità mafiose. Nel corso dell’interrogatorio si è professato estraneo all’associazione criminale, lunedì il suo legale di fiducia presenterà un’istanza per ottenere la modifica della misura cautelare.
Non hanno risposto al Gip del Tribunale di Catanzaro, Giulio De Gregorio, neppure Giuseppe Ciampà e Gaetano Le Rose, entrambi imprenditori crotonesi e ritenuti vicini agli ambienti criminali tanto da riuscire, grazie all’intervento delle cosche, ad accaparrarsi i lavori di costruzione e ottenere facilitazioni del settore del commercio. Silenzio anche da parte di Salvatore Romano, di Cutro e ritenuto ai vertici della cosca Grande Aracri accusato di estorsione e detenzione di armi. Ha risposto invece al Gip, Santo Castagnino, accusato di associazione mafiosa e di essere il terminale del clan sul territorio per la gestione e l’imposizione dei videopokers. Si è professato innocente e estraneo ad ogni accusa. Ancora in corso l’interrogatorio di garanzia di Leonardo Villirillo.
Inizieranno a partire da martedì gli interrogatori di garanzia, invece, per gli indagati a cui è stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari. Otto complessivamente tra cui figura anche il dimissionario presidente del Consiglio regionale, Domenico Tallini, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio politico elettorale.
Il collegio difensivo è composto dagli avvocati: Luigi Colacino, Gregorio Viscomi, Michele De Cillis, Andrea e Dario Gareri, Valerio Vianello, Mario Nigro e Salvatore Perri.

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