Filologia di un mistero

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L’articolo è firmato da [Omissis], L’Espresso è del 25 settembre 2020, ma lo scenario è complesso e, con tutto il rispetto per l’autore, ci debbono avere lavorato in tanti!
L’immagine in copertina è delle più suggestive e il titolo è ad effetto: “Fuori i mercanti dal tempio”.
L’obiettivo è dei più importanti nelle gerarchie vaticane, l’ex plenipotenziario di Francesco, un sardo, Giovanni Angelo Becciu.

Una terra complessa quella sarda, incrocio importante di tanto potere democristiano, di famiglie comuniste importanti, di autorevoli esponenti della massoneria italiana.
E il personaggio, oserei dire la vittima, è di quelle che brillano per discrezione.
Una discrezione simile a quella di una statua di sale, appena mitigata dalla iperattività di un altro meridionale, quel Mons. Mauro Carlino, sempre sul pezzo, instancabile lavoratore, ma di cui non c’è più traccia nell’annuario Vaticano, dopo che è stato incolpato di tutto.
E c’era da aspettarselo, che prima o poi sarebbero arrivati al bersaglio grosso, il suo ex capo, Giovanni Angelo Becciu, seguito ai tempi dell’incarico a numero tre del Vaticano da un’altra un’ombra assai avveduta, fino ad ora non toccata, quel francese Fabrice Rivet, dal carattere fragile, ma dalla fede e avvedutezza degne della tradizione diplomatica vaticana di lingua francese.
L’articolo è corredato di una immagine biblica, Francesco che scaccia i mercanti dal Tempio.
La retorica è quella del progressismo ecclesiastico post Concilio Vaticano II, ovvero non fondata sui criteri neotomisti fondanti il Concilio Vaticano I (filosofici e giuridici), ma sulle suggestioni post moderniste della sociologia e della psicologia.
E l’articolo è un capolavoro di insinuazione, perché se è vero che la iconografia non lascia dubbi alla sentenza di colpevolezza, tutto l’argomentare è contraddittorio. Come è contraddittorio il sentenziare della filosofia del modernismo teologico fondata sulla coincidentia oppositorum.
Quello che era il potente numero tre della diplomazia pontificia viene incolpato delle nefandezze peggiori, perché “una cosa corrotta è una cosa sporca e un cristiano che fa entrare dentro di sé la corruzione non è un cristiano, puzza”.
E pur tuttavia il “metodo Becciu” di una certa complessità viene definito “una modalità inconsueta, priva di rilievo penale”. E ancora in un altro passo: “In definitiva, un altro conflitto di interessi al momento senza implicazioni legali, che però genera una scia di utili”.
In sostanza, l’articolo cita una infinita sequenza di attività economiche, di cui però non riesce o vuole definire il rilievo penale.
Insomma, alla fine è proprio questa la ambiguità di fondo della accusa primordiale, che Francesco teneva in mano nel momento della fatidica esautorazione: si tratta o no di corruzione? O è il semplice svolgersi di modalità affaristiche consolidate nella prassi, ma senza rilievo penale?
Questo è il punto, non da poco, perché da sempre è la legge, che discrimina tra il lecito e il non lecito.
E non è un caso, che Adnkronos rende noto l’atto di citazione del Cardinale, in cui si smonta la altisonante retorica dell’articolo succitato punto per punto: non affari milionari, ma cose da quattro soldi, e soprattutto un flusso di soldi, verso la famosa cooperativa che per definizione non può essere di proprietà di un individuo.
E poi, la stoccata finale, messa nero su bianco in termini avvocatizzi, e quindi di rilievo sostanziale: la sua assenza al Conclave impoverirebbe la Chiesa Cattolica Romana di una voce importante nella elezione del futuro pontefice. E qui si tocca il punto nevralgico della questione, ovvero la improvvisa minaccia che si è andata concretizzando dopo la creazione a Cardinale di Becciu.
Sembra quasi una di quelle promozioni apparentemente innocue che improvvisamente si rivelano nel proseguio degli eventi e della maturazione dell’interessato nella carica una minaccia inaspettata e non prevista, rispetto a posizioni politiche e dottrinali dissonanti.
Una minaccia così grave da avere ingenerato una sorta di macchinazione per cui venivano pubblicate notizie antecedenti il fatto della dimissione,  cosi come desunto dall’inesorabile codice sorgente semplicemente leggibile in ogni pagina web con un semplice click sul pulsante destro.
Sul tema il quotidiano Libero da una minuziosa descrizione.
Ma è l’ultima osservazione dell’atto di citazione che chiarisce definitivamente, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, il vero motivo dell’attacco al Cardinale: ci si è voluti cautelare che non fosse realizzabile la chance che Becciu diventasse Papa. Chance che tutti i cardinali hanno al momento di entrare in conclave.
La risposta dell’Espresso è stata sarcastica, al pari dell’articolo iniziale: Becciu avrebbe peccato di lesa maestà e in più avrebbe tentato di forzare la mano allo Spirito Santo, che solo può scegliere il degno successore di Pietro.
A conferma che oggi non contano più i fatti, ma la lezione moralistica di stampo germanico protestante la fa da padrona; la retorica letteraria vale ben oltre il fatto e la sua considerazione in base alla legge.
Il neotomismo giuridico-filosofico è morto: oggi siamo tornati alle dotte drammatizzazioni teatrali, caposaldo delle città pagane, dei tempi prima  di Cristo.

Filologia, la ricostruzione e la corretta interpretazione dei documenti letterari di una determinata cultura.

Foto di copertina: Frammento dell’Arca di Giovanni da Legnano, 1383, Pier Paolo e Jacobello delle Maegne, Panopticon, Bologna.

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