La Chiesa di Torino tende la mano al povero

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“La sapienza antica ha posto queste parole come un codice sacro da seguire nella vita. Esse risuonano oggi con tutta la loro carica di significato per aiutare anche noi a concentrare lo sguardo sull’essenziale e superare le barriere dell’indifferenza. La povertà assume sempre volti diversi, che richiedono attenzione ad ogni condizione particolare: in ognuna di queste possiamo incontrare il Signore Gesù, che ha rivelato di essere presente nei suoi fratelli più deboli”: così inizia il messaggio di papa Francesco per la IV Giornata Mondiale del Povero, celebratasi domenica scorsa.

Prendendo spunto dal messaggio la Chiesa torinese ha messo in evidenza tutte le iniziative messe in campo per alleviare la povertà ed ha sottolineato che 91 su 114 sono le parrocchie della città che, con il sostegno del Banco Alimentare, regolarmente distribuiscono generi alimentari a quasi 19.000 persone:

“Se guardassimo alla Città Metropolitana il numero aumenta di 171 parrocchie per altre 30.000 persone. Durante il primo lockdown alcune hanno dovuto tenere chiuso per non esporre i volontari(molti over 70) al virus. Ma sono state sostituite dalle vicine e da distribuzioni straordinarie coordinate a livello diocesano. Solo queste ultime hanno servito 1.900 persone di cui 420 minori”.

La rete del servire i poveri si sviluppa intorno al nucleo della attività di ascolto che in città conta 107 centri, di cui 65 cittadini e 143 extraurbani strettamente in rete tramite un sistema informativo di commessione. 62 i centri ascolto nel resto della diocesi che si estende da Cuorgnè a Savigliano, da Cavour a Monteu da Po. Fitta anche la rete delle Conferenze di San Vincenzo e dei Gruppi di Volontariato Vincenziano presenti in oltre la metà delle comunità parrocchiali.

Da questo nucleo si dipanano i servizi più conosciuti come le mense di carità, 15 nel contesto cittadino, alcune votate alla colazione, altre al pasto di mezzogiorno (la maggioranza), altre a quello serale, e quattro anche aperte i festivi. Ma sono anche presenti alcuni servizi diurni per le persone senza dimora – compreso un laboratorio di falegnameria e uno di scrittura, due alloggi a disposizione dei papà separati quando incontrano i loro bimbi, e alcuni alloggi temporanei per carcerati in permesso premio, comunità mamma e bambino, comunità d recupero per dipendenze.

Inoltre la diocesi torinese ha evidenziato che l’ambito dell’accoglienza residenziale temporanea rappresenta questa attenzione attraverso 7 cohousing attivi in città e nella primissima cintura (Rivoli e Moncalieri)per una capienza di oltre 200 posti letto e ben presto se ne aggiungerà un ottavo in fase di ristrutturazione, facendo superare ampiamente il traguardo dei 250 posti soprattutto per famiglie sottoposte a sfratto.

E’ una costellazione di aggregazioni che consentono l’ospitalità di quasi 200 alloggi messi a disposizione dalla rete Sister, dalla Pastorale dei Migranti, dal Sermig, dalla Fondazione don Mario Operti, dalla Fondazione Il Riparo o da associazioni e parrocchie per accogliere famiglie e singoli, con particolare attenzione ai rifugiati e richiedenti asilo:

“E proprio la grande famiglia degli stranieri trova una attenzione particolare sia nell’ascolto che nell’accoglienza. Passano in 15.000 ogni anno dagli uffici della Pastorale Migranti, ma sono quasi 900 i profughi e richiedenti asilo che poi vengono accompagnati anche all’accoglienza, 230 dei quali presso strutture religiose o parrocchiali e 600 presso luoghi di proprietà diretta dell’Arcidiocesi. Bisognerebbe anche contare gli 80 studenti e le 30 famiglie che vengono sostenute in maggiore autonomia”.

Però la diocesi non riesce a soddisfare tutte le richieste di autonomia residenziale e per questo la rete ecclesiale è attiva anche sulla accoglienza notturna, emergenziale o continuativa.: “All’interno dell’offerta complessiva della Città sono, solo per citarne alcuni tra i più conosciuti, 160 i posti ordinari di accoglienza del Sermig (ampliabili fino a 200), 50 quelli della Bartolomeo & C, 10 presso il Cottolengo: l’elenco potrebbe continuare.

Nel periodo dell’emergenza legata all’inverno la rete ecclesiale riesce ad integrare l’offerta aumentando la capienza delle strutture già attive e aggiungendo circa 110 posti letto in sette strutture, la più parte per uomini: una in via Arcivescovado (nella casa dall’Arcivescovo), due in via Cappel Verde, due al fondo di corso Casale (dove si accolgono oltre 20 persone senza dimora e dipendenti da sostanze), e due in zona Gran Madre (in RSA e in Parrocchia). Altre realtà ecclesiali contribuiscono con posti disponibili in più – come i 40 del Cottolengo, o la decina sparsi nelle parrocchie grazie alla sensibilità del parroco – tanto da far arrivare la disponibilità integrative intorno alle 200 unità”.

Comunque la diocesi ribadisce che questa mano tesa è sinonimo di stile: “E’ costruita soprattutto di uno stile di relazione e di accoglienza che cerca di sostenere e coltivare la piena dignità delle persone, di curare la relazione interumana, di non soffocare le resilienze che covano nell’intimo di ciascuna persona.

Per questo l’investimento più significativo è sugli operatori, sui metodi, sulla ‘umanizzazione’ dei luoghi (non lussuosi, ma belli e confortevoli), sulla centralità del percorso da preferirsi all’evento, su una idea di inclusione che non è semplice risposta ai bisogni ma abilitazione della persona.

La missione della Chiesa, infatti, non è compiere servizio sociale ma realizzare una relazione tra l’umano e il divino e tra l’umano e l’umano. Altrimenti rischierebbe di cadere nell’errore di dare per carità ciò che è già dovuto per giustizia. Per questo la rete descritta si pone in collaborazione con quella costruita dalla Città, senza sovrapposizioni o contrapposizioni, ma con la libertà della missione evangelizzatrice”.

Inoltre le diocesi di Torino e di Susa avevano promosso, in occasione della festività dello scorso 1° maggio un’iniziativa per sovvenire alla crisi economica e sociale, integrando con un apposito intervento il grande sforzo che le Istituzioni e molte altre Organizzazioni stanno producendo, per mantenere alta la speranza e sostenere la ripresa oltre l’emergenza.

La proposta si è concretizzata nella costituzione di un Fondo di solidarietà, gestito dalla Fondazione don Mario Operti, attiva a Torino dal 2004 sui temi del microcredito, per finanziare micro prestiti sociali a favore delle persone e famiglie che, per difficoltà temporanee, rischiano un rapido impoverimento.

Il Fondo porta il nome evocativo e bene augurale di ‘Fondo Sorriso’, che è anche un acronimo che riassume il senso dell’iniziativa: la Solidarietà che Riavvicina e Sostiene, ‘SO.RRI.SO’. La Fondazione non eroga direttamente le risorse ma si avvale di un rapporto convenzionale con alcuni Istituti di Credito per l’erogazione materiale del credito secondo le vigenti disposizioni di legge.

Il Fondo è stato costituito da risorse delle Diocesi di Torino e Susa, della Fondazione don Mario Operti, di importanti imprenditori del territorio torinese e di molte Amministrazioni Comunali con cui sono state stipulate delle convenzioni specifiche.

Ed ecco le caratteristiche del prestito sociale erogato grazie al Fondo ‘So.rri.so’: “Il prestito sociale ha un limite massimo di 3.000 euro per persone e famiglie e un massimo di € 5.000 esclusivamente per coloro che hanno delle attività e il cui prestito serve per aiutarle nella ripartenza o riapertura. Nell’ambito di tali massimali si possono concedere prestiti con tagli da € 1.000 ciascuno.

Nessun tasso di interesse viene richiesto ai beneficiari: il tasso di interesse del 2% applicato dalla banca viene ripagato dal Fondo stesso, insieme ad un minimo di spese di gestione della Fondazione. La restituzione è in 60 rate fisse mensili, a partire dal 7° mese da cui è stato erogato il prestito”.

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