La Santa Sede non convocò Arcivescovo Viganò a testimoniare per il Rapporto McCarrick – definito “una farsa grottesca” – nonostante viene menzionato più di 300 volte

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In un’intervista di ieri, 12 novembre con Raymond Arroyo, conduttore di “The World Over” su EWTN, l’Arcivescovo Carlo Maria Viganò, ex Nunzio Apostolico negli Stati Uniti d’America ha dichiarato che la Santa Sede non gli ha mai chiesto di condividere il suo punto di vista durante la compilazione del Rapporto McCarrick, nonostante il fatto che è stato menzionato più di 300 volte nella relazione finale, spesso mettendolo in negativa luce. Mons. Viganò risponde alle accuse contenute nel Rapporto McCarrick e reagisce alla tesi di “non essersi fatto avanti” per presentare prove per l’inchiesta della Santa Sede, affermando di non essere mai stato convocato a testimoniare. Nega anche di non aver eseguito le istruzioni per indagare sull’ex Cardinale Theodore McCarrick, quando era Nunzio Apostolico a Washington.

Questa settimana, la Sala Stampa della Santa Sede ha diffuso il tanto atteso Rapporto sull’ex Cardinale Theodore McCarrick, che nel 2018 è stato accusato in modo credibile di aver abusato sessualmente di un minore. McCarrick è stato successivamente accusato di aver abusato sessualmente in modo seriale e coercitivo di minori, sacerdoti e seminaristi, ed è stato dimesso dallo stato clericale nel 2019. La Santa Sede nel 2018 aveva annunciato un’indagine sulla decennale carriera ecclesiastica di McCarrick, che includeva il ministero come ordinario di due grandi arcidiocesi statunitensi e l’elevazione al cardinalato.

Il Rapporto, lungo più di 400 pagine, cataloga vari rapporti fatti su McCarrick alla Santa Sede, alcuni dei quali sono stati ignorati, così come informazioni imprecise passate alla Santa Sede da tre vescovi prima della nomina di McCarrick ad Arcivescovo di Washington.

Mons. Viganò sottolinea che è chiaro che il Rapporto tenta di scaricare la colpa su San Giovanni Paolo II e il Papa emerito Benedetto XVI. Dice che ambedue sono stato probabilmente convinti da esponenti della Curia romana a non credere alle voci che giravano su McCarrick. “Chi aveva interesse a far promuovere McCarrick in modo che potessero ottenere un vantaggio in termini di potere e denaro?”, dice.

Nell’agosto 2018, Viganò ha rilasciato una dichiarazione di 11 pagine sostenendo che alla fine degli anni 2000 Benedetto XVI aveva imposto sanzioni a McCarrick, a cui era stato “proibito di celebrare [Messa] in pubblico, di partecipare a riunioni pubbliche, di tenere conferenze, di viaggiare, con l’obbligo di dedicarsi a una vita di preghiera e penitenza”.

Viganò conferma di aver parlato di queste sanzioni nel 2013 personalmente a Papa Francesco, che però non solo ha abrogato quelle sanzioni, ma ha reso McCarrick il suo “consigliere fidato”, consultandolo su diverse nomine di vescovi negli Stati Uniti.

Riportiamo la traduzione italiana della trascrizione dell’intervista in inglese che l’Arcivescovo Carlo Maria Viganò ha concesso a Raymond Arroyo, con l’appassionata confutazione di quanto si sostiene nel Rapporto diffuso dalla Santa Sede sulla vicenda dell’ex cardinale McCarrick, nella traduzione italiana seguita dall’originale inglese.

++++ AGGIORNAMENTO ++++
“Capisco i tormenti della società e della stampa USA intorno a un maniaco criminale come McCarrick, ma mettere in dubbio la santità e la rettitudine di Giovanni Paolo II per il Rapporto McCarrick significa non aver capito nulla né di Giovanni Paolo II né del Rapporto McCarrick” (Gian Guido Vecchi).
Questo è NARRAZIONE (a margine, sarebbe interessante sapere da quando il vaticanista a doppio spunta blu del Corriere della Sera parla dell’ex Cardinale e laico McCarrick come un “maniaco criminale”…).
Invece, abbiamo capito molto bene che il Rapporto McCarrick serviva proprio per questo, per deviare l’attenzione da Francesco e dare la colpo a Giovanni Paolo II e Benedetto XVI… e per colpire Arcivescovo Carlo Maria Viganò, menzionato più di 300 volte, quasi sempre in una luce negativa. Sarebbe stato più onesto battezzare questo prodotto, partorito dopo più di 2 anni come un topolino che partorisce una montagna, Rapporto Viganò.

Papa Francesco con il Cardinale Theodore McCarrick.

Intervista di Raymond Arroyo di EWTN all’Arcivescovo Carlo Maria Viganò [Traduzione italiana]

Raymond Arroyo – Eccellenza, il rapporto afferma che «non si è fatto avanti» per presentare prove per questa inchiesta vaticana: Le è stato chiesto di fornire informazioni? Qualcuno L’ha contattata?

Carlo Maria Viganò – Scopro con sorpresa che un dossier nel quale vengo menzionato ben 306 volte mi accusa di non essermi presentato a testimoniare in questa inchiesta su Theodore McCarrick. Ma la convocazione dei testi, a norma del diritto, spetta a chi istruisce il processo, sulla base delle prove raccolte nella fase di indagine.
Il mio primo intervento su McCarrick, come delegato per le Rappresentanze pontificie in Segreteria di Stato, rimonta al 6 dicembre 2006, a seguito di un rapporto dell’allora nunzio negli Stati Uniti Mons. Pietro Sambi. Successivamente, nel 2008, presentai un secondo Appunto che riportava fatti di tale gravità e talmente circostanziati da portarmi a raccomandare la deposizione da cardinale di McCarrick e la sua riduzione allo stato laicale. È nota a tutti la mia testimonianza dell’agosto del 2018 e le mie successive dichiarazioni.
È del tutto incomprensibile ed anomalo che non si sia considerato opportuno convocarmi per testimoniare, ma ancor più sconcertante che questa deliberata omissione sia stata poi usata contro di me. E non mi si dica che mi ero reso irreperibile: la mia e-mail personale è in possesso della Segreteria di Stato e tuttora attiva.
D’altra parte, come non sono stato interpellato per la redazione del Rapporto McCarrick, così nel 2012 i tre cardinali designati da Benedetto XVI non mi convocarono per le indagini di Vatileaks 1, che pure mi vedevano coinvolto in prima persona. Solo a seguito di una mia esplicita richiesta, il Cardinale Julian Herranz, che presiedeva la Commissione, mi consentì di deporre, con queste parole: «Se proprio vuoi…!».
D’altra parte, mi pare significativo che anche James Grein, unica vittima delle molestie sessuali di McCarrick che abbia avuto il coraggio di denunciarlo pubblicamente, non compaia nel dossier e che non vi sia traccia della sua testimonianza, nella quale egli dovrebbe aver riferito anche del viaggio compiuto con McCarrick a San Gallo, alla fine degli anni Cinquanta.
Dalle dichiarazioni pubbliche di James Grein si evince che l’inizio dell’ascesa di McCarrick – allora novello sacerdote – coincise con quella visita in Svizzera, in un monastero che poi fu sede degli incontri dei congiurati della cosiddetta «mafia di San Gallo». Secondo le dichiarazioni del defunto Cardinale Godfried Danneels, quel gruppo di prelati avrebbe deciso di favorire l’elezione di Bergoglio sia dopo la morte di Giovanni Paolo II sia durante il conclave che seguì la controversa rinuncia di Benedetto XVI.
Ricordo che durante una conferenza alla Villanova University, l’11 ottobre 2013, l’allora Cardinale McCarrick ammise d’aver favorito l’elezione del Cardinale Bergoglio all’inizio delle Congregazioni generali del Conclave tenutesi pochi mesi prima.
Mi chiedo quale attendibilità possa avere un organo giudicante in palese conflitto di interessi per i suoi passati rapporti con l’imputato. Come possono Bergoglio e la Segreteria di Stato, che da lui dipende, pretendere di apparire imparziali, quando McCarrick si recava con un’anomala frequenza in Vaticano; quando nel giugno 2013 veniva incaricato di un viaggio diplomatico in Cina? E come possono pensare che i loro reiterati tentativi di insabbiamento e di negazione delle loro responsabilità non siano la causa del sistematico tentativo di screditarmi come testimone, per non portare alla luce le complicità e le connivenze tra loro e lo stesso McCarrick?

Raymond Arroyo – Il Papa, secondo il  Rapporto, sostiene di non essere stato informato da lei delle attività o delle restrizioni di McCarrick nel giugno 2013. La sua risposta?

Carlo Maria Viganò – Questa affermazione è assolutamente falsa. Anzitutto, fu proprio Bergoglio, il 23 giugno 2013, a chiedermi espressamente la mia opinione su McCarrick. Come testimoniai nel mio memoriale del 2018, «gli risposi a con tutta franchezza…: “Santo Padre, non so se lei conosce il Cardinale McCarrick, ma se chiede alla Congregazione per i vescovi c’è un dossier grande così su di lui. Ha corrotto generazioni di seminaristi e di sacerdoti, e Papa Benedetto gli ha imposto di ritirarsi a una vita di preghiera e di penitenza”. Il Papa non fece il minimo commento a quelle mie parole tanto gravi e non mostrò sul suo volto alcuna espressione di sorpresa, come se la cosa gli fosse già nota da tempo, e cambiò subito argomento. Ma allora, con quale finalità il Papa mi aveva posto quella domanda: “Il Cardinale McCarrick com’è?”. Evidentemente voleva accertarsi se ero alleato di McCarrick o no».
Si noti che dallo stesso McCarrick appresi che Bergoglio lo aveva ricevuto quattro giorni prima della mia udienza, e che lo aveva autorizzato ad andare in Cina. A che scopo chiedermi un parere, quando Bergoglio dimostrava di nutrire la massima stima per McCarrick?
McCarrick intanto veniva tranquillamente a Roma, riceveva incarichi dal Vaticano, anche ufficiali, e portava avanti le sue attività come se niente fosse. Nel maggio 2014, appresi dal Washington Times di un viaggio di McCarrick nella Repubblica Centrafricana per conto del Dipartimento di Stato (il Segretario di Stato era allora John Kerry); se ne fa menzione anche nel Rapporto. Stiamo parlando del 2014; eppure Benedetto XVI, fin dal 2008, aveva ordinato al cardinale americano di ritirarsi a vita privata, non celebrare o intervenire ad eventi pubblici, non fare viaggi.
Per questo motivo, visto il modo in cui era trattato McCarrick, chiesi al Cardinale Parolin se le sanzioni contro di lui fossero ancora da ritenersi valide. Ma non ottenni risposta. A quel punto, avendo riferito di persona al Papa, non avendo ricevuto risposta dal Segretario di Stato, cosa potevo ancora fare? A chi appellarmi?
Dal Rapporto apprendo che i continui incarichi e viaggi di McCarrick all’estero erano considerati, dall’Arcivescovo Wuerl e persino dal Nunzio Sambi (deceduto nel 2011) come una «forma sufficiente di allontanamento» (cfr. nota 1013 del Rapporto). E rimango sinceramente allibito nell’apprendere che «le indicazioni non erano “sanzioni”; non sono state imposte da Papa Benedetto XVI; a McCarrick non fu mai proibito di celebrare la Messa in pubblico; a McCarrick non era proibito tenere conferenze. Il Cardinale Re non ha imposto a McCarrick l’“obbligo” di dedicarsi a una vita di preghiera e penitenza; e McCarrick rimase libero di condurre attività, compresi i viaggi, con il permesso della Santa Sede, compreso il Nunzio» (cfr. nota 1006, ibidem). Se così è, significa che nonostante la condotta riprovevole del cardinale, la Santa Sede non ha ritenuto opportuno prendere provvedimenti disciplinari contro McCarrick, il che conferma la mia denuncia sulla corruzione della curia.

Raymond Arroyo – Il Rapporto fa di tutto per tentare di dipingerla come inadempiente nell’indagare sulle affermazioni del Prete 3. (Accenna appena al fatto che sia stato lei a portare queste preoccupazioni alla Santa Sede in primo luogo). Ha evitato di mettersi «nella posizione di accertare la credibilità del Prete 3»?

Carlo Maria Viganò – È evidente quale sia stato il mio ruolo nel portare alla luce gli scandali di McCarrick, e che ho sempre provveduto a riferire alla Santa Sede ogni informazione venuta in mio possesso. Ricordo che stiamo parlando del 2012, quando ero stato nominato da poco Nunzio negli Stati Uniti.
Nel Rapporto mi si accusa di non avere dato seguito alla richiesta di informazione a proposito delle accuse mosse dal «Prete 3» contro McCarrick. Cosa assolutamente falsa! Sono gli stessi estensori del Rapporto a fornire le prove dell’inganno che hanno ordito per colpirmi e discreditarmi. Infatti, in un altro punto del Rapporto si afferma che il 13 giugno 2013 io scrissi al Cardinale Ouellet, trasmettendogli sia la lettera che il Vescovo Bootkoski mi aveva indirizzato, sia quella indirizzata al «Prete 3». Lo informai che la denuncia civile del «Prete 3» era stata archiviata senza possibilità di appello. Il Vescovo Bootkoski qualificava le accuse del «Prete 3» come false e calunniose.
Vorrei enfatizzare un aspetto in particolare. Chi mi accusa di non avere provveduto a inviare una comunicazione scritta a Monsignor Bootkoski, ordinario del «Prete 3» e Vescovo di Metuchen, sa bene che questo dipende dalle indicazioni precise della Segreteria di Stato. E sa altrettanto bene – come conferma il Rapporto – che vi era stata una comunicazione telefonica tra me e il Vescovo Bootkoski, di cui a mia volta avevo informato il Cardinale Ouellet.
Non si dimentichi che in quegli anni vi erano avvocati che non si accontentavano di chiamare in giudizio le diocesi per crimini compiuti dai sacerdoti, ma volevano dimostrare che la stessa Santa Sede – come il quartier generale di una multinazionale – aveva la responsabilità ultima nei risarcimenti per molestie. Ne sa qualcosa l’Avvocato Lena, che riuscì, in due distinti processi, a evitare che la responsabilità della copertura degli abusi ricadesse su Papa Benedetto XVI.

Raymond Arroyo – E che cosa pensa del fatto che il Rapporto attribuisca a Giovanni Paolo II e Benedetto XVI la maggior parte della colpa di aver promosso e confermato McCarrick nella Chiesa?

Carlo Maria Viganò – Gli intenti di chi ha redatto il Rapporto sono evidenti: scaricare le responsabilità delle promozioni di McCarrick sui predecessori, uno defunto e canonizzato (Giovanni Paolo II), l’altro anziano e debole (Benedetto XVI). Il primo non può difendersi dalla tomba, il secondo è troppo mite per sconfessare platealmente il suo successore, dandogli del mentitore e screditando con lui anche la funzione che costui ricopre. La cosa sconcertante è che all’interno dello stesso Rapporto – evidentemente messo insieme da più mani – vi siano numerose contraddizioni, tali da rendere poco credibili le argomentazioni addotte.
Mi chiedo allora: chi ha convinto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI a non tener conto delle gravi accuse su McCarrick? Chi aveva interesse a far sì che McCarrick venisse promosso, in modo da trarne un vantaggio in termini di potere e di denaro?
Probabilmente qualcuno ha fatto credere a Giovanni Paolo II che le accuse contro McCarrick fossero state montate ad arte, sul modello delle operazioni di discredito che la Polonia comunista aveva già compiuto contro buoni vescovi o sacerdoti che si opponevano al regime.
Nel caso di Giovanni Paolo II, il principale interessato alla promozione di McCarrick era certamente il Cardinale Sodano. Egli è stato Segretario di Stato fino al settembre 2006: ogni informazione perveniva a lui. Nel novembre 2000 il Nunzio Montalvo inviò a lui il suo rapporto e le denunce di gravi abusi commessi da McCarrick.
Non dimentichiamo che in quel periodo scoppiò lo scandalo di Padre Maciel, che Sodano cercò di insabbiare giungendo a falsificare un comunicato di Benedetto XVI nel quale si diceva che il Papa considerava chiuso il caso. Benedetto XVI convocò una Plenaria della Congregazione per la dottrina della fede e il Cardinale Arinze riuscì a far condannare Maciel nonostante le opposizioni del Segretario di Stato.
Il nome del Cardinale Sodano apparve coinvolto anche in una scandalosa speculazione immobiliare. Nel 2003, il nipote del porporato, l’Ingegnere Andrea Sodano, con lettere di raccomandazione dello zio Segretario di Stato e nella sua veste di consulente dell’immobiliare Follieri (in alcuni atti ufficiali è indicato anche come vicepresidente del gruppo), acquistò a prezzi stracciati beni delle diocesi americane condannate a risarcire i danni delle cause civili per molestie sessuali, ricavandone per sé un vantaggio economico enorme ai danni della Chiesa. Raffaello Follieri, patron della holding, fu condannato per frode e riciclaggio di denaro, proprio per operazioni spericolate nella compravendita di questi immobili. Inutile dire che Follieri era in stretti rapporti con la Clinton Global Initiative e con la famiglia Clinton, nonché con i Dem: «L’ex Presidente e la Senatrice Hillary sono nostri amici», si è vantato Follieri.
Si ripresentano gli stessi legami, le stesse complicità, le stesse frequentazioni. McCarrick, Clinton, Biden, i Democratici, i Modernisti. Con un corteo di omosessuali e molestatori seriali non indifferente.
Per quanto riguarda Benedetto XVI, chi aveva un accesso quotidiano e diretto al Papa erano il Segretario di Stato Bertone e il Sostituto Sandri, i quali erano in grado di controllare e di filtrare le informazioni su McCarrick, e di esercitare pressioni su di lui.
Anche in questo caso, il Rapporto parla da sé. A presentare la questione direttamente a Papa Benedetto XVI fu il Cardinale Bertone, il quale contrariamente a quanto io avevo ripetutamente proposto – che cioè le accuse gravissime e circostanziate contro McCarrick esigevano un procedimento canonico esemplare fino alla sua rimozione dal Collegio cardinalizio e alla sua riduzione allo stato laicale – indusse papa Benedetto a decidere che non venisse istruito un processo né prescritte sanzioni canoniche, ma che si facesse semplicemente appello «alla coscienza e allo spirito ecclesiale» di McCarrick.
E qui appare evidente un’ulteriore flagrante contraddizione: come si concilia un semplice appello alla coscienza con le istruzioni formali che furono date al nunzio Sambi e a me, secondo le quali McCarrick non poteva risiedere nel seminario in cui alloggiava, non poteva partecipare ad attività pubbliche, non poteva viaggiare, e doveva condurre una vita ritirata di preghiera e di penitenza?
La corruzione dei vertici del Vaticano è talmente evidente da consentire di considerare questo Rapporto come un indegno tentativo di far apparire Bergoglio assolutamente estraneo ai maneggi della curia, anzi come una sorta di implacabile persecutore dei corrotti, mentre l’evidenza dei fatti dimostra il contrario. Direi che Bergoglio sta alla Deep Church come Biden sta al Deep State…
Mi permetto di notare che il fatto di addossare a Giovanni Paolo II la colpa della nomina di McCarrick nonostante il parere negativo della Congregazione dei vescovi e del suo prefetto cardinale Re potrebbe applicarsi anche allo stesso Jorge Mario Bergoglio, sul quale il generale dei gesuiti aveva espresso forti riserve. Se ha sbagliato Wojtyła con McCarrick e per questo lo si considera implicitamente responsabile degli scandali verificatisi, cosa impedisce di estendere questo giudizio anche alla promozione di Bergoglio come Arcivescovo di Buenos Aires e poi come cardinale? Ricordo che in quel concistoro del 2001, oltre a McCarrick e a Bergoglio, ricevettero la berretta esponenti di spicco della Mafia di San Gallo…

Raymond Arroyo – C’è qualcos’altro?

Carlo Maria Viganò – In conclusione, vorrei citare un recente articolo di Riccardo Cascioli [*], facendo mio il suo lucido giudizio: «Malgrado dal Rapporto emerga la figura di un McCarrick predatore seriale, la grande reazione scatta soltanto quando nel 2017 arriva la prima denuncia di abusi su un minorenne. […] In pratica ci viene detto che i “comportamenti immorali con adulti” non sono certamente cosa buona, però alla fin fine si tollerano. L’allarme vero, quello che prevede sanzioni anche pesanti, scatta solo con la minore età dell’abusato. Come se le decine e decine di futuri preti che hanno condiviso il letto con McCarrick, e perciò in gran parte condannati a una vita sacerdotale come minimo squilibrata, non contassero granché. Come se la devastazione morale e di fede provocata da un vescovo predatore – vocazioni perdute, sacerdoti che a loro volta ripeteranno gli abusi, nomine episcopali falsate da legami morbosi – fossero un problema minore. […] Si è volutamente ignorato che ciò che ha permesso l’irresistibile ascesa di McCarrick è un sistema di potere altrimenti denominato lobby gay, che favorisce la nomina e la carriera di vescovi con determinate caratteristiche. […] No, non c’è davvero un segnale che dalla vicenda McCarrick la Chiesa abbia imparato, c’è piuttosto la sensazione che si faccia pagare uno per poter continuare tranquillamente con gli altri. E nel frattempo fare avanzare l’idea che per un prete avere tendenze omosessuali non sia un problema».
In questa grottesca farsa, oggi ammantata di una posticcia apparenza di legalismo, non si esita a trascinare nel fango l’intera Chiesa, il suo prestigio dinanzi al mondo, la sua autorità nei confronti dei fedeli, pur di salvare l’immagine ormai compromessa di prelati corrotti, indegni e viziosi. Mi limito a osservare che tuttora, in Vaticano, Bergoglio si circonda di omosessuali notori e di personaggi dalla reputazione gravemente compromessa. Questa è la più palese sconfessione della presunta opera moralizzatrice di Bergoglio.

Il video dell’intervista.

[*] IL RAPPORTO
McCarrick, la lobby gay segna un altro punto a favore
di Riccardo Cascioli
La Nuova Bussola Quotidiana, 11 novembre 2020

Il rapporto McCarrick rivela una sostanziale tolleranza nei confronti della pratica omosessuale del clero, che viene colpito solo se gli abusati sono minorenni. E ignora che la vicenda McCarrick è solo la punta dell’iceberg di un sistema di potere controllato dalla lobby gay.
Che si tratti di una operazione-verità, come è stata annunciata, oppure «una surreale operazione di mistificazione», come l’ha subito definita l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, non c’è dubbio che il Rapporto McCarrick presentato ieri in Vaticano sia destinato a sollevare più domande di quante siano le risposte che offre.
In attesa di ulteriori, specifici approfondimenti sulla vicenda dell’ex cardinale arcivescovo di Washington Theodore McCarrick,  ci sono due questioni che saltano agli occhi, entrambe legate all’omosessualità: la prima è la tolleranza della pratica omosessuale, anche nel clero; la seconda è nell’occultamento dell’esistenza di una lobby gay e di un sistema che favorisce la “carriera” di ecclesiastici di tendenza.
Per quanto riguarda il primo punto, malgrado dal Rapporto emerga la figura di un McCarrick predatore seriale, la grande reazione scatta soltanto quando nel 2017 arriva la prima denuncia di abusi su un minorenne. E questo viene ben sottolineato in più punti del rapporto, ma è anche il dato su cui insiste il direttore della comunicazione vaticana Andrea Tornielli nel suo editoriale di presentazione del rapporto, pubblicato sul portale Vatican News. Dopo anni di voci, lettere anonime e accuse «non circostanziate» ma riferite a «comportamenti immorali con adulti» – ci spiega Tornielli – «tutto cambia con l’emergere della prima accusa di abuso su un minore. La risposta è immediata. Il provvedimento gravissimo e senza precedenti della dimissione dallo stato clericale arriva a conclusione di un rapido processo canonico».
In pratica ci si dice che i «comportamenti immorali con adulti» non sono certamente cosa buona però alla fin fine si tollerano; l’allarme vero, quello che prevede sanzioni anche pesanti scatta solo con la minore età dell’abusato. Come se le decine e decine di futuri preti che hanno condiviso il letto con McCarrick, e perciò in gran parte condannati a una vita sacerdotale come minimo squilibrata, non contassero granché. Come se la devastazione morale e di fede provocata da un vescovo predatore – vocazioni perdute, sacerdoti che a loro volta ripeteranno gli abusi, nomine episcopali falsate da legami morbosi – fossero un problema minore. Certo, le voci insistenti sconsigliavano la promozione di McCarrick a sedi prestigiose, ma la tagliola scatta solo quando fra gli accusatori compare un minorenne.
È un approccio gravissimo che ignora peraltro che il secondo crimine – abusi sui minori – è figlio del primo.
Quanto al secondo aspetto, la ricostruzione della vicenda McCarrick accredita l’idea che si tratti di una pagina nera per la Chiesa sì, ma comunque un episodio che grazie a tutte le misure prese soprattutto da papa Francesco più difficilmente potrà ricapitare. «Una vicenda triste dalla quale la Chiesa tutta ha imparato», dice Tornielli.
C’è da dubitarne, soprattutto perché si è volutamente ignorato che ciò che ha permesso l’irresistibile ascesa di McCarrick è un sistema di potere altrimenti denominato lobby gay, che favorisce la nomina e la carriera di vescovi con determinate caratteristiche. Dalla lettura del Rapporto pubblicato ieri si potrebbe pensare che il caso McCarrick sia il frutto di una sfortunata combinazione di fattori diversi: la personalità esuberante (per usare un eufemismo) del personaggio, la mancanza di regole chiare, la genericità delle accuse, l’errore in buona fede di un Papa, la debolezza di governo di un altro. Certo, anche questi sono elementi che hanno avuto il loro peso, ma il vero problema è che senza l’esistenza di una rete di rapporti e complicità a diversi livelli certe carriere sarebbero pressoché impossibili.
E questa rete non ha funzionato solo per McCarrick, anzi ci sono elementi che fanno ritenere che negli ultimi anni si sia addirittura rafforzata. Ricordiamo il caso del Cile nel 2018, con papa Francesco che ha dovuto arrendersi all’evidenza non prima di aver squalificato le vittime che accusavano vescovi e preti abusatori. Ricordiamo anche la misteriosa copertura in Vaticano offerta al vescovo argentino Zanchetta. Ricordiamo le denunce che inseguono il cardinale honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga, coordinatore del gruppo di lavoro dei cardinali che affiancano papa Francesco per la riforma della Curia («tutte calunnie», ha detto l’anno scorso il Papa), e il cui vescovo ausiliare Juan José Pineda ha dovuto dimettersi nel luglio 2018 per molestie sessuali nel seminario. E ricordiamo anche le “voci” che dalla natìa Puglia accompagnano la rapida ascesa dell’appena nominato cardinale Marcello Semeraro, che della sua attuale diocesi Albano ha fatto la capitale italiana dei cristiani Lgbt. E tornando a McCarrick non dimentichiamo che ci sono diversi vescovi americani nominati proprio grazie alla sponsorizzazione dell’ex cardinale.
E si potrebbe continuare. No, non c’è davvero un segnale che dalla vicenda McCarrick la Chiesa abbia imparato, c’è piuttosto la sensazione che si faccia pagare uno per poter continuare tranquillamente con gli altri. E nel frattempo fare avanzare l’idea che per un prete avere tendenze omosessuali non sia un problema.

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