Nell’Artsakh firmato “doloroso” accordo tra Armenia e Azerbajgian per il cessate il fuoco e dispiegato contingente di mantenimento della pace russo. Violenti proteste a Erevan

Condividi su...

Armenia e Azerbaigian hanno raggiunto con la Russia un accordo per un totale cessate il fuoco nel Nagorno-Karabakh. “Ho firmato una dichiarazione con i presidenti di Russia e Azerbaigian incredibilmente dolorosa per me e per il nostro popolo”, ha affermato nella notte il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan. L’accordo entra in vigore all’una di oggi, 10 novembre ora locale, ha aggiunto. Il cessate il fuoco pone fine a sei settimane di una feroce aggressione delle Forze armate dell’Azerbajgian, sotto spinta della Turchia e con il sostegno di mercenari e terroristi jihadisti dalla Siria reclutati e trasferiti dalla Turchia, ufficiali militari turchi di alto rango e forze speciali del Pakistan. “Ho preso questa decisione alla luce di un’analisi approfondita della situazione militare”, ha detto Pashinyan, dopo che gli azeri hanno ottenuto un significativo vantaggio nei combattimenti con le l’Esercito di difesa dell’Artsakh, sostenuto dall’Armenia. “L’intesa era la migliore soluzione di fronte attuale situazione”, ha aggiunto. L’annuncio dell’accordo è giunto dopo che il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, aveva annunciato che le Forze armate azere avevano preso il controllo della città di montagna strategicamente importante di Sushi. Appare evidente che per la Città simbolo di Sushi è iniziato l’offensivo azero e con la conquista è stato raggiunto il cessato il fuoco [*].

La Battaglia di Shushi dell’8-9 maggio 1992 fu uno dei più importanti eventi bellici nel corso della guerra del Nagorno Karabakh, al punto da influenzarne significativamente l’esito finale. Viene indicata dagli armeni come Liberazione di Shushi e dagli azeri come Occupazione di Shusha. Fu la prima significativa vittoria militare delle forze armene. La battaglia ebbe inizio la sera dell’8 maggio 1992 e il combattimento si concluse rapidamente il giorno successivo dopo che le forze armene la conquistarono e cacciarono gli azeri.

Le operazioni militari attive nell’intera linea del fronte nel Nagorno-Karabakh sono state fermate, informa il Portavoce del Ministero della Difesa armeno, Shushan Stepanyan. “La situazione è stata relativamente calma dalle ore 06.00. Il contingente di mantenimento della pace russo continua a essere schierato in Artsakh”, ha aggiunto il portavoce.

L’accordo è stato confermato anche il Presidente russo Vladimir Putin. Il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, e il Presidente azero, lham Aliyev, – ha detto Putin – hanno firmato una dichiarazione per un “totale cessate il fuoco nel Nagorno-Karabakh, zona di conflitto” a partire dalla mezzanotte di martedì, ora di Mosca (ore 21.00 GMT).

Il Presidente di Azerbajgian Ilham Aliyev ha detto che l’accordo di cessate il fuoco equivale a una “capitolazione” da parte dell’Armenia. “L’abbiamo costretto a firmare questo documento”, ha detto Aliyev in un discorso televisivo, riferendosi al Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan. “Questa è sostanzialmente una capitolazione”. Aliyev ha detto che l’accordo è di “importanza storica” e che dà all’Armenia un breve lasso di tempo per ritirare le truppe dal Nagorno-Karabakh. La Russia e la Turchia, alleato dell’Azerbaigian, sarebbero stati coinvolti nell’attuazione del cessate il fuoco.

Subito dopo l’annuncio del raggiunto accordo da parte del Primo Ministro Pashinyan è scattata la rabbia e migliaia di manifestanti contrari all’accordo siglato da Armenia e Azerbajgian sul cessate il fuoco nell’Artsakh si sono radunate all’esterno della sede del governo armeno a Erevan e centinaia di persone hanno invaso l’edificio, saccheggiando gli uffici e frantumando i vetri delle finestre. Lo ha riferito un giornalista dell’agenzia di stampa francese AFP. Una folla di manifestanti ha preso anche il controllo del Parlamento armeno nelle prime ore del mattino, occupando i seggi dei parlamentari e gridando “dimettetevi!” e “fuori!”. Ne sono seguiti risse e violenti scontri verbali tra i manifestanti che cercavano di salire sul podio per parlare e alcuni deputati che tentavano di metterli a tacere. I pochi poliziotti presenti non sono riusciti a contenere la rabbia, sfogata in scontri e atti vandalici nei corridoi e negli uffici. Il Presidente del Parlamento armeno, Ararat Mirzoyan, secondo quanto raccontato da testimoni, è stato aggredito e picchiato.

La situazione è poi tornata a una relativa calma, anche se alcuni manifestanti erano rimasti nell’edificio. In un messaggio su Facebook, il Primo Ministro Pashinyan ha invitato i manifestanti a tornare a casa: “In questo momento difficile dobbiamo stare fianco a fianco”.

Sua Santità Karekin II, Patriarca Supremo e 132° Catholicos di tutti gli Armeni della Chiesa Apostolica Armena ha fatto appello alla calma. C’è una preghiera nei nostri cuori per il bene della nostra saggezza e unità nazionale, ha detto in un discorso. “Ben consapevoli degli insegnamenti della nostra storia secolare e con la necessità dell’unità nazionale, chiediamo di mantenere la calma e di non cedere a manifestazioni inutili dei sentimenti che ci assalgono, astenendoci da violenze e rivolte”.

La Russia, in accordo con l’intesa firmata da Putin e i leader di Azerbaigian e Armenia, ha iniziato a dispiegare il suo contingente di mantenimento della pace nel Nagorno-Karabakh, a partire dalle ore 06.00 di questa mattina, ha fatto sapere il Ministero della Difesa russo all’agenzia di stampa russo Tass. “Le forze armate della Repubblica di Azerbajgian e della Repubblica di Armenia rimarranno sulle posizioni che ricoprono attualmente, lungo la linea di contatto nel Nagorno-Karabakh”, ha sottolineato Putin spiegando i termini dell’intesa.

Maria Zakharova.

Soltanto forze di mantenimento della pace russe saranno schierate sulla linea di contatto in Nagorno-Karabakh, ha detto il Portavoce del Ministero degli esteri russo Maria Zakharova. “Un punto importante su cui vorrei attirare la vostra attenzione riguarda le forze di pace. Stiamo parlando delle forze di mantenimento della pace della Federazione Russa”, ha detto Zakharova alla stazione radio Echo di Mosca. “Quando il testo della dichiarazione sarà pubblicato, nessuno avrà dubbi. Vorrei richiamare ancora una volta l’attenzione sulle parole del Presidente della Federazione Russa, stiamo parlando dei caschi blu russi nella zona, sulla linea di contatto in Nagorno-Karabakh”, ha detto Zakharova. In precedenza, il Presidente dell’Azerbajgia aveva detto che anche l’Esercito turco avrebbe fatto parte delle forze di mantenimento della pace.

È stata pubblicata la Dichiarazione del Primo ministro dell’Armenia, del Presidente della Federazione Russa e del Presidente dell’Azerbaigian. Di seguito offriamo una nostra traduzione italiano il testo integrale in inglese della dichiarazione.

Noi, Primo ministro della Repubblica di Armenia, Nikol Pashinyan, Presidente della Repubblica di Azerbajgian, Ilham Aliyev, e il Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, affermiamo quanto segue:
1. Con la presente dichiariamo che sarà stabilito un cessate il fuoco completo e tutte le ostilità saranno fermate nella zona di conflitto del Nagorno-Karabakh alle 00:00 ora di Mosca del 10 novembre 2020.
La Repubblica di Azerbaigian e la Repubblica di Armenia, di seguito denominate le Parti, rimarranno nelle loro posizioni attuali.
2. La Regione di Aghdam sarà restituita alla Repubblica di Azerbajgian entro il 20 novembre 2020.
3. Unità di mantenimento della pace della Federazione Russa saranno dispiegate lungo la linea di contatto nel Nagorno-Karabakh e lungo il Corridoio di Lachin, compresi 1.960 militari armati di armi da fuoco, 90 veicoli corazzati per il trasporto del personale, 380 unità di veicoli motorizzati e attrezzature speciali.
4. Le unità di mantenimento della pace della Federazione Russa vengono dispiegate parallelamente al ritiro delle forze armate armene. Le Unità di mantenimento della pace della Federazione Russa rimarranno per un periodo di 5 anni, con estensione automatica per i successivi periodi di 5 anni, se nessuna delle Parti dichiara la sua intenzione di terminare l’applicazione di questa disposizione, 6 mesi prima della scadenza del periodo precedente.
5. Un centro di mantenimento della pace sarà dispiegato per monitorare il cessate il fuoco al fine di aumentare l’efficacia del controllo sull’attuazione degli accordi raggiunti dalle Parti in conflitto.
6. La Repubblica di Armenia restituirà la Regione del Kelbajar alla Repubblica di Azerbajgian entro il 15 novembre 2020 e la Regione di Lachin entro il 1° dicembre 2020. Il Corridoio di Lachin (largo 5 km), che garantirà la comunicazione tra il Nagorno-Karabakh e l’Armenia e allo stesso tempo non influenzerà la Città di Shushi, rimarrà sotto il controllo delle unità di pace della Federazione Russa.
Le Parti hanno concordato un piano per la costruzione di una nuova strada lungo il Corridoio di Lachin che sarà definito entro i prossimi tre anni, fornendo comunicazioni tra il Nagorno-Karabakh e l’Armenia, con la successivo ridistribuzione delle unità di mantenimento della pace russe per proteggere questa rotta.
La Repubblica di Azerbajgian garantirà la sicurezza del traffico per i cittadini, i veicoli e le merci in entrambe le direzioni lungo il Corridoio di Lachin.
7. Gli sfollati interni e i rifugiati torneranno nel Nagorno-Karabakh e nelle aree adiacenti, sotto il controllo dell’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
8. Deve essere effettuato uno scambio di prigionieri di guerra, ostaggi e altre persone detenute e le salme dei morti.
9. Tutti i collegamenti economici e di trasporto nella regione saranno sbloccati. La Repubblica di Armenia garantirà la sicurezza dei collegamenti di trasporto tra le regioni occidentali della Repubblica di Azerbajgian e la Repubblica autonoma di Nakhichevan al fine di organizzare la libera circolazione di cittadini, veicoli e merci in entrambe le direzioni. Il controllo sulle comunicazioni di trasporto è esercitato dagli organi del servizio di guardia di frontiera dell’FSS della Russia.
Le Parti convengono che sarà avviata la costruzione di nuove comunicazioni di trasporto che colleghino la Repubblica autonoma di Nakhichevan con le regioni occidentali dell’Azerbaigian.

28 settembre 2020 – L’Ambasciatore armeno in Russia risponde alle parole di Erdogan sull’escalation in Nagorno-Karabakh: l’Armenia è pronta ad impiegare i sistemi missilistici Iskander a sua disposizioni contro i velivoli nemici.

Abbiamo un sogno e abbiamo bisogno di solidarietà

La battaglia si stava svolgendo a 2-3 chilometri da Stepanakert. Se le ostilità avessero continuato, avremmo perso tutto l’Artsakh, ha detto in un discorso video il Presidente dell’Artsakh Arayik Harutyunyan. Ha detto che le conseguenze sarebbero state irreversibili per i soldati che avevano combattuto eroicamente per 43 giorni. Secondo Harutyunyan, per alcuni giorni la parte armena era riuscita a difendersi dagli UAV (Unmanned Aerial Vehicle – Aeromobile a pilotaggio remoto), ma negli ultimi due giorni il nemico ha inflitto grosse perdite alle truppe armene, impiegando nuovi UAV e nuove tecnologie. “Perché non siamo riusciti? Risponderemo tutti, sì, tutti perché sapevamo che il nostro esercito aveva delle necessità”, ha detto il Presidente Harutyunyan, aggiungendo però che, nonostante tutto ciò, le truppe dell’Esercito di difesa dell’Artsakh stavano resistendo.

“Non stavamo combattendo solo contro l’Azerbaigian. Certamente non solo ufficiali turchi o attrezzature militari furono coinvolti nelle ostilità. I militari turchi, terroristi e mercenari erano decisamente coinvolti”, ha detto.

Il Presidente dell’Artsakh ha ricordato di aver fatto appello più volte ai suoi connazionali dicendo che erano necessari. “Avevamo perso il controllo principale su Shushi dal 5 novembre, ma lo abbiamo perso completamente il 7 novembre. Non volevamo pensare di perdere completamente la patria, non volevamo pensare che fosse impossibile di combattere con le risorse già disponibili – risorse umane e militari”, ha detto. Harutyunyan ha assicurato che avevano cercato a lungo di discuterne e di impedirlo al tavolo dei negoziati, ma si è rivelato impossibile.

“Tutto è avanti a noi! Artsakh, la nazione armena, l’Armenia hanno avuto giorni molto difficili nella storia, ma siamo stati in grado di prendere alcune decisioni sagge, di seguire la strada giusta, per raggiungere il successo. E chi ha detto che è la fine di tutto? Questo è l’inizio. Avremo l’opportunità di prendere una decisione più sobria, per questo abbiamo bisogno di solidarietà, prima di tutto in Armenia, nell’Artsakh, tra il popolo armeno”, ha affermato.

“La mancanza di unità e il panico sono stati il nostro più grande avversario. I problemi nazionali abbiamo ancora davanti, la nostra visione non è ancora svanita, anzi, abbiamo un sogno, abbiamo una patria sognata, ecco perché dobbiamo mantenere la solidarietà, evitare sviluppi che non si adattano alla nazione armena. Abbiamo l’opportunità di prendere decisioni civili, di svolgere discussioni. Tutto è appena iniziato, non voglio aprire le parentesi, non abbiamo perso, tutto è avanti, dobbiamo pensare, pensare, ripensare, valutare e prendere decisioni”, ha detto Harutyunyan.

Il Presidente della Repubblica dell’Artsakh invita i leader delle forze politiche armene a Stepanakert per discussioni

La difficile situazione politica ha creato automaticamente una nuova agenda nella nostra realtà, afferma Arayik Harutyunyan. Il Presidente della Repubblica dell’Artsakh invita i rappresentanti delle forze parlamentari ed extraparlamentari a Stepanakert per tenere discussioni sul campo. “Domani, 11 novembre, sono pronto a ricevere la leadership delle forze politiche rappresentate nell’Assemblea nazionale armena”, ha detto in un post su Facebook il Presidente Harutyunyan. “Poi, come previsto, sono pronto a continuare la serie di incontri con le forze extraparlamentari”, ha aggiunto.

Conclusione

La pace tra Armenia e Azerbajgian (ambedue ormai stremati dalle perdite umane e materiali sul campo di battaglia e dai costi bellici diventati economicamente insostenibile), negoziata dalla Russia, si conclude con una vittoria strategica dell’Azerbajgian. Pur non conquistando tutto il territorio della Repubblica dell’Artsakh, la presa di Shushi e il controllo dei distretti al confine con l’Armenia pongono il Paese sotto il controllo degli Azeri. Gli Azeri, che avevano cominciato l’aggressione con lo scopo di conquistare l’intero Nagorno-Karabakh, hanno accettato l’accordo di pace poche ore dopo aver conseguito un successo strategico militare con la conquista del 20% dell’Artsakh e al tempo stesso simbolico con la conquista di Shushi. L’accordo di pace di fatto crea le basi per nuovi conflitti: una nuova aggressione a tenaglia azera sull’Artsakh (militarmente fattibile, considerato il vantaggio strategico acquisito dagli Azeri che hanno di fatto circondato i distretti della Repubblica dell’Artsakh ancora liberi) o una controffensiva armena per riprendere il controllo dei territori perduti (non attuabile prima di un lungo, costoso e massiccio riarmo delle forze armene, decimate dagli attacchi azeri sostenuti dai turchi e dai mercenari jihadisti).

Foto di Iliya Pitalev/Sputnik.

[*] Nagorno Karabakh, ecco perché si è riaccesa la guerra senza fine
di Gian Micalessin
Sputnik, 29 settembre 2020

Il Presidente azero Aliyev, già irritato per la scarsa disponibilità al negoziato del Premier armeno Pashinyan, è stato spinto allo scontro dalla voglia di rivalsa dei propri militari e dai consistenti aiuti militari di una Turchia pronta, per la prima volta, a non appoggiarlo soltanto a parole. I combattimenti rischiano di non finire tanto presto.
La nuova guerra tra Armenia e Azerbajgian covava sotto le ceneri. Attendeva soltanto la scintilla capace di riportarla in superfice. Ad accenderla ci han pensato gli Azeri. Non è stata una grande sorpresa. La rabbia e la voglia di rivalsa di Baku montava da mesi. “Paradossalmente il Presidente Ilham Aliyev – spiega una fonte diplomatica da Baku – si aspettava molto di più dal Premier armeno Nikol Pashinyan e dalla dirigenza andata al potere dopo la cosiddetta “rivoluzione di velluto” del 2018. A differenza del cosiddetto “Karabakh clan” che l’aveva preceduto né il Primo ministro armeno, né i suoi collaboratori sono originari della regione secessionista e venivano considerati più disponibili a qualche apertura”. Aspettative andate in fumo lo scorso maggio quando Pashinyan in visita a Sushi, la città del Nagorno Karabakh abitata un tempo da tanti Azeri costretti alla fuga dopo il 1994, ricordo che “l’Artsakh (termine con cui Erevan definisce la regione) è armeno. Punto”. Per gli Azeri quel discorso equivale alla fine di qualsiasi trattativa. Da quel momento l’Azerbaijan non fa altro che preparare il terreno per un nuovo intervento capace di sanare la ferita del cessate il fuoco del 1994 quando, dopo sei anni di duri e sanguinosi combattimenti, dovette rinunciare ad una regione del Nagorno Karabakh abitata da oltre 600mila azeri.
Dalle dichiarazioni di Aliyev, pronto a definire “senza senso” la continuazione dei negoziati, si arriva in breve ai violenti scontri di confine accesisi il 12 luglio scorso e costati la vita a una ventina fra militari e civili. Anche in quel caso il cessate il fuoco è tutt’altro che definitivo. Dopo quegli scontri il Presidente Aliyev deve fare i conti con la voglia di rivalsa dei suoi generali che in quei giorni di guerra hanno sepolto un pari grado dilaniato dai colpi dell’artiglieria armena. Ma a gettar benzina sul fuoco ci pensa anche la moglie di Pashinyan. La signora Anna Hakobyan dal 25 al 31 agosto partecipa ad un programma di addestramento delle donne armene organizzato sui territori del Nagorno-Karabakh. E durante quei sei giorni di corso è ben attenta a farsi fotografare in mimetica e kalashnikov in pugno mentre visita le posizioni in prima linea, finge di sparare al nemico e stringe la mano al Presidente della regione secessionista Arayik Harutyunyan.
Ma a spingere l’Azerbaijan sui sentieri di una nuova guerra contribuisce anche il sostegno sempre più concreto di Ankara. La Turchia tradizionalmente alleata di Baku in passato si è sempre guardata dallo spingersi oltre il mero sostegno verbale. Stavolta il vento sembra decisamente cambiato. Oltre alle parole d’incoraggiamento Ankara non lesina ingenti aiuti militari. Tra questi anche un contingente di 4mila mercenari siriani reclutati tra le milizie filo- turche che occupano la città curda di Afrin in Siria. Secondo l’agenzia Asia News, che cita fonti dell’opposizione siriana, i mercenari vengono pagati 1800 dollari al mese e “sono destinati a venir inviati in prima linea al confine armeno-azero” per combattere al fianco dell’esercito di Baku. L’appoggio turco risponde alla politica interventista avviata da un Presidente Recep Tayyp Erdogan pronto – dopo l’intervento in Siria e in Libia – a far sentire la propria influenza anche in una regione caucasica considerata storicamente parte della sfera d’intervento turco. Ma l’interventismo di Ankara rischia di rendere ancora più complesse e ambivalenti le relazioni con Mosca. Considerata la grande protettrice dell’Armenia, pur mantenendo ottimi rapporti anche con l’Azerbajgian, la Russia si ritrova a gestire, suo malgrado, un’altra situazione quasi conflittuale con la Turchia dopo quelle – altrettanto complesse – di Siria e Libia.
Ma quel che più preoccupa a livello internazionale è l’apparente determinazione di Baku a continuare l’offensiva fino a quando non potrà vantare un risultato capace di soddisfare i propri generali. Di certo i sette villaggi occupati nel primo fine settimana di combattimenti non bastano né a sanare l’orgoglio militare azero, né a far demordere una leadership armena a cui non è certo permesso esibire un volto più debole e arrendevole dei propri predecessori. Per questo la guerra rischia stavolta di non finire troppo presto e costare molte altre vite.

Articoli precedenti

La Repubblica dell’Artsakh sotto attacco dei tiranni azero e turco. L’obiettivo: pulizia etnica contro cristiani armeni, ostacoli agli scopi imperialisti turchi. E l’Occidente sta a guardare – 7 novembre 2020
– Le autorità italiane riconoscano la Repubblica dell’Artsakh – 4 novembre 2020
– Flash mob a Roma per Armenia e Artsakh contro l’indifferenza. Minacce azere alle Istituzioni italiane. Azerbaigian utilizza fosforo bianco nell’Artsakh – 31 ottobre 2020 [in fondo a questo articolo i link degli articoli precedenti sull’aggressione dell’Azerbaigian nel Nagorno Karabakh]

Foto di copertina: Menq enq mer sarerè (in lingua armena “Siamo le nostre montagne”), il grande monumento a Stepanakert, la capitale della Repubblica dell’Artsakh, completato nel 1967 da Sarghis Baghdasaryan, è significativamente considerato come il simbolo principale del Artsakh. Costruito in tufo, raffigura un uomo anziano ed una donna che emergono dalla roccia, a rappresentare la gente delle montagne del Nagorno-Karabakh. Una delle caratteristiche principali è la poca definitezza della scultura. È conosciuta anche come Tatik yev Papik in lingua armena orientale e Mamig yev Babig in lingua armena occidentale, traducibile come “Nonna e nonno”. Il monumento appare anche nello stemma della Repubblica dell’Artsakh.

Free Webcam Girls
151.11.48.50