Card. Erdő: l’Eucarestia preghiera più efficace

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Nella messa per i defunti, celebrata nella chiesa di san Giuseppe a Budapest, il card. Péter Erdő ha avuto un particolare pensiero ai defunti a causa del coronavirus ieri durante la messa per i malati e defunti da coronavirus, che negli ultimi giorni di ottobre i casi di contagiati sono cresciuti da 2194 a 3286:

“In questo anno offriamo la santa messa della sera del Giorno dei defunti per quelle persone che nel nostro Paese sono morte nell’epidemia COVID. Ma preghiamo anche per i nostri malati, per i nostri parenti e per tutti coloro che come conseguenza della pandemia devono portare oneri particolari.  Questa seconda ondata di autunno, comporta gravi prove fisiche, materiali e spirituali per molti”.

Durante la celebrazione eucaristica è stato ricordato Carlo Ambrogio di Asburgo-Lorena: “Era nato nel 1785 a Milano e ricevette i due nomi di battesimo dai due santi vescovi più famosi di questa città, sant’Ambrogio e san Carlo Borromeo. Fu ordinato sacerdote a 22 anni, nel 1807, e nominato arcivescovo di Esztergom da papa Pio VII il 16 marzo 1808, ovviamente concedendogli la licenza del limite di età relativo al grado episcopale del sacramento dell’ordine”.

Il card. Erdő ha ricordato che l’arcivescovo di Esztergom eresse nuovi ospedali per curare i feriti durante le guerre napoleoniche: “Il Primate formò degli ospedali per i soldati feriti. Ma si mise non solo ad organizzare e provvedere alle cose necessarie, ma visitò anche i malati portando loro conforto spirituale. In questa circostanza rimase infetto dal tifo che causò la sua morte il 2 settembre 1809, all’età di 23 anni”.

Nonostante la sua discendenza reale scelse il sacerdozio: “Eppure la Provvidenza serbò per lui un altro destino, e in questo lui stesso assunse un ruolo personale. Se avesse mantenuto la distanza del sovrano rispetto ai bisognosi, ai mutilati e ai malati, magari avrebbe potuto vivere una lunga vita. Ma lui decise di seguire l’insegnamento di Cristo.

Infatti, nel giorno del giudizio, come ci insegna lo stesso Gesù, non ci chiederanno quale era la nostra discendenza, e quale era stato il rango ottenuto durante la nostra vita, ma si sentirà la voce del Giudice Eterno: ‘Ero malato e mi avete visitato’.

E’ per questo che i nostri antenati ritenevano: coloro che visitano e curano con fede e carità i malati contagiosi e vengono infetti dalla malattia e ne muoiono, nel senso ampio della parola, sono dei martiri, poiché danno la loro vita per amore”.

Ed ha ribadito l’importanza del martirio: “La canonizzazione di una persona con titolo di martire richiede però che nel martirio abbia parte anche un persecutore o un tiranno, o un suo qualche sicario che causa tale morte.  Per questo possiamo giustamente considerare martiri i cattolici uccisi a Nizza la settimana scorsa, perché sono stati uccisi deliberatamente, per via dell’odio alla fede.

Le persone invece che muoiono di malattie al servizio della virtù cristiana della carità verso il prossimo, come scrive papa Benedetto XVI, sono da essere considerati dei martiri solo nel senso più ampio, ma non in quello più stretto della parola, secondo la prassi della Chiesa.  In questi casi infatti, la morte non è causata da un’azione umana libera da parte di un persecutore, bensì dall’infezione”.

L’esempio dell’arcivescovo Carlo Ambrogio è un invito alla vicinanza: “Tra le circostanze attuali dobbiamo fare di tutto per coloro che hanno bisogno del nostro aiuto. Sosteniamo i nostri cari che vengono a trovarsi in una situazione materiale depressa.

Cerchiamo di rendere più facile la vita di coloro che stanno crollando sotto il peso del tanto lavoro che improvvisamente si è rovesciato su di loro. E’ importante per tutti e significa operare un vero atto di misericordia se osserviamo le regole cautelari per non esporre al pericolo la salute degli altri. Pensiamoci: la malattia di un singolo, può rovinare la vita di intere famiglie”.

Infine un richiamo a due opere di misericordia: “La prima è: seppellire i morti. Questo era anche anticamente più di una tradizione sanitaria, significava rendere onore all’uomo creato ad immagine di Dio. Secondo la nostra fede cristiana il corpo della persona battezzata è il tempio di Dio. Perciò prendiamo congedo dai nostri cari nell’ambito di un rito ecclesiastico. Ed è anche per questo motivo che visitiamo le loro sepolture”.

L’altra opera di misericordia è quella della preghiera: “Ma è un’opera della misericordia anche pregare per i vivi ed i morti. Pregare per i defunti è un’abitudine della comunità cristiana sin dalle sue origini.

Noi crediamo che colui che al momento della sua morte è nello stato di grazia, ma ha bisogno ancora di purificazione, può essere aiutato dalle nostre preghiere per giungere quanto prima alla salvezza. La forma più grandiosa e più efficace della preghiera è l’Eucaristia. In tale occasione si rende presente il sacrificio della croce di Cristo”.

Nel frattempo anche l’Ungheria ha dichiarato lo stato di emergenza con un coprifuoco notturno per arginare la diffusione del coronavirus che minaccia di mettere a dura prova le capacità degli ospedali, come ha annunciato il primo ministro, Viktor Orban, in un video pubblicato sulla sua pagina di facebook: “E’ giunto il momento di nuovi passi, in modo da poter proteggere il funzionamento degli ospedali e la vita degli anziani”.

(Foto: International Eucharistic Congress)

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