Benedetto XVI, 70 anni di diaconato: vivere in contatto costante con Dio

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“Alla fine di ottobre ricevemmo l’ordinazione suddiaconale e quella diaconale. Cominciava così la preparazione più immediata all’ordinazione sacerdotale, che allora era molto diversa da oggi”. Joseph Ratzinger racconta così, nella sua autobiografia “La mia vita” (Edizioni San Paolo, 1997), il giorno in cui ha ricevuto il primo grado del sacramento dell’ordine dalle mani di mons. Johannes Baptist Neuhäusler, vescovo ausiliare di Monaco e Frisinga, il 29 ottobre 1950. 

Il diaconato fu l’ultima tappa prima dell’ordinazione sacerdotale del 29 giugno 1951, il momento più importante della vita di Benedetto XVI e di quella del fratello Georg, scomparso lo scorso 1° luglio e con cui ha condiviso il cammino verso il sacerdozio, la cui vocazione è iniziata negli anni bui del nazismo al potere e paradossalmente da essi rafforzata.

“Nel dicembre 1944, quando fui chiamato al servizio militare – racconta il Papa emerito nella Lettera ai seminaristi del 2010 -, il comandante di compagnia domandò a ciascuno di noi a quale professione aspirasse per il futuro. Risposi di voler diventare sacerdote cattolico. Il sottotenente replicò: Allora Lei deve cercarsi qualcos’altro. Nella nuova Germania non c’è più bisogno di preti”. Il futuro Papa sapeva però “che questa ‘nuova Germania’ era già alla fine, e che dopo le enormi devastazioni portate da quella follia sul Paese, ci sarebbe stato bisogno più che mai di sacerdoti”.

“Eravamo di nuovo tutti insieme nel seminario di Frisinga – rievoca ancora Ratzinger nella sua autobiografia – per essere introdotti negli aspetti pratici del ministero sacerdotale; tra questi rientrava, tra l’altro, l’avviamento alla predicazione e alla catechesi. La serietà di questa preparazione richiede tutto l’impegno della persona”.

Ma per Benedetto, prima di tutto, è importante imparare a vivere in contatto costante con Dio: “Esercitarsi in questo contatto – scrive ancora ai seminaristi – è il senso della nostra preghiera. Perciò è importante che il giorno incominci e si concluda con la preghiera. Che ascoltiamo Dio nella lettura della Scrittura. Che gli diciamo i nostri desideri e le nostre speranze, le nostre gioie e sofferenze, i nostri errori e il nostro ringraziamento per ogni cosa bella e buona, e che in questo modo Lo abbiamo sempre davanti ai nostri occhi come punto di riferimento della nostra vita”. 

Nella prima enciclica del Pontificato, “Deus Caritas est”, Papa Ratzinger spiega la nascita della figura e della missione dei diaconi: “Gli Apostoli, ai quali erano affidati innanzitutto la « preghiera » (Eucaristia e Liturgia) e il «servizio della Parola », si sentirono eccessivamente appesantiti dal «servizio delle mense »; decisero pertanto di riservare a sé il ministero principale e di creare per l’altro compito, pur necessario nella Chiesa, un consesso di sette persone”.

Per Benedetto XVI “il servizio sociale che dovevano effettuare era assolutamente concreto, ma al contempo era senz’altro anche un servizio spirituale; il loro perciò era un vero ufficio spirituale, che realizzava un compito essenziale della Chiesa, quello dell’amore ben ordinato del prossimo”. “La carità – conclude il Papa emerito – non è per la Chiesa una specie di attività di assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza”.

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