I Giacobini se la ridono nell’inferno… e la nobiltà perduta

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Emmanuel Macron ha twittato: “La laïcité n’a jamais tué personne” (La laicità ha mai ucciso qualcuno). Ovviamente, da un Presidente della Repubblica francese non si può aspettare memoria storica. Potremmo ricordargli i misfatti della laicissima Repubblica francese lungo tutta la sua storia, in Patria e in varie parti nel mondo, a partire dalla Revoluzione francese, ma basta parlargli della sua nascita e in particolare del Terrore.

Il Terrore è il periodo della Rivoluzione francese che inizia con l’espulsione dei Girondini dalla Convenzione (2 giugno 1793) e termina con la caduta del capo del partito giacobino de Robespierre (9 termidoro, 27 luglio 1794). Il potere – accentrato nelle mani di de Robespierre e dei suoi più immediati collaboratori, come Saint-Just – fu esercitato mediante il ricorso alla violenza sistematica contro i nemici. Sospesa l’applicazione della Costituzione del 1793, il regime fu retto dal Comitato di salute pubblica, che dirigeva la diplomazia, la guerra e la vita economica; e dal Comitato di sicurezza generale, che applicava le nuove leggi sui sospetti e regolava l’attività dei tribunali straordinari. L’abolizione dell’istruttoria e degli avvocati difensori, la rapidità del giudizio e la pubblicità del voto dei giurati, l’elevatissimo numero delle condanne capitali, qualificarono il Terrore soprattutto dal punto di vista giudiziario.

Durante questo periodo furono giustiziate migliaia di persone accusate o semplicemente sospettate di compiere attività anti-rivoluzionarie, come i Girondini, gli appartenenti all’associazione politica così detta Club dei Girondini, perché aveva sede nell’ex convento parigino dei domenicani (Jacobins) nella via Saint-Honoré. Sorto nel maggio 1789 come Club breton, divenuto poi Société des amis de la constitution, il Club dei Girondini, prevalentemente monarchico-costituzionale fino alla metà del 1790, si orientò rapidamente verso concezioni di repubblicanesimo intransigente.

Il Comitato di salute pubblica ordinò inoltre la chiusura dei giornali d’opposizione e dei club anti-Giacobini e promulgò le cosiddette “Leggi dei sospetti”. La sommossa cattolica anti-rivoluzionaria (“per Dio e il Re”) dei contadini in Vandea, scoppiata nel marzo 1793, fu duramente repressa. Avevano dalla loro il fatto che nella nuova versione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, pubblicata nel 1793, l’articolo 35 prevedeva: “Quando il governo viola i diritti del popolo, per il popolo e per ogni parte del popolo, l’insurrezione è il più sacro di tutti i diritti e il più indispensabile di tutti i doveri”.

Il popolo francese cominciò a mostrarsi insofferente nei confronti della dittatura rivoluzionaria di de Robespierre, che aveva guidato nel colpo di stato i Montagnardi, appartenenti al gruppo politico radicale detto della Montagna che, durante la Rivoluzione francese, nella Convenzione nazionale (1792-95) sedeva a sinistra e, materialmente, sui seggi più in alto. Minoranza nell’assemblea, i Montagnardi attraverso il predominio sui club e le sezioni Giacobine – si impadronirono del potere nel 1793, eliminando i Girondini. Ebbero parte di rilievo durante il Terrore, ma la reazione Termidoriana segnò la loro fine.

Le spese belliche crescevano sempre di più e molti uomini adulti furono mandati a combattere, privando i campi di preziosa manodopera. Mentre nelle campagne il malcontento era causato dall’ingente numero di uomini adulti inviati al fronte, nelle città la popolazione trovava sempre più soffocante il controllo della polizia di stato. La borghesia anti-Giacobina organizzò così un nuovo colpo di stato, che portò alla condanna a morte di de Robespierre nel luglio 1794. Poiché questi avvenimenti ebbero luogo nel mese di termidoro del calendario rivoluzionario (che durava dal 19 luglio al 17 agosto del calendario tradizionale), gli autori di questo colpo di Stato furono chiamati Termidoriani.

La nobiltà perduta

“Quei re assolutistici e nemici dell’aristocrazia, infatti, si scavarono letteralmente la propria fossa. Mentre da un lato la loro dignità si secolarizzava e perdeva la sua consacrazione originaria, centralizzando, disossando e disarticolando lo Stato, sostituendo una superstruttura burocratico-statale a forme virili, dirette di autorità, di responsabilità e di parziale, personale sovranità, essi crearono il vuoto intorno a sé, perché la vana aristocrazia cortigiana nulla più poteva significare e quella militare era ormai priva di rapporti diretti col paese. Distrutta la struttura differenziale che faceva da tramite fra la nazione e il sovrano restò appunto la nazione come massa, staccata dal sovrano e dalla sua sovranità secolarizzata. Con un sol colpo, la rivoluzione spazzò facilmente quella superstruttura e mise il potere fra le mani della pura massa” (Julius Evola).

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