La scuola dell’infanzia non è un parcheggio per bambini, non è un “asilo”, termine che evidenzia una mentalità incolta e retrograda

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Oggi, a mente fredda e con il cuore riscaldato, inizio la domenica ritornando all’oggetto del mio post alle ore 23.48 del 16 ottobre, che mi ha fatto bollire il sangue e male al cuore, cioè l’Ordinanza notturna n. 80 del 16 ottobre del Governatore, più correttamente il Ras [1] della Campania Vincenzo De Luca (che fa ridere soltanto per le sue barzellette).

«++ COMUNICATO STAMPA ++ COVID-19, ORDINANZA n.80: CONSENTITA ATTIVITÀ IN PRESENZA SCUOLE 0-6 ANNI – A integrazione dell’Ordinanza n.79, su richiesta dei Sindaci pervenuta all’Unità di Crisi attraverso l’ANCI, e nelle more di specifici congedi parentali per i genitori, da domani è consentita, anche in presenza, l’attività delle scuole dell’infanzia: nidi, asili, con bambini di età compresa nella fascia della fascia 0-6 anni».

Nel mio post a mezzanotte (ringrazio il Ras della Campania di avermi fatto perdere sonno, perché il tempo NON è passato invano [2], anzi) ho già osservato il principale punctum dolens [3] in tutta questa faccenda dello saliescendi [4] della chiusura delle scuole e la retromarcia dopo neanche 24 ore, nel “consentire” l’attività anche in presenza delle scuole dell’infanzia (lasciando quindi la libertà ai sindaci, creando una confusione da manicomio a livello locale). Dopo aver elencato una serie di osservazioni, infine (ma non per ultimo di importanza), ho evidenziato che sono inaccettabile le motivazioni elencate da De Luca nella sua ordinanza n. 80.

La scuola dell’infanzia non può essere trattata come un parcheggio custodito per bambini. Alla scuola dell’infanzia si insegna il rispetto, la condivisione, la consapevolezza della propria identità, lo sviluppo dell’autonomia e la conquista delle competenze. I bambini da 3 ai 6 anni crescono sul piano dello sviluppo affettivo, cognitivo e sociale e nessun gettone nel parchimetro può ridare agli insegnanti della scuola dell’infanzia la dignità che stasera, con le motivazioni aberranti, il Governatore della Campania ha calpestato con l’integrazione della sua ordinanza. Con questo il Ras della Campania ha asfaltato inun colpo quasi 100 anni di scienze della pedagogia (ne può andare fiero, di questa impresa di rottamazione). Certamente la pedagogista Maria Montessori [5] si è girata nella sua tomba.

Questa mattina ho ricevuto un commento della Dott.ssa Valentina Vilano, psicologa clinica e docente di sostegno nella scuola dell’infanzia (che di pedagogia ne sa qualcosa), che volentieri faccio seguire. Perché va meditato in ogni suo parte. Perché da questo dipende il futuro delle prossime generazioni, ragionamento a cui ovviamente il Ras della Campania non è in grado di arrivare, visto che è un analfabeta funzionale e un ignorante (che non è un insulto, ma la costatazione del fatto che ignora, che gli manca la metacognizione), che pensa solo al suo proprio tornaconto:

«Con il termine “asilo” [6] si evidenzia una mentalità incolta e retrograda. L’asilo di cui parla oggi il Governatore o chi per lui è una sorta di parcheggio nel quale il bambino staziona, giocando e socializzando, in attesa di entrare nella scuola vera e propria. La scuola dell’infanzia è invece molto di più; essa è scuola in quanto luogo di esperienze, di apprendimenti e di interazione con gli altri bambini e con il mondo degli adulti. È il primo posto nel quale il bambino sperimenta la propria autonomia, lo stare con gli altri, l’applicazione delle regole nei contesti sociali, l’esplorare il mondo uscendo per la prima volta dal proprio rassicurante ambiente. Ecco, se ancora oggi si definisce asilo per bocca dei nostri governanti, noi docenti possiamo anche appendere la nostra professionalità al chiodo. Perché è morta la pedagogia e i suoi innumerevoli studi. È morto lo spirito metacognitivo, che sin dalla tenera età si potenzia e sviluppa, così da creare adulti pensanti che trovandosi un giorno in una cabina elettorale possano utilizzare il cervello per scegliere chi davvero è all’altezza della missione, che un politico dovrebbe avere per il bene dell’intera collettività. Firmato, una docente che nonostante tutto continuerà a credere nell’importanza della scuola, quella Vera, quella Libera!»(Valentina Villano).

Stimata Dott.ssa Valentina Villano, ogni parola che scrivi è oro, per chi usa ancora cuore e cervello, ma margaritas ante porcos, letteralmente gettare perle dinanzi ai porci, cioè dare qualcosa di veramente bello, prezioso o importante a colui che non ne è degno o che comunque non è in grado di apprezzarlo (e preferisce il lanciafiamme e la forza militare per obbligare, invece l’educazione partendo dalla SCUOLA DELL’INFANZIA per spiegare, capire e accompagnare a diventare CITTADINI, non sudditi da menare… I Borbone delle Due Sicilie a Palazzo Reale erano mille volte migliore del Ras, che invece va alla perfezione per Zelig, non per sedersi a Palazzo Santa Lucia). Ma questa ignoranza di chi ci “governa” non deve farmarci. Un abbraccio e coraggio! Non farti scoraggiare. I tuoi bambini hanno bisogno di te, bravissima maestra e educatrice preparata.

Il Ras Sejum Mangascià (Agawmedir, 21 giugno 1887 – Addis Abeba, 15 dicembre 1960) con alcuni altri tra i numerosi ras etiopici dell’Impero abissino, ricevuti a Roma nel 1936 da Benito Mussolini dopo la conquista italiana dell’Etiopia.

[1] Ras, dall’amarico e tigrè “testa, capo; sommità”:
– nell’Impero di Etiopia: il titolo della più alta dignità nella gerarchia dello stato, dopo il negus, e anche dei sovrani o dei capi feudali delle maggiori province;
– in senso figurativo, spregiativo: piccola autorità locale, che esercita il suo ufficio con atteggiamenti dispotici e tronfia consapevolezza di sé; anche riferito, talvolta, ai capi della delinquenza organizzata o della malavita, in quanto esercitino localmente il loro potere;
– in passato: soprattutto espressione polemica usata per indicare i gerarchi e capi locali del fascismo.

[2] Invano: senza costrutto, giustificazione o utilità alcuna.

[3] Punctum dolens: punto malato, dolorante.

[4] Saliscendi: successione di salite e discese, con cui in Campania si indica anche l’accensore, l’andare su e giù senza capo ne coda, senza meta.

[5] Maria (Tecla Artemisia) Montessori (Chiaravalle, 31 agosto 1870 – Noordwijk, 6 maggio 1952) è stata un’educatrice, pedagogista, filosofa, medico, neuropsichiatra infantile e scienziata italiana, internazionalmente nota per il metodo educativo che prende il suo nome. Fu tra le prime donne a laurearsi in medicina in Italia.

Il Metodo Montessori è un sistema educativo sviluppato da Maria Montessori, adottato in circa 60.000 scuole dell’infanzia, elementari, medie e superiori in tutto il mondo (con maggiore concentrazione negli Stati Uniti, in Germania, nei Paesi Bassi e nel Regno Unito, ma presente anche in Italia), al servizio dei bambini compresi nella fascia di età dalla nascita fino a diciotto anni. La pedagogia montessoriana si basa sull’indipendenza, sulla libertà di scelta del proprio percorso educativo (entro limiti codificati) e sul rispetto per il naturale sviluppo fisico, psicologico e sociale del bambino, mirando a sviluppare una sorta di «educazione cosmica», cioè un senso di responsabilità e di consapevolezza verso la rete di relazioni che collega ogni entità microcosmica al contesto generale macrocosmico.

[6] Asilo: in origine, il diritto d’immunità che acquista chiunque si rifugia in un luogo sacro ovvero presso una cosa sacra; edificio destinato a ospitare, temporaneamente o permanentemente, persone bisognose di ospitalità, sorveglianza o assistenza. Dal latino “asylum” e questo dal greco “(hieròn) ásylon” [(tempio) senza sýlē], cioè senza diritto di cattura.
Le esperienze originali degli “asili” (infantile o nido) (oggi correttamente “scuole dell’infanzia) risalgono al XVIII secolo. In Italia, il 17 giugno 1850 a Milano viene fondato il primo “Ricovero per lattanti” per i figli delle operaie, istituzione laica e gratuita, grazie alla filantropa Laura Solera Mantegazza e a un gruppo di studiosi che denunciano il fenomeno dell’abbandono minorile. Altri “asili nido” verranno fondati successivamente a Milano, e nella stessa città, grazie a questi interventi, verrà abolita, nel 1868, la “Ruota degli esposti”, dove i bambini venivano abbandonati. Il regime fascista istituisce nel 1925 l’Opera Nazionale Maternità e Infanzia, che ha come obbiettivi la difesa ed il potenziamento della famiglia e della natalità. L’opera sostiene le madri bisognose e indigenti, promuove la diffusione di conoscenze scientifiche riguardo alla puericultura e istituisce la creazione di “asili nido”, con carattere assistenziale, nelle fabbriche in cui lavorano più di 50 donne. Tra i primi esempi di “asili nido” aziendali, sostenuti da istituzioni fasciste, spicca l’asilo della Filanda Maiani di Forlì, che nasce (prima ancora dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia) il 1º marzo 1923, con l’appoggio del Fascio Femminile. La legge che istituisce gli “asili nido” veri e propri è del 1971, con la legge 1044/71, che definisce l’“asilo nido” come un “servizio sociale di interesse pubblico”. La sua funzione è solo assistenzialistica, cioè un parcheggio per bambini, e non viene fatto cenno alle potenzialità educative che oggi si chiama correttamente “SCUOLA dell’infanzia”.
La parola “asilo” ha la stessa radice di “asino”, parola usato in senso figurativo come simbolo della tardità di ingegno, dell’ignoranza, della inciviltà e usato in senso figurativo per indicare l’uomo zotico, ignorante, incivile. Ed è quello che vogliono che diventiamo: una massa non pensante, atea ed ubbidiente pedissequamente, sempre di più verso il basso.

Foto di copertina: Montessori phonograms.

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