Dolore e Dio

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L’Udienza generale di oggi 14 ottobre 2020 ha visto una catechesi raffinatissima di Francesco. Sul dolore. Quel tema che spesso viene indicato dagli atei come prova della non esistenza di Dio. Come può un Dio lasciare i suoi figli al dolore? Le parole di Francesco sono di straordinaria profondità. Frutto di una lunga meditazione. Gesù ha pianto con noi, si è fatto uomo per piangere con noi. Dio è sempre pronto ad accoglierci, quand’anche fossimo stati condannati da tutto il mondo.

Il lirismo di questa predicazione è potente. Permea e deve permeare la comunità cristiana. La coerenza di tale visione, che può essere anche rigorosa, tuttavia come dice lui non ci può staccare mai dalla Pietà. È proprio in virtù di questa profonda consapevolezza, – Francesco dice giustamente, quando preghiamo sappiamo che siamo preziosi agli occhi di Dio – che la comunità cristiana – aggiungiamo noi – è chiamata alla Unione in nome di questa Clemenza.

Ma inoltre – sempre a nostro dire – quando ci sarà questa Unione ci sarà anche la disunione di Satana. Satana è in questo mondo. E allora come dovrà reagire la comunità dei fedeli? Può immaginarsi una comunità dei fedeli distinta come ai tempi di Gesù, di San Paolo… dai gentili e dagli ebrei? O questa straordinaria Riflessione è destinata a sciogliersi nel melting pot ideologico dell’unica lingua della città di Babele? La lingua del pensiero unico relativistico? Che Dio disperse nelle tante lingue? Perché la vittoria sulla sofferenza, non è nella consolazione che è condivisione della medesima, ma nella Resurrezione. La Resurrezione va oltre la morte.

In sostanza. la predicazione di Francesco ha la suggestione della condivisione (in una prospettiva antropologica), ma manca della dimensione escatologica e metafisica, che sola porta Pace e vince il dolore. Ovvero manca della visione cristiana. Ma la visione cristiana confligge sia con il dialogo interreligioso, che con quello interculturale, con il laicismo-relativismo.

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