“Domani” e “Financial Times” rivelano altri particolari sullo scandalo finanziario della Segreteria di Stato di Sua Santità

Condividi su...

L’aggregatore para vaticano “Il Sismografo” ha riportato per intero l’articolo di Emiliano Fittipaldi su “Domani” del 9 ottobre 2020, in cui rivela che fu Giuseppe Maria Milanese, l’amico di Francesco (“il beniamino del papa”, lo definisce Fittipaldi), godendo della sua fiducia, ad introdurre in Vaticano persone a lui vicini, tra cui il finanziere Gianluigi Torzi.
Anche il Financial Times di Londra è tornato ad occuparsi dello scandalo finanziario della Segreteria di Stato di Sua Santità: “Il Vaticano vende beni derivanti da beneficenza per rimborsare un prestito di Credit Suisse per 242 milioni di euro” https://www.ft.com/content/8280146f-dc86-4007-a579-7a9711be927c.

Scrive Fittipaldi: «Fu Milanese a chiamare Torzi». Molte le contestazioni mosse all’imprenditore Milanese, che però non risulta indagato, né nello Stato della Città del Vaticano, né in Italia. «Giuseppe Maria Milanese, chi era costui? Il presidente di una grande cooperativa che aiuta i disabili o uno dei grandi protagonisti dello scandalo finanziario che sta terremotando la Santa Sede? A leggere le carte inedite dell’inchiesta dei magistrati del papa, gli inquirenti sembrerebbero non avere dubbi: “Milanese è la figura che unisce tutti gli attori coinvolti in questa vicenda”, scrivono in una rogatoria i promotori di Giustizia. “Godendo della fiducia del Santo Padre, ha introdotto in Vaticano persone a lui vicine, anche con precedenti penali”. Per i pm Gian Piero Milano e Alessandro Diddi sarebbe stato infatti Milanese a far entrare il finanziere Gianluigi Torzi (indagato per estorsione e riciclaggio) nelle grazie della segreteria di Stato, e successivamente nel disastroso business del palazzo londinese. È ancora Milanese, si legge nel documento, l’uomo che farebbe affari poco chiari con altri indagati eccellenti, e l’imprenditore che vince appalti d’oro all’ospedale Bambino Gesù grazie a presunte raccomandazioni».

«Le accuse – rivela Fittipaldi su “Domani” – sono devastanti, e destano ora più di un imbarazzo. Non solo perché il professionista originario di Mesagne, secondo un documento redatto da Tirabassi e citato nella rogatoria (senza peraltro ulteriori evidenze), sarebbe sospettato addirittura “di forti legami con ambienti e persone della camorra pugliese”. Ma perché la denuncia travolge un amico fidato di Francesco, che stima il lavoro di Milanese e quello della sua associazione, tanto che negli anni gli incontri ufficiali e informali tra i due non si contano, con tanto di foto e video a dimostrarlo. Possibile che il papa si sia fidato della persona sbagliata? O gli investigatori hanno invece preso un granchio colossale?».

Da parte sua, il Financial Times rivela, che la Segreteria di Stato ha usati i soldi provenienti dalla beneficenza per finanziare l’acquisto di immobili di lusso a Londra [ne abbiamo scritto su questo “Blog dell’Editore”: Scandalo 60SA. La lente degli inquirenti giudiziari vaticani sul palazzo di Sloane Avenue si allarga a sospetta truffa su altri 4 palazzi londinesi – 21 settembre 2020], determinando una «perdita enorme» per la Chiesa Cattolica Romana, secondo l’espressione usata da chi conosceva direttamente il prestito. Secondo un documento visionato dal giornale economico finanziario britannico, il prestito fornito dal Credit Suisse era garantito da un portafoglio titoli – che la Santa Sede ha definito «derivato da donazioni» – gestito dalla filiale di Lugano della banca svizzera. La notizia che il fondo di beneficenza della Segreteria di Stato è stato ipotecato per effettuare pericolosi investimenti finanziari, si aggiunge alle recenti rivelazioni secondo cui la Segreteria di Stato si è impegnata in complesse operazioni finanziarie, che hanno causato ingenti perdite. Il Financial Times scrive che il Cardinale Angelo Becciu, che ha supervisionato questi investimenti tra il 2011 e il 2018, il mese scorso è stato accusato da Papa Francesco di appropriazione indebita, pur negando e annunciando che si difenderà, non ha risposto alle domande circa le donazioni usate come garanzia per i prestiti finalizzati a finanziare investimenti immobiliari. «Il Vaticano – che a sua volta, sostiene il Financial Times, si è rifiutata di commentare – ha scelto di ridurre volontariamente il suo debito verso le banche piuttosto che essere costretta a vendere i suoi beni, ha detto una persona informata. La Santa Sede, infatti, sta cercando di ridurre la sua esposizione creditizia». Secondo un rapporto finanziario confermato dal Financial Times, la metà del patrimonio netto della Santa Sede nel portafoglio del Credit Suisse, pari a 530 milioni di euro, era rappresentata da un fondo lussemburghese, Athena Capital. Il Credit Suisse era depositario del portafoglio, ma non ha fornito consulenza in materia di investimenti. La Fondazione Athena avrebbe investito la maggior parte del denaro in un progetto di sviluppo di un condominio di lusso per uffici al numero 60 di Sloane Avenue, nell’area londinese di Chelsea.

Intanto, è da sottolineare che Fittipaldi accenna anche al settore della sanità, in particolare l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che nasce a Roma nel 1869 come primo vero ospedale pediatrico italiano, sul modello dell’Hôpital des Enfants Malades di Parigi, per iniziativa dei Duchi Salviati e nel 1924 viene donato alla Santa Sede, diventando a tutti gli effetti l’Ospedale del Papa. Quindi, l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù è una Istituzione della Santa Sede, da cui dipende direttamente per le funzioni di indirizzo e vigilanza. Presidente del Consiglio di Amministrazione è Mariella Enoc e i Consiglieri sono Mons. Luigi Mistò, Duchessa Maria Grazia Salviati, Duchessa Valentina Bonomo in Salviati, Giuseppe Dalla Torre, Patrizio Polisca, Giulio Cesare Nicotra, Mons. Piero Gallo, Mons. Renzo Pegoraro, Carlo Salvatori, Maria Bianca Farina, Francesca Rebecchini.

A questo punto, ricordiamo che il Consigliere del Bambino Gesù Mons. Luigi Mistò è Presidente (confermato per un’altro quinquennio dal Segretario di Stato il 16 giugno 2020 e lo è per questo preciso motivo) della “Commissione per le attività del settore sanitario delle persone giuridiche pubbliche della Chiesa” presso la Segreteria di Stato, istituita il 12 dicembre 2015, nonché Presidente del FAS-Fondo Assistenza Sanitaria dello Stato della Città del Vaticano, e dal 14 aprile 2015 anche Segretario della Sezione amministrativa della Segreteria per l’economia. Fino al 14 novembre 2019 ricopriva pure la carica di Coordinatore ad interim del medesimo organismo, dopo il congedo concesso il 29 giugno 2017 all’allora Prefetto Cardinale George Pell (Prefetto dal 24 febbraio 2014 al 24 febbraio 2019) per difendersi nei tribunali australiani, sostituito da Padre Juan Antonio Guerrero Alves, S.I., proprio mentre la Segreteria di Stato è investito dall’indagine penale della magistratura vaticana sull’uso di ingenti fondi riservati per discussi investimenti immobiliari di pregio a Londra, oltre che dall’imperativo categorico di far quadrare bilanci in forte deficit”.

Con l’occasione sottolineiamo che abbiamo mai ricevuto una risposta alla nostra domanda rivolta a Mons. Mistò, circa il motivo della sua presenza nel sopralluogo del 23 marzo 2015 a Londra per l’acquisto dell’immobile di lusso al numero 60 di Sloane Avenue, oggetto dell’investigazione giudiziaria vaticana. Domanda che abbiamo ripetuto il 22 luglio 2020: “Perché era presente al sopralluogo a Londra nell’ambito dell’acquisizione da parte della Segreteria di Stato del palazzo al numero 60 di Slaone Avenue, insieme a Mons. Alberto Perlasca, come indicato da Nuzzi nel 2019?”.

Ricordiamo anche quanto abbiamo scritto l’8 luglio [In merito alla Dichiarazione odierna del Presidente del Fondo di Assistenza Sanitaria SCV. Un chiarimento e delle domande]: «Considerato ciò, occorre chiarire che il nome di Mons. Mistò viene fatto nel libro di Gianluigi Nuzzi “Giudizio Universale” (Chiarelettere 2019). A pagina 80 del capitolo “Diavolo nei sacri palazzi” colloca Mons. Luigi Mistò il 23 marzo 2015 a Londra: “Ora, è pervenuta da parte della Cb Richard Ellis Spa, primaria società di intermediazione immobiliare inglese, una proposta particolarmente interessante. Tanto che in data 23 marzo 2015 monsignor Luigi Mistò, il professor Della Sega e monsignor Alberto Perlasca hanno compiuto un sopralluogo, prendendo diretta visione dell’immobile. Si tratta di un blocco immobiliare ubicato nel centro di Londra, con esterno in mattoni rossi, in buono stato di conservazione”. Finora non abbiamo messo in dubbio quanto dichiarato dal Card. Becciu circa i fondi dell’Obolo di San Pietro e non abbiamo motivo di mettere in dubbio la Dichiarazione odierna di Mons. Mistò circa i fondi del FAS. Visto che questa sua Dichiarazione include anche una velata minaccia di adire alle vie legali, sarebbe opportuno, che il Presidente del FAS rispondesse sul punto, cioè in merito alla sua presenza a Londra per il sopralluogo insieme a Mons. Perlasca, come è stato affermato da Nuzzi nel suo ultimo libro».

Esclusivo. Vaticano, tutte le accuse all’amico del papa: «Fu Milanese a chiamare Torzi»
di Emiliano Fittipaldi
Domani, 9 ottobre 2020

Giuseppe Maria Milanese, chi era costui? Il presidente di una grande cooperativa che aiuta i disabili o uno dei grandi protagonisti dello scandalo finanziario che sta terremotando la Santa sede? A leggere le carte inedite dell’inchiesta dei magistrati del papa, gli inquirenti sembrerebbero non avere dubbi: «Milanese è la figura che unisce tutti gli attori coinvolti in questa vicenda», scrivono in una rogatoria i promotori di Giustizia. «Godendo della fiducia del Santo Padre, ha introdotto in Vaticano persone a lui vicine, anche con precedenti penali». Per i pm Gian Piero Milano e Alessandro Diddi sarebbe stato infatti Milanese a far entrare il finanziere Gianluigi Torzi (indagato per estorsione e riciclaggio) nelle grazie della segreteria di Stato, e successivamente nel disastroso business del palazzo londinese. È ancora Milanese, si legge nel documento, l’uomo che farebbe affari poco chiari con altri indagati eccellenti, e l’imprenditore che vince appalti d’oro all’ospedale Bambino Gesù grazie a presunte raccomandazioni.
Le accuse sono devastanti, e destano ora più di un imbarazzo. Non solo perché il professionista originario di Mesagne, secondo un documento redatto da Tirabassi e citato nella rogatoria (senza peraltro ulteriori evidenze), sarebbe sospettato addirittura «di forti legami con ambienti e persone della camorra pugliese». Ma perché la denuncia travolge un amico fidato di Francesco, che stima il lavoro di Milanese e quello della sua associazione, tanto che negli anni gli incontri ufficiali e informali tra i due non si contano, con tanto di foto e video a dimostrarlo. Possibile che il papa si sia fidato della persona sbagliata? O gli investigatori hanno invece preso un granchio colossale?
Le contestazioni all’imprenditore (che non risulta indagato né in Vaticano né alla procura di Roma) sono molte. Nel mirino sono finiti innanzitutto i rapporti con Torzi e il suo socio, Manuele Intendente, soggetti che secondo i magistrati avrebbero causato con l’operazione inglese un buco «da oltre 100 milioni di euro» nelle casse della segreteria di Stato. L’accusa dei pm è che sarebbe stato proprio Milanese ad aprire loro le porte del Vaticano.
Varie operazioni sospette
Anche il Sostituto Edgar Peña Parra sostiene la stessa tesi: in una lettera finora inedita spedita il 22 marzo 2019 all’Autorità di informazione finanziaria (e sequestrata nelle perquisizioni di un anno fa) il monsignore evidenziava non solo come «nel mese di novembre 2018 la segreteria di Stato decideva di procedere al disinvestimento totale delle quote» del fondo di Mincione «con l’obiettivo di focalizzare l’investimento esclusivamente» sul palazzo di Sloane Avenue 60, ma pure di volersi affidare «al dottor Gianluigi Torzi, presentato dalla segreteria di Stato per il tramite dell’avvocato Manuele Intendente di Ernst&Young e del professor Renato Giovannini, rettore vicario dell’Università degli studi “Guglielmo Marconi”, a loro volta introdotti dal dottor Giuseppe Milanese e dal signor Andrea Falcioni, entrambi conosciuti in Vaticano». Una ricostruzione clamorosa, visto che Peña Parra di fatto spiega all’antiriciclaggio di essersi fidato di Torzi per i buoni uffici che il broker vantava con l’amico di Francesco.
Oltre al presunto sodalizio con il presunto «estortore» (smentito da Milanese nell’intervista a fondo pagina) i magistrati puntano il dito su varie operazioni del presidente di Osa. In primis segnalano che nel 2016 la cooperativa avrebbe emesso un prestito azionario «per un importo complessivo di 9,9 milioni di euro», sottoscritto tra gli altri dalla «Segreteria di Stato per una quota di 2,3 milioni di euro». Un affare avvenuto anche con l’intervento di «monsignor Mauro Carlino (indagato, ndr) a cui era stato proposto inizialmente un investimento a titolo personale, di Fabrizio Tirabassi (indagato, ndr), che risulta in rapporti con Milanese fin dal 2015, e di Enrico Crasso». Nelle carte spunta pure una bozza di contratto di consulenza tra Osa e Tirabassi del 2017 («L’oggetto dell’incarico è molto generico, “messa a disposizione del know how”…non è possibile sapere se effettivamente sia stato sottoscritto») e la prova di un accordo commerciale tra Milanese e la società Sogenel di Crasso, con una commissione finale da 40mila euro a favore del banchiere.
Altri contributi
Milanese – dice la rogatoria – avrebbe provato poi ad imbastire un’operazione simile anche con Torzi: «Nel novembre 2018, a cavallo dell’operazione Gutt Sa, la Osa conferisce un incarico di consulenza alla Sunset Credit Yield di Torzi e [Omissis]», scrivono i promotori spiegando che a loro parere Milanese stava tentando di vendere «un portafoglio di crediti» della cooperativa pari a 24 milioni di euro. L’affare alla fine però saltò.
La rogatoria segnala che Osa di Milanese, oltre a beneficiare dei 2,3 milioni ottenuti dal Vaticano per i suoi bond, ha avuto altri «contributi erogati direttamente dal conto Apsa della segreteria di Stato per 350mila euro». Si tratta di soldi prelevati dal fondo riservati dell’Obolo di San Pietro, lo stesso da cui il cardinale Angelo Becciu, licenziato due settimane fa dal papa, ha attinto per girare 100mila euro alla Caritas della diocesi di Ozieri. Denaro destinato, secondo l’accusa, alla cooperativa del fratello Tonino.
L’ultimo sospetto riguarda un appalto da ben 23,3 milioni che la cooperativa di Milanese avrebbe ottenuto dal Bambino Gesù: l’ipotesi dei due pm è che Tirabassi e Milanese si fossero attivati per piazzare al nosocomio guidato da Marinella Enoc tal Stefano Calamelli, dal 2018 «direttore L.A.P. e Convenzioni area sanitaria, funzione apparentemente creata ad hoc. Allo stato delle indagini», chiosano, «non è stato possibile verificare se Calamelli abbia in qualche modo potuto aiutare Osa a vincere questo appalto». Scenari tutti da verificare, anche perché la sfilza di accuse non sembra abbia retto a tre interrogatori avvenuti lo scorso aprile, nei quali Milanese ha provato a demolire le imputazioni a suo carico: gli avvocati di Milanese si dicono oggi sereni, mentre fonti vicino alla gendarmeria spiegano che le responsabilità dell’amico del papa non «sarebbero affatto così gravi» come segnalato nella rogatoria. Insomma il beniamino del papa potrebbe presto uscire dall’inchiesta. «Speriamo solo – chiosano i legali di altri indagati eccellenti – che gli inquirenti usino stessi pesi e misure. E non si faccia a chi figli e chi figliastri».

Free Webcam Girls
151.11.48.50