A L’Aquila: il volontariato è la sfida del futuro

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Fino  al 7 ottobre L’Aquila ha vissuto tre giorni di condivisione, di confronto e di dibattito per riflettere sul ruolo che assume il volontariato nel contesto nazionale, europeo e internazionale e su come possa apportare un fattivo contributo all’uscita dall’attuale crisi e concorrere ad un generale ripensamento del modello di società e di sviluppo. I volontari, riuniti in otto gruppi tematici dislocati in altrettante zone simbolo della città, hanno dato vita ad un animato dibattito su alcuni temi chiave e, nel ribadire il loro impegno nella cura del bene comune e nella difesa dei diritti dei più deboli, hanno sintetizzato le loro richieste e i loro impegni in una ‘lettera al paese’, rivolta alle componenti sociali, istituzionali, politiche, produttive ed economiche:

 

“Chiediamo di rimettere al centro delle scelte politiche, economiche, culturali ed amministrative la persona umana, criterio, cifra e misura di ogni politica. Chiediamo che il volontariato sia riconosciuto come un moltiplicatore di risorse relazionali ed economiche, in grado di contribuire alla governance delle nostre comunità e dei nostri territori. Non possiamo accettare di essere chiamati solo ad attuare scelte fatte da altri o a coprire le carenze dei servizi pubblici, delle Amministrazioni e delle istituzioni. Chiediamo di incidere sulla determinazione delle politiche locali, nazionali e globali, sui temi di cui ci occupiamo. Chiediamo alla politica, alle amministrazioni, alle aziende che facciano della legalità, dell’etica del bene comune, della solidarietà e della sobrietà la base di qualsiasi comportamento personale e collettivo. Chiediamo di conseguenza la trasparenza necessaria per costruire rapporti corretti. Il volontariato difende la propria autonomia e rifiuta logiche clientelari o di strumentalizzazione”.

 

In base a queste richieste il volontariato ha individuato alcuni temi prioritari sui quali agire: dall’inserimento di programmi specifici nella scuola all’applicazione dei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale; dall’approvazione di una legge contro la corruzione che preveda il riutilizzo nel sociale delle risorse liberate e dei beni confiscati alla semplificazione delle pratiche burocratiche e amministrative; dalla stabilizzazione del 5 per mille all’istituzione di un registro delle reti nazionali di volontariato, senza tralasciare l’importanza strategica di una comunicazione sociale più articolata ed efficace. Il sottosegretario al ministero del lavoro e delle politiche sociali, Maria Cecilia Guerra, nel suo intervento conclusivo ha risposto: “Mentre il volontariato si interroga sul proprio ruolo è giusto che anche lo Stato si interroghi sul proprio, ossia sul fatto che in alcuni campi, in particolare quello delle politiche sociali, bisogna riprendere con forza in mano la responsabilità nei confronti dell’insieme dei cittadini: un ruolo che in questo momento non è sufficientemente presidiato. Perché parlare di politiche sociali nel nostro Paese significa mettere in piedi istituiti e relazioni con interventi che permettono alle persone di riappropriarsi del proprio progetto di vita, progetto che può comprendere il fatto di avere figli, accudire gli anziani, partecipare alla vita sociale, cose che al momento risultano molto difficili in mancanza di un supporto adeguato”.

Mentre il ministro Elsa Fornero ha elogiato il volontariato: “Voglio ragionare con voi da economista  e riflettevo sul significato del volontariato. Per gli economisti è difficile trovare una collocazione, perchè gli economisti usano rappresentare l’agire delle persone come motivato da un desiderio di massimizzazione dell’utilità. Ma la pulsione verso la condivisione è sicuramente un tratto di conforto nella nostra vita soprattutto nei momenti in cui sembra esserci molta sofferenza, egoismo, scarsa partecipazione. Anche gli economisti stanno studiando la gratuità di certi scambi che è alla base della gioia del dono. Un altro elemento imprescindibile del volontariato è l’essere terzo settore, punto di congiunzione fra un’attività che è meramente privata e una che è meramente pubblica. E’ esattamente l’anello di congiunzione che talvolta manca fra l’essere privato ed essere istituzione. Lo Stato ha bisogno dell’azione del volontariato perchè senza questa azione le istituzioni, nazionali e locali, finirebbero per essere distanti, qualche volta troppo burocratiche, frettolose. Queste sono le vostre caratteristiche”.

Dopo gli interventi istituzionali, sono stati i docenti universitari ad animare le giornate della Conferenza Nazionale del Volontariato; il primo ad intervenire è stato il sociologo Mauro Magatti, professore all’Università Cattolica di Milano, che ha fornito una ‘fotografia’, anche in chiave critica, del volontariato italiano: “Si parla del volontariato nella crisi. Ma non si afferma abbastanza che il volontariato è un elemento prezioso nella stabilizzazione della democrazia. Oltre a questo è fondamentale nella moltiplicazione della ricchezza. Per la gente poi il volontariato può essere importante per aiutare ad imparare a fare le cose, a stare con gli altri e capire la realtà. Poi è un laboratorio sperimentale utile a fare innovazioni e sperimentazioni. Il volontariato non è un piccolo mondo antico tutto ‘rose e fiori’, non è un retaggio del passato, ma qualcosa che riguarda il futuro. Altra sua caratteristica è infatti quella di saper avviare rapporti strutturati con altri soggetti. Poi dobbiamo considerare che il volontariato ha arricchito il suo campo di azione, aprendo molti nuovi settori. Il primo messaggio che voglio dare a questa conferenza è che il volontariato deve ulteriormente acquisire la consapevolezza di se stesso. Ed ha, finito il tempo delle risorse infinite, una grande responsabilità per contribuire a far capire come è possibile usare le risorse al meglio e rintracciare dei modi di stare insieme improntati a costruire le alleanze che salvano tutti. Il volontariato non aiuta a risparmiare, ma ad usare meglio le proprie risorse ed includere nella propria azione ambiti che sono trascurati”.

Il prof. Giuseppe Cotturri, docente all’Università di Bari, ha ricordato la lezione dei ‘padri’ del volontariato, citando i Monsignori Nervo e Pasini e Luciano Tavazza: “I grandi maestri del volontariato italiano non lo hanno mai concepito come caratterizzato principalmente dalla carità, ma dalla sua capacità di operare per una società migliore. L’obiezione che viene fatta è che non ci sono risorse. Ma se ne potrebbe trovare per esempio tassando le transazioni finanziarie internazionali o con altri provvedimenti come quelli contro la corruzione”. Infine il prof. Andrea Volterrani, sociologo all’Università di Roma Tor Vergata, ha incentrato il suo intervento sul rapporto tra  comunicazione e volontariato: “Il volontariato non si pone più il problema di fare politica, non è capace più di creare connessioni perchè è incapace di pensare a cose più grandi e a cosa gli sta intorno. E’ possibile fare di più con meno risorse, ma non fare peggio. Il volontariato deve essere più popolare, non può dimenticarsi che parla a tutti e non solo a sé stesso e deve comunicare con lo stesso standard che usa il mercato. Poi deve ritrovare la capacità di ritrovare le narrazioni, le storie… Il volontariato può contribuire di più al cambiamento se si pone il problema della comunicazione”.

 

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