Mons. Crociata lancia la sfida cristiana per ‘rianimare la speranza’

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L’Anno pastorale della diocesi di Latina-Terracina- Sezze-Priverno è caratterizzato da un cammino fortemente orientato alla dimensione spirituale, anche in considerazione di ciò che le comunità stanno vivendo a causa della pandemia, come ha detto mons. Mariano Crociata presentando la Lettera pastorale dal titolo ‘Non ardeva forse in noi il nostro cuore?’:

“Questa situazione inedita ci interpella e chiede di contrastare innanzitutto la tentazione di una attesa inoperosa, e poi anche quella di promuovere improvvide iniziative. Raccogliamo il suggerimento che scaturisce dal senso spirituale del momento, che consiste nel dare adempimento alla nostra vocazione cristiana e alla responsabilità della missione ecclesiale riappropriandoci delle loro dimensioni costitutive”.

Ai sacerdoti indica la strada del discernimento, che consiste di leggere il tempo in cui si vive: “Così introduce il tema del discernimento, cruciale per il cristiano ma che in questo periodo ha rischiato di rimanere come sospeso all’orizzonte ma che rimane un compito ancora aperto. Siamo dentro un processo di cambiamento incompiuto, di cui non è saggio affrettare conclusioni che hanno bisogno di ben altra maturazione per essere tratte. Per questo vogliamo riprendere il discernimento e chiedere al Signore di capire e di volere dove Egli ci vuole condurre”.

Ed ha scritto che la fede aiuta a dare un senso alla vita: “Ciò che la fede cristiana anche oggi è chiamata a dare, insieme a un sentimento accresciuto di fraternità e di solidarietà specialmente verso i più fragili, è indicare un orientamento e trasmettere un senso che aiuti a capire e ad indirizzare il corso degli eventi. Scopriamo che dare un senso, specialmente in condizio-ni di prova estrema, ha una funzione vitale non meno importante di altre forme di aiuto”.

Nella lettera primeggia l’icona dei discepoli di Emmaus: “Le cose potevano essere viste diversamente, forse non erano così come apparivano, ma i due non danno spazio alcuno ad altro che non sia delusione e amarezza. E il motivo che ha condotto a tale risultato è che essi avevano adottato, riguardo a Gesù, un loro metro di giudizio che ora non funziona più, e che consisteva nell’apprezzamento di Gesù per i suoi successi, per la sua parola coinvolgente e toccante, per i segni au-torevoli e i miracoli”.

Mons. Crociata quindi invita ad ascoltare Gesù: “E’ dunque il modo riduttivo, e alla fine deformante, di comprendere Gesù che impedisce di ascoltarlo vera-mente e di cogliere la portata della sua presenza e la verità della sua persona. Questo impedisce loro anche adesso di riconoscerlo: egli appare un ignaro viandante, uno straniero.

Gesù non l’hanno mai veramente ascoltato, si sono lasciati cullare da ciò che carezzava i loro desideri e alimentava le loro aspettative; non si sono mai del tutto aperti a lui, lasciando che la sua parola e il suo sguardo li scavassero den-tro e ne trasformassero dal profondo proprio i desideri e le aspettative”.

E qui entra in scena Gesù, che cambia la prospettiva: “Quello che Gesù indica, o meglio esemplifica, non è una mera lettura materiale di un testo religio-so, è uno sguardo che si distende nello spazio della fede e rilegge l’Antico Testamento alla luce della sua persona e della sua vicenda.

Non dunque una lettura pia e devota, e nemmeno un approccio moralistico o legalistico, ma una penetrazione spirituale, che ripercorre la storia di Dio con il suo popolo e ne fa ancora una volta memoria sotto l’azione dello Spirito di Gesù. Ciò che lo Spirito mette in luce è che proprio nell’avvenimento della croce di Gesù tutta la storia condotta da Dio giunge a realizzazione. Tutto ciò che Gesù è stato, ha detto e ha fatto mostra la sua coerenza e la sua verità nella morte in croce”.

Nel terzo quadro del racconto evangelica il vescovo di Latina evidenzia il gesto eucaristico di Gesù: “Di più, esso è il culmine della storia della salvezza… Il riconoscimento di Gesù è il termine di un cammino che vede crescere l’ascolto e l’attenzione, l’apertura del cuore e la disponibilità a lasciarsi cambiare dentro proprio in quelle cose che più ostinatamente resistono all’annuncio del Messia sconfitto e crocifisso”.

Quindi i discepoli di Emmaus sono nostri contemporanei, perché si lasciano interrogare davanti alle fragilità della vita: “I discepoli di Emmaus hanno avuto la grazia di venire affiancati da Gesù in perso-na e di aver vissuto in prima persona il risveglio della fede che la sua parola e la sua presenza hanno suscitato in loro.

Forse dobbiamo anche noi farci attenti a come Gesù si affianca a noi lungo il nostro cammino di vita e, se ci riflettiamo, sono tanti i modi in cui egli effettivamente si presenta. Modi che hanno l’aspetto dei fatti ordinari della vita, così ordinari da non farci nemmeno immaginare che Gesù ci stia parlando at-traverso di essi e si stia rendendo presente”.

Mons. Crociata invita a non essere ‘tiepidi’, ma ad essere inondati dalla grazia dell’Eucarestia: “Perciò abbiamo bisogno di ricominciare rileg-gendo la Scrittura con la vita e la vita con la Scrittura. Dovremmo imparare a scavare, battere e ribattere sulla parola ispirata, portando ad essa ciò che il nostro cuore custodisce con i suoi pesi e i suoi affanni, fino a che essa non cominci a sprigionare la fiamma viva che accende la fede e la ravviva sempre di più, così da riportarla dentro la vita. Questo miracolo si compirà tutte le volte che impareremo a mettere in relazione tutto di noi con la croce di Gesù, che il gesto eucaristico condensa e ripresenta”.

Ed affida ai fedeli tre ‘compiti’, perché per tutti prenda nuova consistenza lo spazio per la preghiera e per l’ascolto della Parola, è il primo dei tre compiti principali che indica Crociata nella Lettera; il secondo è quello di ‘guardare lontano’per accompagnare le nuove generazioni all’esperienza della fede e a diventare cristiani, che nasce dal progetto ‘ZeroDiciotto’; ed infine, lavorare con serenità, fiducia, speranza: “Dio è già all’opera, e proprio là dove sembra sconfitto”.

La fede è certezza che Dio è all’opera, conclude la lettera: “La tenacia di questa fede è il segre-to di ogni cammino e la risorsa che fa sperare, capace perciò di preparare un futuro che al momento può apparire inimmaginabile e perfino assurdo”.

(Tratto da Aci Stampa; Foto: Diocesi di Latina)

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