Roma: il card. De Donatis invita ad uscire ed abbracciare

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Nell’incontro dell’inizio dell’anno pastorale nella basilica di s. Giovanni in Laterano il vicario di Roma, card. Angelo De Donatis, ha incentrato la riflessione su quattro verbi: respirare, uscire, incontrare, abbracciare, che “descrivono la Chiesa il giorno di Pasqua. Respiriamo lo Spirito Santo che il Signore soffia su di noi; apriamo (superando la paura) le porte del Cenacolo per uscire verso gli altri; incontriamo gli altri e portiamo loro l’abbraccio del Risorto”.

Il vicario ha evidenziato la ‘problematicità’ dell’evangelizzazione negli adulti: “Quando una comunità cristiana smette di sognare e rinuncia a cercare quali vie nuove il Signore sta preparando per l’evangelizzazione degli adulti e dei giovani, non deve chiedersi se sta sbagliando ‘strategia pastorale’, ma deve interrogarsi su come lasciar agire al suo interno la potenza del Signore Risorto: è infatti dalla bellezza dell’incontro con Lui che nasce la gioia di evangelizzare!”

Dopo aver raccontato il cammino intrapreso il card. De Donatis ha ricordato la necessità delle relazioni: “Ora ci disponiamo a ripartire. Ma nulla è come prima. Il mondo è cambiato tanto. Anche noi siamo cambiati. E’ stata una dura esperienza, ma che ci ha costretto a non dare più nulla per scontato.

Si sente un desiderio forte, che viene dallo Spirito, di respirare, uscire, incontrarci e abbracciarci, ma il timore sembra bloccare e contraddire questa spinta. Sentiamo una certa delusione nel prendere atto che il timore trattiene molte persone lontano dalle parrocchie, dalla partecipazione alla liturgia. Eppure comprendiamo che non possiamo rinchiuderci, ma dobbiamo trovare modalità nuove di incontro, di dialogo con le persone”.

Ed ha proposto ai sacerdoti un rapporto più stretto con il popolo: “Vi propongo di privilegiare il ‘tu per tu’: se con questo metodo il numero delle persone si riduce, l’incontro però acquista un di più in qualità e profondità. Famiglie, giovani, poveri e malati: abbracciamo senza fretta le loro storie, condividiamone le loro preoccupazioni e i dolori, annunciamo la Parola toccando con delicatezza la parte più vera dell’altro.

Forse sperimenteremo che l’incontro ‘tu per tu’ non è la ‘variabile pastorale’ di quest’anno, è invece ‘una costante senza tempo’ perché è imitazione privilegiata dell’amore di Cristo. Gli altri non sono folla anonima, ma tanti ‘tu’ amati dal Signore”.

Lo stile dell’incontro è quello della casa di Nazaret: “Dovremmo tenere forse un po’ più presente Nazaret e il suo mistero: quel paesino era una realtà geografica e umana che noi oggi chiameremmo ‘di periferia’. In questa realtà, per trent’anni, Gesù non ha fatto miracoli, guarigioni o predicazioni. Possiamo per questo ricavare l’impressione di uno spreco di tempo e di energie, insieme a quella dell’imprevedibilità dei disegni di Dio, ai quali sempre ci accorgiamo di dover tornare a convertirci”.

Per realizzare tale incontro è opportuno riconoscere la presenza di Gesù: “Per rendere normale l’amore occorre riconoscere Gesù Cristo presente, fargli posto, lasciarlo agire fino a che ci conduca al di là del mare, cioè al di là di quelle realtà rispetto alle quali noi da soli non possiamo fare nulla.

Per questo è importante ascoltare, contemplare. Le nostre relazioni con le famiglie, con i figli più giovani, o con i bisognosi ammalati o fragili sono la strada concreta per vivere il nostro far posto a Gesù Cristo: sono lo spazio nel quale incontrarlo e accoglierlo. Non sono un’opera buona in più da fare, o un’altra attività pastorale in più, ma la carne di Cristo che chiede di essere amato e accolto.

Sarà questa relazione a rigenerarci, a rimettere in circolo la vita e a creare qualcosa di nuovo, frutto dell’azione di Dio e della nostra risposta”.

Ed ha concluso ricordando il compito della Chiesa romana nella città: “In questo nostro tempo, anche alla luce di quello che abbiamo vissuto con la pandemia, credo che ciò che sia chiesto alla Chiesa è contribuire a superare le divisioni tra le persone, gli individualismi, gli odi sociali, per rilanciare un rinnovamento dell’amicizia che deve esistere tra tutti gli uomini.

Non è sempre facile, ma siamo chiamati a contrapporre nei nostri contesti urbani all’odio, alla chiusura e all’intolleranza il nostro umile amore di amicizia. Questo ci si attende oggi dalla Chiesa! E’ ben altra logica rispetto a quella di chi cerca di imporre la propria ideologia o l’interesse della propria parte. Non sempre siamo consapevoli della nostra tendenza a sentirci superiori e a comportarci di conseguenza”.

Ed ha chiesto una particolare attenzione alle famiglie con gesti concreti, quale il ‘Fondo Gesù Divino Lavoratore’ : “Puntiamo davvero molto sulle famiglie: nel periodo di lockdown hanno rivelato da una parte la loro fragilità (per cui, come avete visto dalle linee pastorali, ci dobbiamo impegnare a sostenerle), ma nella maggioranza dei casi hanno rivelato anche la loro tenuta e la loro forza.

Hanno mostrato concretamente il loro volto di Chiese domestiche, la loro capacità di farsi prossime agli altri e di testimoniare il Vangelo. Non vi sembra anche questo uno di quei segnali, di quelle indicazioni chiare e forti di cammino, che il Signore ci sta donando?”

(Foto: Diocesi di Roma)

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