Mons. Delpini ai ragazzi: la libertà crea legami

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Ieri l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha inaugurato i locali dell’oratorio parrocchiale di Sant’Ilario Vescovo, nel quartiere Gallaratese, nel giorno in cui tutta la Diocesi inizia il nuovo anno oratoriano, con un richiamo alla situazione attuale e alla società, immaginata come una casa in cui vivono 5 sorelle:

“Nella Casa Libertà abitano 5 sorelle. La più piccola è la libertà bambina che ha l’abitudine dei capricci, eppure anche lei cerca gli abbracci e vuole essere coccolata. Non ama i rischi e non è pronta per le responsabilità… Poi, l’adolescente che si chiama la libertà confusa, sempre incerta e che non ascolta nessun consiglio; che è come una macchina che sta sempre agli incroci e non si decide mai per nessuna strada perché non sa dove andare. Ha mille possibilità, ma non ne realizza neppure una”.

La ‘terza libertà’ è quella ‘stanca’: “… la più grande si chiama la libertà stanca e non si aspetta niente dal futuro, si aspetta solo guai. Dice che è meglio l’inerzia e la ripetizione; che le abitudini sono più rassicuranti delle avventure e delle scelte coraggiose. Ama fare le cose che ha sempre fatto, dire le cose che ha sempre detto”.

La libertà successiva è quella ‘arrabbiata’: “La quarta è la libertà arrabbiata per la quale ogni regola e disciplina sono insopportabili, ogni richiamo suscita la sua reazione. E’ ribelle a ogni autorità, non riesce a stare con nessuno, né con gli altri e nemmeno con se stessa”.

Mentre l’ultima è “la libertà felice, quella che ha sentito pronunciare il suo nome da una voce amica che l’ha condotta nei giardini dell’amore dove si è a servizio gli uni degli altri, là dove ci sono i fratelli e le sorelle da servire. La comunità cristiana celebra oggi, come ogni domenica, la libertà felice in questa città dove ci sono tutte le 5 sorelle… Lei è dove si radunano coloro che liberamente decidono di praticare il grande comandamento”.

Ed il comandamento è il legame: “Il grande comandamento è l’offerta di quel legame d’amore che corrisponde al desiderio profondo dell’anima e che chiama alla pienezza di vita. E’, quindi, una strada di felicità, perché introduce al rapporto con il Signore che si chiama amore, superando ogni confusione e vivendo nella pace. La parrocchia e l’oratorio non sono fatti solo di mura e iniziative, sono, piuttosto, il luogo che tesse i rapporti, in cui gli adulti (in particolare la comunità educante) vogliono accompagnare i più giovani alla libertà felice.

E’ una strada di semplicità, che dura per sempre. E’ una strada di guarigione per le forme di libertà malate che affliggono coloro che abitano nella città: il mondo deve essere aggiustato, la città invoca d’essere guarita, di poter sperimentare la gioia. Ma la guarigione è possibile solo se tutto è animato dalla decisione di amare e dalla gratitudine per essere amati, cioè dalla libertà felice”.

E nella lettera in occasione della riapertura degli oratori, ‘Trasfigurati dallo stupore’, l’arcivescovo ha scritto: “I discepoli in cammino verso Emmaus raccontano la vicenda di Gesù come un fallimento deludente, secondo la cronaca degli stupidi. Ma li sorprende il viandante sconosciuto e racconta la stessa vicenda come il compimento di una missione. Li sorprende e lo stupore li trasfigura, al punto che quando Gesù condivide il pane, non vedono solo un gesto qualsiasi, ma la sua rivelazione”.

Ed ha invitato i ragazzi a lasciarsi coinvolgere come ha fatto Carlo Acutis: “Anche la storia di Carlo Acutis, morto di leucemia a 15 anni, si può leggere come un fatto di cronaca che racconta di un destino crudele che ha spezzato una promettente adolescenza. Chi è trasfigurato dello stupore riconosce invece la rivelazione della santità di un ragazzo. La festa dell’oratorio e la proposta educativa della comunità cristiana può essere ricevuta come un dono che permette la trasfigurazione: da stupidi a stupiti”.

(Foto: Diocesi di Milano)

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