I vescovi: dagli hospice cattolici parole nuove sul fine vita

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“Se il giuramento di Ippocrate vi impegna ad essere sempre servitori della vita, il Vangelo vi spinge oltre: ad amarla sempre e comunque soprattutto quando necessita di particolari attenzioni e cure”: parte da questa citazione di papa Francesco il documento, curato dal tavolo tematico di lavoro attivo presso l’Ufficio Cei per la Pastorale della Salute, ‘Una presenza per una speranza affidabile. L’identità dell’Hospice cattolico e di ispirazione cristiana, come ha sintetizzato il presidente dell’Ufficio Cei per la Pastorale della Salute, don Massimo Angelelli: “Siamo partiti dall’idea che un hospice è un hospice per riconoscere che un hospice cattolico ha una identità specifica, che integra quello delle strutture laiche, ma che è sua”.

Il testo inquadra le sfide bioetiche del fine vita ed è scaturito da un confronto di due anni tra venti strutture cattoliche: “Si è camminato molto, insieme, e si è arrivati molto più lontano di quanto si potesse ipotizzare alla partenza. Il libro contiene la sintesi di questa ricerca identitaria, uno strumento di progettualità condivisa, nuovo punto di partenza per un cammino voluto e costruito di convergenza ecclesiale e professionale”.

Il risultato più interessante di questo lavoro è dunque la conferma di uno specifico identitario. Per quanto l’attività quotidiana di un hospice laico non sia, apparentemente, diversa da quella di una struttura cristiana, nel senso che il rispetto e l’amore per il morente paiono confondersi, la terminologia utilizzata e la formazione del personale differiscono.

Nelle strutture religiose si parla di fine vita ‘terrena’ e l’operatore si relaziona all’ospite entro una dimensione spirituale che non è richiesta in una struttura laica: “I credenti sostengono il comune impegno, proprio di ogni hospice, di accompagnamento al morire umano, alla luce che scaturisce dal vivere, morire e risorgere di Gesù di Nazareth”.

Il tavolo di lavoro sugli hospice presso l’Ufficio Cei ha chiarito anche che “a chi opera nelle strutture cattoliche o di ispirazione cristiana, al medico e a tutto il personale operante nel sistema dell’hospice, tanto nelle fasi direttamente operative quanto nei processi amministrativo-gestionali, spetta di rivendicare la propria autentica libertà di coscienza, nonostante le molte pressioni, a volte indebite.

Qualora un sistema legislativo dovesse arrivare ad ammettere l’eutanasia o altre pratiche in opposizione alla vita, queste saranno considerate inconciliabili con la deontologia professionale o con il proprio orientamento religioso o le proprie profonde convinzioni etiche.

Tutti questi operatori obbediscono a un dovere superiore, che parla e illumina la loro coscienza: è il diritto alla libertà di coscienza. Ed è un diritto umano fondamentale da tutelare per la libertà propria dell’umanità. I nostri hospice si affermano così anche come un luogo che rivendica la libertà religiosa”.

Infine il documento ha tratteggiato il significato cattolico di hospice, per cui “la visione cristiana della morte come fine della vita terrena e come apertura alla Risurrezione trova un luogo privilegiato in cui viene affermata”.

(Foto: lavalsusa)

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