Scandalo 60SA. La lente degli inquirenti giudiziari vaticani sul palazzo di Sloane Avenue si allarga a sospetta truffa su altri 4 palazzi londinesi

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Si allarga l’inchiesta della magistratura vaticana sugli investimenti della Segreteria di Stato in terra inglese dopo il caso dell’immobile a Sloane Avenue 60 a Londra. Lo scrive il quotidiano “La Verità”, che ricorda come nel giugno scorso erano finiti sotto la lente del Promotore di Giustizia dello Stato della Città del Vaticano, il broker molisano Gianluigi Torzi, il gestore e consulente della Segreteria di Stato Enrico Crasso e il Responsabile dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato Fabrizio Tirabassi insieme ad altre figure laterali.

In estrema sintesi la strategia di uscita dal fondo che faceva capo a Raffaele Mincione in relazione all’immobile al numero 60 di Sloane Avenue a Londra sarebbe stata imbastita, a quanto avrebbero ricostruito gli inquirenti giudiziari vaticani, con un’operazione che prevedeva da un lato che la Segreteria di Stato rilevasse l’immobile di Londra e dall’altro che la stessa Segreteria di Stato versasse a Mincione 40 milioni di euro a titolo di conguaglio. Successivamente la Segreteria di Stato, rappresentata da Fabrizio Tirabassi e da Enrico Crasso, avrebbe deciso di triangolare l’acquisizione dell’immobile di Londra attraverso la Gutt Sa di Torzi. Dando il via a una serie di altre operazioni che avrebbero poi portato agli arresti del broker e all’acquisizione dei telefoni e iPad di Mincione.

Adesso uscirebbe fuori un investimento del 2014 in riferimento a 4 immobili londinesi con le relative commissioni di gestione abnormi e una segnalazione all’antiriciclaggio. Coinvolti Tirabassi e altre figure laterali. Claudio Antonelli scrive su “La Verità”, che almeno due protagonisti delle cronache di giugno compaiono in altre operazioni, adesso sotto il faro degli inquirenti giudiziari vaticani. A febbraio del 2014 Tirabassi e Crasso si scambiano una serie di informazioni in merito a un conferimento di denaro nel fondo immobiliare Sloane & Cadogan investment management. Il funzionario vaticano nel confermare l’adesione monetaria all’operazione specifica che prima di firmare i termini, bisogna accordarsi sulle commissioni. Nel dettaglio Tirabassi suggerisce 2,5% di commissioni di gestione al netto delle tasse e degli altri costi di avvio del veicolo, mentre le “fee di performance” (cioè la percentuale che il gestore/fondo prende sulla differenza tra il conferimento iniziale e il valore finale) devono essere del 25%. Anche in questo caso, al netto delle tasse.

L’investimento del 2014 (unitamente ad altri) si riferisce a quattro immobili londinesi e non si può non notare che le commissioni sono altissime. Il celebre D.E Shaw è un hedge fund che chiede ai suoi clienti 3% di gestione e 30% sulla performance. Ma ha un track record da eccellenza, e soprattutto non è un fondo immobiliare. I fondi di questo settore viaggiano invece intorno all’1% di gestione e al 10/15 di performance fee. La domanda che gli inquirenti giudiziari vaticani si pongono è: perché? Perché sottoscrivere a tali condizioni? Ma gli interrogativi non finiscono qui, scrive La Verità.

Oltre a Tirabassi e Crasso gli inquirenti giudiziari dello Stato della Città del VAticano si interesserebbero anche di un funzionario all’epoca nel gruppo Credit Suisse, Alessandro Noceti, poi legato a una società Five Ruby Red Ltd, ora attenzionata dal Tribunale SCV. La vicenda, infatti, si infittisce circa tre anni dopo i conferimenti in Sloane & Cadogan Investment Management. Nelle comunicazioni tra Crasso e Tirabassi si inserisce il nome di Noceti, il quale avrebbe confermato a Tirabassi le condizioni di avvio.

A dicembre del 2017 Consortia Directors Ltd, che gestisce questi quattro immobili vaticani a Londra, avrebbe dato disposizione a un’altra società intermediatrice di effettuare un bonifico da 700.000 sterline a Eight Lotus Petals Ltd con sede alle Isole Vergini britanniche. Il bonifico è stoppato dall’organismo di antiriciclaggio della banca della società intermediaria. Dello stop viene a conoscenza anche l’AIF, Autorità di Informazione Finanziaria del Vaticano, che successivamente informa l’Arcivescovo Angelo Becciu, l’allora Sostituto della Segreteria di Stato.

A gennaio del 2018 SC Alpha, società londinese collegata a Sloane & Cadogan, versa a Five Ruby Red Ltd, riconducibile allo stesso Noceti, un importo di 700.000 sterline. La fattura ha come dicitura “servizi relativi al contratto d’investimento”. E indica per il pagamento una filiale Barclays in uno dei paradisi del Canale. L’importo è solo una coincidenza? Oppure non lo è? L’Ufficio del Promotore di Giustizia dello Stato della Città del Vaticano, a quanto risulta a La Verità, si sta ponendo tali domande, e avrebbe aperto un altro filone d’indagine diverso, e forse nemmeno intersecato con la presunta truffa di Sloane Avenue.

Secondo informazioni venuti ora a conoscenza di “La Verità”, gli investimenti in Sloane & Cadogan non avrebbero alcun contatto con quelli inerenti l’ormai celebre fondo Athena e la holding di Mincione WRM. Il dossier è delicatissimo perché – è bene ricordarlo – i fondi su cui stanno indagando i pubblici ministeri vaticani sono, almeno nel caso di Athena, quelli dell’Obolo di San Pietro e quindi soldi destinati ai poveri. In quanto tali, da gestire con oculatezza e un certo rispetto cristiano.

A questo punto va ricordato, che rimane sempre la domanda che abbiamo posto già più volte e l’8 luglio 2020 anche direttamente all’interessato, Mons. Luigi Mistò, a seguito della sua dichiarazione a questo “Blog dell’Editore”, nella sua qualità di Presidente del Fondo di Assistenza Sanitaria dello Stato della Città del Vaticano, “di essere totalmente estraneo alla vicenda dell’acquisto dell’immobile di 60 Sloane Square di Londra” e di aver precizato “di non essere mai stato coinvolto in tale operazione da nessun punto di vista”, aggiungendo che il Fondo di Assistenza Sanitaria è estranea alla vicenda dell’acquisto dell’immobile al numero 60 di Sloane Avenue a Londra, oggetto della nota indagine da parte della magistratura vaticana: «(…) occorre chiarire che il nome di Mons. Mistò viene fatto nel libro di Gianluigi Nuzzi “Giudizio Universale” (Chiarelettere 2019). A pagina 80 del capitolo “Diavolo nei sacri palazzi” colloca Mons. Luigi Mistò il 23 marzo 2015 a Londra: “Ora, è pervenuta da parte della Cb Richard Ellis Spa, primaria società di intermediazione immobiliare inglese, una proposta particolarmente interessante. Tanto che in data 23 marzo 2015 monsignor Luigi Mistò, il professor Della Sega e monsignor Alberto Perlasca hanno compiuto un sopralluogo, prendendo diretta visione dell’immobile. Si tratta di un blocco immobiliare ubicato nel centro di Londra, con esterno in mattoni rossi, in buono stato di conservazione”. Finora non abbiamo messo in dubbio quanto dichiarato dal Card. Becciu circa i fondi dell’Obolo di San Pietro e non abbiamo motivo di mettere in dubbio la Dichiarazione odierna di Mons. Mistò circa i fondi del FAS. Visto che questa sua Dichiarazione include anche una velata minaccia di adire alle vie legali, sarebbe opportuno, che il Presidente del FAS rispondesse sul punto, cioè in merito alla sua presenza a Londra per il sopralluogo insieme a Mons. Perlasca, come è stato affermato da Nuzzi nel suo ultimo libro».

Fino ad oggi non abbiamo avuto una risposta da Mons. Mistò e quindi la domanda rimane in sospesa: “Cosa è andato a fare il Presidente del FAS a Londra il 23 marzo 2015”? E a margine, stiamo anche aspettando che i vaticanisti a doppia spunta blu pongono la stessa domanda.

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