Card. Zuppi presenta la semina del seminatore

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“La pandemia ha colto di sorpresa tutti. E’ stata una tempesta non prevista e non desiderata, dalla quale anzi pensavamo di essere protetti per la stolta convinzione di potere attraversare immuni il mare di questo mondo sconvolto da una globalizzazione che ha creato, assieme a innegabili progressi, disuguaglianze irresponsabili”: lo ha scritto l’arcivescovo di Bologna, card. Matteo Maria Zuppi, presentando la nota pastorale per il prossimo biennio, ‘Ecco, il seminatore uscì a seminare’.

Nella lettera mons. Zuppi, citando le parole di papa Francesco,  invita a scoprire l’impegno per la cura del mondo: “E’ indispensabile riscoprire il comune impegno per riparare quello che si è rivelato malato o ingiusto e costruire un modo nuovo di vivere assieme. Abbiamo vissuto un dolore enorme, che non dobbiamo dimenticare e che ci deve anche rendere attenti, sensibili, a chi oggi subisce ondate di morte come quelle che per settimane ci hanno travolto”.

Ed ha messo in guardia ad osservare il rispetto delle regole: “La facilità del contagio non deve rassicurarci e farci illudere che il male sia sconfitto. Questo ci richiederà applicazioni di regole che spesso purtroppo si chiariscono solo di volta in volta e che ci chiedono pazienza e vigilanza. Dobbiamo aiutare le conseguenze profonde delle tante ferite provocate dall’isolamento che ci sfidano a donare il balsamo della consolazione e della speranza”.

Ed ha invitato a vedere questa pandemia con lo sguardo che aveva Gesù verso i malati: “Non vogliamo sprecare questa crisi, ritornando come prima, come se niente fosse successo. Per non sprecarla dobbiamo comprendere la pandemia con i sentimenti di Gesù e convertirci, accogliendo l’invito del Signore davanti alle avversità che segnano la fragile (chi credevamo di essere?) vita degli uomini.

‘Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo’. Il suo invito è: ‘Alzate lo sguardo’, perché quando ‘vi saranno carestie e pestilenze, fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo’, negli sconvolgimenti della vita sappiamo scorgere i segni della presenza di Cristo che non lascia soli, che viene. E così possiamo vedere e testimoniare la luce che libera dalle tenebre e dall’ombra di morte”.

Mons. Zuppi ha chiesto di vivere il tempo come ‘tempo dello Spirito’: “In effetti questo tempo della pandemia e del dopo pandemia, è davvero tempo dello Spirito, nel quale farci condurre dall’amore di Gesù. Lasciamoci prendere dal suo amore e affidiamoci a questo, senza cercare tutte le risposte, ma iniziando a volere bene, a metterci a disposizione, a ricostruire come possiamo quei legami che si sono interrotti e quelli che abbiamo visto che non c’erano e che hanno lasciato tanti in solitudine. Pieni di Spirito, cioè dell’amore di Gesù, andiamo incontro agli altri, parliamo di Gesù, della sua speranza, e facciamolo soprattutto con la nostra vita”.

La pandemia ha mostrato anche le difficoltà del vivere insieme: “Abbiamo visto la poca capacità di lavorare assieme, quando ognuno difendeva le proprie forse giuste ragioni ma, appunto, non cercava l’unica ragione che è remare insieme e nella stessa direzione, garantire le risposte necessarie, mettere da parte il proprio ruolo o la propria presunzione, non aspettare e farlo con urgenza e serietà. Di fronte all’emergenza dobbiamo avere a cuore l’interesse di tutti, maturare un senso di responsabilità e di autocontrollo”.

Poi ha rivolto un particolare pensiero agli anziani: “E’ indispensabile una rigorosa valutazione del come è stato possibile che questo sia avvenuto, non accettarlo con rassegnazione o fatalismo, scegliere di cambiare un sistema che non funziona e che rischia di essere una vera cultura di eutanasia. Non deve accadere che qualcuno scelga se salvare o no una persona in base all’età. Questo è inaccettabile e dobbiamo decidere che non avvenga mai, non come eventualmente scegliere!”

Ed ha invitato a scorgere i ‘segni dei tempi’: “Questo grande segno dei tempi, questo kairos ci ha reso contemporanei del nostro tempo, costringendo a dare risposte nell’oggi, a ritrovare il valore di quello che siamo, liberandoci e riscoprendo la creatività dello Spirito per rispondere all’ansia della creazione e delle creature che aspettano speranza e sono nelle doglie di un parto.

I segni dei tempi sono indispensabili da comprendere per vivere e comunicare il Vangelo, perché in essi parla il Signore e dobbiamo noi comunicare la fede che ci è stata affidata perché la testimoniamo al mondo. Il Vangelo parla nella storia e ci apre a questa”.

Inoltre ha affermato che non c’è altra Chiesa se non quella di Cristo: “La Chiesa è solo di Cristo e se il mondo isola e divide noi a maggiore ragione dobbiamo essere uniti e fedeli a questa madre che cerca di ricordarsi di tutti. Tutto quello che offende e umilia la comunione è sempre frutto del male e ci impegna ad amare la Chiesa rifiutando chi parla contro senza sforzarsi di cambiare e di andare d’accordo, chi giudica invece di servire, chi si contrappone invece di aiutare. Credo che come non mai dobbiamo essere vicini alla Chiesa tutta, rendendola forte; perché se il virus isola, la Chiesa unisce”.

Inoltre nella nota pastorale ha sottolineato l’importanza della lettura della Bibbia in famiglia: “Uno strumento da privilegiare: il Vangelo nelle case. In diverse parrocchie è presente, con comprensibili alterni successi, una rete di case che ospitano gruppi di preghiera e/o di lettura del vangelo. Questo strumento ha alcuni tratti importanti per cui vale la pena di proporlo dove manca e di implementarlo dove è presente: è diffusivo, raggiunge persone che non verrebbero alla Chiesa, stimola la lettura e la preghiera sulla Parola di Dio”.

Mentre un altro strumento importante è la ‘lectio divina’: “L’amore per Dio comincia con l’ascolto della sua Parola e analogamente l’amore per il fratello comincia con l’imparare ad ascoltarlo. E quanti cercano un ascolto non digitale, non pieno di luoghi comuni o senza speranza!”

Infine un pensiero sulla formazione dei catechisti: “Lo sforzo di formazione di catechisti si è quasi esclusivamente concentrata sui catechisti per l’iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi. La formazione di educatori e soprattutto di adulti accompagnatori di altri adulti è stata sporadica e sicuramente insufficiente.

Spesso sono stati i preti, i diaconi e a volte alcuni laici a proporre concretamente una catechesi agli adulti. Occorrerà pensare di coinvolgere e formare persone con itinerari di crescita nella fede personale e comunitaria per accompagnare gli adulti a crescere nella fede e nel vivere un’esperienza matura di discepolato”.

(Foto: Diocesi di Bologna)

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