Coghe (Pro Vita & Famiglia): “Aborto volontario è la violenza peggiore a madre e bambino”

Jacopo Coghe Pro famiglia & Vita
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“Ormai è omofobia tutto ciò che l’attivismo Lgbt considera tale”. Lo afferma in un’intervista per il nostro giornale Jacopo Coghe, vicepresidente di Pro Vita & Famiglia, la Onlus che difende il diritto alla vita e della morte naturale, oltre a promuove la famiglia “fondata sul matrimonio tra uomo e donna”. Con lui abbiamo parlato di omotransfobia, aborto e gametogenesi in vitro, giudicata una “violenza alla legge di natura, evidente e foriera di conseguenze tragiche”.

Vicepresidente, il nostro codice penale, negli articoli 604 bis e 604 ter, si esprime contro le violenze e le discriminazioni ai danni degli omo-transessuali. È davvero necessaria una legge che ritiene discriminanti le personali opinioni di dissenso ideologico? Quali sono i rischi a cui si va incontro? 

Gli articoli 604 bis e ter non parlano di omosessualità ma di discriminazione razziale, etnica e religiosa (tutelano senz’altro – ovviamente – anche le persone con tendenze omosessuali che fossero discriminate per motivi razziali o religiosi).

Certamente, si tratta di norme da prendere con le pinze perché i reati di opinione sono perseguiti di solito negli stati totalitari e non negli stati democratici. 

Propagandare “idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico”, ovvero istigare a commettere o commette atti di discriminazione “per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi” è di per sé una fattispecie piuttosto vaga, mentre gli stati democratici si devono basare su un principio cardine quale quello della tipicità del reato.

Se con la legge Zan si aggiungesse la punizione per la propaganda di idee “omo-transfobiche” la cosa si aggraverebbe e di molto, perché ormai è omofobia tutto ciò che l’attivismo Lgbt considera tale (in America anche i comici non possono più scherzare sugli Lgbt!): si aprirebbe la porta all’arbitrio più totale.

Di recente il New York Times ha pubblicato un articolo che celebra la gametogenesi in vitro come la nuova frontiera del progresso. Evidentemente l’utero in affitto non è abbastanza, adesso anche solo in via teorica si parla di procreazione artificiale. Quali implicazioni avrebbe tale scelta, non solo dal punto di vista sociale, ma anche per quello etico e morale, in sostituzione della legge naturale?

La gametogenesi in vitro per gli esseri umani  per fortuna è ancora abbastanza fantascientifica. Però tentano di creare figli di una sola persona dalle cui cellule si ricavano sia gameti maschili che femminili.

La violenza alla legge di natura è evidente e foriera di conseguenze tragiche: come saranno le persone dotate di un solo Dna? Saranno dei cloni del “monogenitore”?

E se le cellule staminali necessarie per creare il gamete maschile, per esempio, fossero prese uccidendo un embrione “figlio” di due genitori e l’ovulo fosse ricavato da un altro embrione, potremmo avere “figli” di 4 genitori.

Già sono sotto gli occhi di tutti i disastri derivanti dalla fecondazione artificiale: figli con salute precaria (nessuno lo dice questo), persone psicologicamente provate alla ricerca perenne del padre o della madre.

Gli esseri umani “artificiali” sono esseri umani disadattati: vogliamo davvero una società come quella del Mondo Nuovo di Huxley?

Per natura, si genera attraverso un amplesso. Si è madre accogliendo il seme da cui nascerà il bambino che cresce dentro di lei e viene da lei partorito; si è padre depositando il seme nel grembo di una donna, possibilmente con amore.

I “genitori” biologici ( e peggio i “genitori di intenzione” che comprano i figli con l’utero in affitto) non sono “genitori” tout court. Non si è madre con un intervento chirurgico volto a prelevare un ovocita, né si è padri con un atto masturbatorio. 

La concezione di famiglia tradizionale è sotto attacco. Le teorie gender fluido predicano l’assenza di distinzione tra uomo e donna, anche a livello infantile o nelle scuole. In nome del politically correct stiamo rinunciando a quelli che Benedetto XVI definisce “principi non negoziabile”?

I principi non negoziabili, è vero, non sono più di moda. Però esistono. Senza il rispetto della vita, della famiglia vera, della libertà educativa dei genitori, si creerà quel “Mondo Nuovo” che fondamentalmente sarà popolato di persone profondamente infelici.   

Che idea si è fatto dell’aborto farmacologico, introdotto dal Ministro Speranza con delle linee guida, bypassando il confronto in Aula? Ma era davvero necessario legalizzare il fai da te, eliminando il ricovero e il supporto alle donne che magari potrebbero decidere di non interrompere la gravidanza?

L’aborto volontario sotto qualsiasi forma è l’atto più violento che si possa immaginare, e nei confronti del bambino che viene ucciso, e nei confronti della madre che si autoinfligge una ferita nel più profondo della sua natura (va a ledere l’istinto materno che è un istinto primordiale) che prima o poi le creerà problemi psichici molto gravi.

E che che può provocarle anche seri problemi fisici, di cui ovviamente non parla nessuno: il consenso informato è in caso di aborto, davvero ridicolo.

L’aborto perciò è il frutto di una società profondamente maschilista e sessista che odia le donne ed è riuscita ad instillare con la propaganda nelle donne stesse la falsa idea che l’aborto sia un “diritto”, un atto liberatorio.

Speranza, sulla scia dell’Oms e del “globalismo sanitario” da cui prendono ordini le élite radical chic che ci governano ha agito di conseguenza: rendere l’aborto più “facile”, più banale, e 10 volte più pericoloso per la donna dell’aborto chirurgico, è un gesto coerente col maschilismo di fondo che regna in questa società: una donna si ritrova incinta in una situazione socio-economica di difficoltà?

Invece di aiutarla a risolvere i suoi problemi, le si offre in modo sempre più facile e banale la possibilità di uccidere il figlio: i problemi socio-economici che l’affliggevano restano immutati e in più lei si ritrova madre di un figlio morto per causa sua.  

(Foto: vvox.it)

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