Certamente, fortissimamente, qualunquemente: uno status della politica, del politico, la menzogna, eretta a sistema

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Oggi è caso di occuparsi di una parola, con cui riprendo “la parola del giorno per oggi. Si tratta di “qualunquemente”, usato da un amico come commento al mio post Facebook su una memorabile uscita del Zingarè [«Chi insulta… meritano rispetto”? “A mani nude”?La barzelletta del giorno che dimostra che “il Covid può lasciare danni permanenti al cervello… ma solo in presenza di cervello” (Cit.)»].

Qualunquemente. Il comizio di Cetto La Qualunque.

«Io, quando il monumento
vidi ove posa il corpo di quel grande
che, temprando lo scettro a’ regnatori
gli allor ne sfronda, ed alle genti svela
di che lacrime grondi e di che sangue».

Con questo parole del Carme Dei sepolcri, Ugo Foscolo aveva colto il significato recondito del Principe: non il manuale del politico ideale, ad uso dei sovrani, ma un’opera destinata a “le genti”, cui mostrare, senza nasconderla, la verità sui “regnatori”: innanzitutto, che il potere si costruisce sulle “lacrime” e sul “sangue” dei popoli; poi, che i sovrani sono capaci di ogni nefandezza pur di acquisire e conservare “la poltrona”.

“Qualunquemente” è il Principe nella politica contemporanea. I sovrani lasciano il posto al politico “democraticamente eletto”, ma la logica non cambia… pensando al Gattopardo. Non manca chi si allarma non solo per la menzogna eretta a sistema della politica, del politico, ma anche – e soprattutto, perché è a monte – per l’imbarbarimento crescente della lingua italiana e al riguardo viene citato ad esempio lo strampalato avverbio “qualunquemente”, coniato da Antonio Albanese e che dà il titolo al suo film del 2011, diretto da Giulio Manfredonia, in cui veste i panni del suo personaggio “Cetto La Qualunque” [*].

Comunquemente, «non coglie – come ha osservato Paolo Fai sul Corriere della Sera online il 26 gennaio 2011 – l’amara ironia di quell’avverbio, che è la spia della cultura (si fa per dire) del protagonista, un politico che ha eretto la corruzione a sistema di vita e, attraverso la sua azione politica intende diffondere tra gli altri cittadini additandola come esemplare».

Prosegue Paolo Fai: «Anche la lingua quindi soggiace a quel suo principio aureo, secondo cui l’etica, il senso civico, la ricerca del bene comune, insomma quei valori che tengono insieme una “communitas” vanno calpestati e bisogna agire solo nell’interesse proprio, della propria famiglia e di coloro che, stregati dalle promesse volgari di Cetto La Qualunque, lo seguono come un eroe positivo. Purtroppo non è solo fiction, ma – come è stato detto dallo stesso Albanese e scritto qua e là da critici cinematografici e non – la realtà supera abbondantemente la fantasia».

Poi, si sofferma su una valutazione linguistica sulla parola “qualunquemente”:«Gli avverbi nella lingua italiana sono di diverse specie. Una di esse è quella che raggruppa parole risultanti dall’unione di mun aggettivo qualificatico col sostantivo “mente”. L’origine è latina: da “dulci mente”, al caso ablativo, ad indicare un complemento di modo, deriva “dolcemente”, cioè “con dolcezza” (letteralmente, “con animo dolce”), da “alacri mente” (alacremente). E così via».

Quindi, arriva alla spiegazione, alla morale, alla conclusione e alla domanda, comunquemente: «Non esistono avverbi formati da aggettivi indefiniti seguiti da “mente”. Albanese lo fa, mettendolo in bocca, assieme ad altre orribili storpiature della lingua italiana, ad un uomo politico ultracafonal, che però conosce i suoi polli.Tuttavia, nella parola che dà il titolo al film, io leggerei qualche cosa in più della semplice denuncia dell’ignoranza di Cetto. “Qualunquemente” va letto anche come unione di un aggettivo e della terza persona singolare dell’indicativo presente del verbo “mentire”, ad evocare uno status della politica, del politico: la menzogna, eretta a sistema. Storia vecchia, ma in Cetto, metafora della menzogna che governa i comportamenti dei politici, c’è l’aggravante del vanto e della spregiudicatezza ostentate. Cetto “mente in qualunque caso”, se ne fotte, sempre, e sull’inganno costruisce la sua fortuna.Rideremo al cinema, come ridiamo a “Che tempo che fa”, davanti alle gag di Albanese, ma ce ne libereremo dei Cetti che infestano la politica italiana? Comunquemente vi saluto”.

[*] Il film “Qualunquemente” è utilissimo per imparare a svelare le logiche dei potenti e per meditare su quanto sia importante “mettere la croce” sulle persone giuste.
In un paese della Calabria, dominato da abusivismo ed illegalità, loschi figuri, in riunione, hanno scelto il candidato ideale per le prossime elezioni comunali: il pluripregiudicato, imbroglione, ladro, evasore, dandy, bigamo, Cetto La Qualunque, appena rientrato in Italia con amante a seguito. A lui affidano una missione: contrastare, con ogni mezzo, il “pericoloso” avversario De Santis, che ha un “ridicolo” progetto di trasparenza e nonviolenza per il paese.Sceso in campo per meri interessi personali, Cetto è l’emblema di una classe dirigente che si nutre di qualunquismo e nel qualunquismo trova terreno fertile per comandare. Non teme le critiche dei giornalisti impegnati, perché sa che, tanto, la gente non capisce le parole difficili. Il suo scopo è vincere le elezioni a tutti i costi: per questo, giunge ad assoldare un personal trainer (Gerry, interpretato da Sergio Rubini) che curi la sua immagine, dal look al rispetto formale della morale, secondo la logica machiavellica per cui, in politica, è più importante “apparire buono”, che esserlo.Cetto non è di destra, né di sinistra: l’unica ideologia dei suoi discorsi o delle scelte di programma è … “lu pilu”. Non teme il suo avversario: lo minaccia facendogli saltare l’auto; lo denigra pubblicamente e nei suoi comizi; corrompe i giornalisti televisivi per pilotare a suo favore il dibattito con lui. Spende una fortuna in festini per gli amici e gite per gli anziani della casa di riposo; offre colazioni agli avventori del bar, mazzette agli indecisi; si impegna a sconfiggere le invasioni di topi in ospedale … con i gatti; promette, in caso di vincita, di abolire l’ICI già abolita, la bolletta della luce e del gas, il bollo dell’auto. Si preoccupa della disoccupazione, promettendo posti di lavoro in cambio di voti. Quando si accorge che tutto ciò non basta a vincere, ricorre ai brogli. E nel finale, neo sindaco “democraticamente” eletto, sullo stretto di Sicilia, inaugura i lavori di un ponte … e di un tunnel … “perché un buco dà sempre allegria …”.

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