La nuova enciclica ad Assisi tra san Francesco e Giovanni Paolo II

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Nella città di san Francesco sabato 3 ottobre il Papa promulgherà l’enciclica ‘Fratelli tutti’ sulla fraternità e l’amicizia sociale; la scelta di Assisi è certamente dovuta al Santo (cfr. Francesco il misericordioso. La sfida della fraternità, Ed. Terrasanta, Milano 218) davanti alla cui tomba sarà firmato tale documento.

Tuttavia la cittadina umbra è ormai indissolubilmente legata anche allo ‘spirito di Assisi’, ossia il movimento di pensiero e azione scaturito dalla giornata ecumenica e interreligiosa di pellegrinaggio, digiuno e preghiera per la pace svoltavisi lunedì 27 ottobre 1986.

Tale incontro voluto e convocato da Giovanni Paolo II provocò – nonostante fu ribadito e richiamato che non era un ‘pregare insieme’ ma essere ‘insieme per pregare’ – da una parte diverse obiezioni e critiche e dall’altra un entusiasmo poco ponderato che scadde in un vero e proprio sincretismo.

Per rispondere a tutto ciò c’è chi come Hans Urs von Balthasar affermò che sebbene non vi sia un’unica religione vi è un medesimo ‘senso religioso’, ossia domanda di verità e trascendenza, in ogni uomo. 

Giovanni Paolo II da parte sua approfittò dell’annuale discorso alla Curia romana tenutosi il 22 dicembre 1986 per offrire ulteriori motivazioni dell’incontro assisiate. Ha ricordato soprattutto che l’unità è una conseguenza della creazione:

“Il Dio uno in cui crediamo, Padre, Figlio e Spirito Santo, Trinità santissima, ha creato con un’attenzione particolare l’uomo e la donna, secondo il racconto della Genesi; questa affermazione contiene e comunica una profonda verità: l’unità dell’origine divina di tutta la famiglia umana, di ogni uomo e donna, che si riflette nell’unità della immagine divina che ciascuno porta in sé (cf. Gen 1, 26), e orienta di per sé stessa a un fine comune (cf. Nostra Aetate, 1)”.

Di conseguenza “non c’è che un solo disegno divino per ogni essere umano che viene a questo mondo (cf. Gv 1, 9), un unico principio e fine, qualunque sia il colore della sua pelle, l’orizzonte storico e geografico in cui gli avviene di vivere e agire, la cultura in cui è cresciuto e si esprime”.

Continuando ha ricordato che “si parla della ‘unica comunità’ che formano gli uomini in questo mondo e la si spiega come frutto dell’ ‘unica origine’ comune, poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra, affinché si incammini verso un solo fine ultimo, Dio, la cui provvidenza, testimonianza di bontà e disegno di salvezza si estendono a tutti, finché gli eletti si riuniscano nella Città Santa che la gloria di Dio illuminerà e dove le genti cammineranno nella sua luce (Nostra Aetate, 1)”.

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