L’emergenza sanitaria diventata dominio della stupidità e copertura per follie indicibili, ci porta al baratro. Mala tempora currunt…

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Ripropongo una riflessione in tema di coronavirus dell’avvocato Giovanni Formicola, pubblicata il 25 maggio 2020 dall’amico e collega Marco Tosatti sul suo molto seguito blog Stilum Curiae . È centrata su un fenomeno che si è reso sempre più evidente in questo nostro mondo teofobico, “come spesso accade, in particolare in tempi di pandemia mediatica e mediatizzata”, sottolinea Tosatti, citando a titolo esemplificativo il seguente aneddoto: “Generale, è necessario eliminare gli imbecilli!” gridò un giorno un cittadino al generale De Gaulle per strada. De Gaulle lo guardò negli occhi, molto compreso, e rispose, brevemente e gravemente: “Compito arduo”…
‘O scemo nunn’o fai capace… lo sanno lunga i Napolitani. Come sostiene da tempo e spiega magistralmente il nostro insostituibile Governatore della Campania Vincenzo De Luca: “Occorre riaprire i manicomio”. Mala tempora currunt… [*].

EMERGENZA CORONAVIRUS. IL DOMINIO DELLA STUPIDITÀ

La potente torsione psico-sociale originata dalla crisi sanitaria in atto, come sempre accade nei tempi forti, ha reso manifeste tante cose ch’erano latenti, anche se non troppo latenti. Mi riferisco in particolare al dominio della stupidità, che ormai è egemone e in sé stessa un’arma totale: si dice a Napoli ‘o scemo nunn’o fai capace.
Recentemente ho scritto d’un governo d’idioti – tesi difficile da confutare -, ma l’imbecillità regna ovunque. Soprattutto nei mezzi di comunicazione sociale, dalle più importanti reti televisive, all’ultimo dei siti, dov’è torrenziale ogni giorno il profluvio di sciocchezze, dal quale l’unica difesa è spegnere e selezionare in modo rigoroso le frequentazioni, reali e virtuali che siano.
Ovviamente, non riduco la fenomenologia dello stolto a fattori clinici, ch’è il modo per “salvare” le ideologie e le mentalità dai loro effetti nella storia. Non è un’esimente questa stoltezza per gli orrendi crimini che ha causato. Hitler era un’idiota per le idee che l’avevano preso, e anche la malvagità di tutti i capi comunisti non era psicotica, come qualcuno vorrebbe, ma effetto proprio dell’idea inetta e cattiva cui avevano aderito. Dallo stolto che dice in cuor suo “Dio non esiste” (Sal 14,1), si è giunti, attraverso un lungo e sinora ininterrotto processo di concatenazione di pensieri e di fatti, alla costituzione ufficialmente atea dell’Albania flagellata e piagata dal comunismo, e al nostro mondo stoltamente teofobico, indifferente al senso della vita, a quelle che si dicono “questioni ultime”. E ridotto a quelle “penultime”, aggrava e complica la propria stoltezza con le crisi di panico inevitabilmente connesse alla prospettazione di rischi per la vita e per la salute, che senza un “oltre” sono le uniche cose che finalmente contano. Nonostante siano precarie e, per definizione, sottratte al nostro dominio, sebbene l’uomo nichilista voglia appropriarsene e se ne stia appropriando con l’aborto, il suicidio assistito, l’eutanasia.
Mi spiego meglio con parole di ben altra qualità e densità.
«Musil distingue la “stupidità onesta”, o schietta, e la stupidità sostenuta, o intelligente. […] Con l’espressione “stupidità onesta” o “schietta” […] si parla di persone […] “dure di comprendonio” […] , assolutamente rispettabili, [che] possono avere delle qualità di grande valore come la lealtà, l’affidabilità, la purezza di sentimento, la gentilezza e altre dello stesso genere […] . Quindi con l’uomo semplice ci troviamo in una sfera della stupidità che non è immediatamente malvagia ma che, al contrario, può risultare assai simpatica […].
«La stupidità sostenuta […] “è piena di pretese”. Ecco quindi l’elemento della presunzione, della hybris , dell’arroganza spirituale. La stupidità sostenuta, o intelligente, è un disturbo dell’equilibrio dello spirito. Ora l’avversario diventa lo spirito non la mente [Verstand] . Non si tratta di un difetto della mente, come nel caso delle persone semplici, ma di un difetto dello spirito, una rivolta contro lo spirito, che fa dire o fare cose contro lo spirito. Quindi questa condizione di stupidità sostenuta non rappresenta una malattia spirituale nel senso della psicopatologia, ma qualcosa di molto diverso. Dobbiamo fare ricorso qui a un’espressione […] disponibile in Germania all’analisi della questione sin dai tempi di Schelling. Schelling si servì già dell’espressione “pneumopatologia” per indicare i disturbi spirituali di questo tipo. Ciò significa che lo spirito è malato, non l’anima nel senso della psicopatologia: quindi una malattia spirituale, un’affezione dello spirito, una condizione “pneumopatica” in opposizione a una condizione psicopatica» (E. Vögelin, Hitler e i tedeschi, trad. it. Medusa 2005, pp. 77-78).
«Con stupidità si intende qui che un uomo, a causa della sua perdita di realtà, non è in grado di orientare correttamente la sua azione nel mondo in cui vive. Quindi, quando l’organo centrale che deve guidare la sua azione – la sua natura teomorfica e la sua apertura verso la ragione e lo spirito – smette di funzionare, quell’uomo agirà in modo stupido. […] il professor Besson aveva parlato di Hitler come di un idiota, […] in tale definizione vi era qualcosa di vero, se con il termine “idiota” intendiamo lo stultus in senso tecnico.
«Tale fenomeno fu sempre riconosciuto nelle civiltà antiche. Lo stolto, in ebraico nabal , che a causa della sua stoltezza, nebala , crea disordine nella società, è un uomo che non crede, nei termini israeliti della rivelazione. L’amathes, l’uomo irrazionalmente ignorante, è per Platone colui che non possiede l’autorità della ragione o che non è capace di sottomettersi ad essa. Lo stultus , per Tommaso, è lo stolto, nello stesso significato dell’amathia di Platone e della nebala dei profeti ebraici. Lo stultus ha subito una perdita di realtà e agisce sulla base di un’immagine della realtà distorta, creando di conseguenza disordine» (Ibidem, pp. 65-66).
Ogni stoltezza ha la sua origine nella violazione del primo comandamento, nel quale è contenuta la verità dell’ordine dell’anima come matrix dell’ordine delle azioni. «La stoltezza che determina l’azione nel caso singolo ha le sue origini più remote nella stoltezza dell’anima che, demonicamente, si chiude all’essere divino. L’azione diviene irrazionale quando è determinata da una falsa idea dell’ordine dell’essere e del posto che l’uomo occupa in esso» (E. Vögelin, Anamnesis, trad. it. Giuffrè, Milano 1972, p. 191).
«[…] lo stolto farà discorsi stolti e il cuore medita cose inique, adoperando l’ipocrisia, sparlando malamente del Signore» (Is 32, 6).
E a fronte di questa tragedia globale, i nostri uomini di Chiesa parlano SOLO di pandemia, crisi ecologica, riscaldamento globale, biodiversità, Amazzonia, Madre Terra, igiene del culto, migranti, etc.
Chissà che il fumo di Satana, che san Paolo VI aveva la sensazione fosse entrato nel sacro recinto (omelia del 29 giugno 1972), non sia contagioso anche della stupidità come sopra definita.

Giovanni Formicola
Stilum Curiae
25 maggio 2020

[*] “Mala tempora currunt” (Corrono tempi cattivi) è un’espressione molto diffusa, che non ha attestazioni tra gli autori classici, anche se attribuita a Marco Tullio Cicerone, pertanto dobbiamo ritenere che sia di origine volgare. È un’espressione che si utilizzata in vari contesti, sia con il significato letterale, soprattutto quando si vuole sottolineare il fatto che il periodo che si sta vivendo è particolarmente brutto, triste oppure difficoltoso, sia con un intento più scherzoso di “finta” lamentela. Personalmente, uso la frase mai con intenti scherzosi, quindi mai come una sorta di finta recriminazione e perciò, uso l’espressione sempre nella forma “Mala tempora currunt sed peiora parantur” (Corrono tempi cattivi, ma se ne preparano di peggiori). Comunque, l’attribuzione in questa forma al grande filosofo e politico romano è comprensibile, perché se detto da lui non era esattamente uno scherzo e certamente non una profezia ottimista. Del resto, si stava avvicinando la fine della Repubblica di Roma.
Nei tempi cattivi che corrono, e pensando a quelli peggiori che ci attendono, mi capita spesso di dover usare anche un’altra locuzione latina, nella sua forma cristiana: “Quos Deus vult perdere dementat prius” (A quelli che vuole mandare in rovina, Dio toglie prima la ragione). È un’espressione citata più volte nel film “Pane, amore e…” da Don Matteo al fratello Maresciallo Antonio Carotenuto. La sentenza probabilmente fu creata in Inghilterra nella prima metà del secolo XVII, per un opuscolo di polemica politica. Questo motto si usa quando si vede qualcuno far delle pazzie, come spese eccessive, o imbarcarsi in affari pericolosi, per dire che è sull’orlo dell’abisso, vicino alla catastrofe finale, volendo significare che la rovina di una persona è dovuta alla sua follia o sconsideratezza e che questa può anche rappresentare un castigo divino.

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