Milano ha ricordato i morti da Covid con il Requiem di Verdi

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“Milano presenta questa sera le sue ferite. Perché la città e questa terra lombarda sono state ferite, duramente provate da questa pandemia e dalla drammatica situazione che si è creata. Questa terra porta qui stasera le sue ferite, i suoi troppi morti, i troppi malati. Le ferite di questa terra sono anche le umiliazioni dell’impotenza, mentre c’era una certa presunzione di onnipotenza; anche gli smarrimenti dei pensieri, degli scienziati, dei maestri, mentre c’era una certa abitudine a ritenere di avere soluzioni per tutto e per tutti”.

Con queste parole l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha introdotto la serata dedicata ancora una volta ai deceduti per Covid 19, accompagnata dalle note del Requiem, composto da Giuseppe Verdi composta per la morte di Alessandro Manzoni ed eseguita a un anno dalla morte dello scrittore e poeta, dall’autore, per la prima volta nella chiesa di San Marco il 22 maggio 1874 e, tre giorni più tardi, alla Scala, per poi essere portata a Parigi.

Una scelta voluta e realizzata dal direttore del Teatro alla Scala, il maestro Riccardo Chailly e subito condivisa dall’arciprete della Cattedrale, mons. Gianantonio Borgonovo e dagli organizzatori, la Fondazione Teatro alla Scala con il sovrintendente Dominique Meyer, il Comune di Milano con il Sindaco, nella sua veste anche di presidente della Fondazione, (l’Arcivescovo e il Sindaco hanno firmato insieme l’invito ufficiale rivolto al Capo dello Stato), la Veneranda Fabbrica del Duomo.

E’ il maestro Chailly stesso che dirige l’intero Ensemble dell’Orchestra e del Coro scaligeri, per la prima volta a pieni ranghi dal 23 febbraio scorso, nell’esecuzione trasmessa in diretta, significativamente, nella parrocchia centrale di Codogno, in 3 chiese milanesi e dai media (Rai5 e da RaiRadio3), per coinvolgere tutti coloro che non hanno trovato posto in Cattedrale.

Prima del concerto il sindaco, Mario Sala, ha sottolineato l’illusione iniziale del ‘progresso scientifico’, che purtroppo non è riuscito a fermare la pandemia: “Eravamo convinti, a torto, che lo schermo della tecnologia e del progresso scientifico ci avessero messo definitivamente al riparo dal pericolo di una pandemia.

Ed è proprio per questa illusione che il nostro mondo si è trovato così impreparato di fronte a questo virus, che rappresenta l’ennesimo avvertimento che la natura ci invia per ricordarci l’obbligo morale di scelte più rispettose della vita e dei suoi valori.

Lo strazio per le morti cui dedichiamo questo concerto, costituisce un monito per tutti noi. Milano, come sempre, ha già fatto e continuerà a fare la sua parte. Le note del Requiem sono sostenute stasera dalla presenza delle Istituzioni milanesi, caro Presidente, ma anche dalla rappresentanza di tutte le categorie delle lavoratrici e dei lavoratori che, mentre il Paese era rinchiuso in casa per cercare di limitare, con successo, i disastri del Covid, hanno continuato a curare i malati e a mantenere in vita la città e i suoi servizi essenziali”.

Però l’arcivescovo ha ribadito la ‘fierezza’ degli abitanti nell’affrontare le situazioni: “Questa terra esprime questa sera anche la sua fierezza. Perché questa terra lombarda e questa città sa raccogliere le forze e far fronte. In questa sera la fierezza di questa terra trova le sue buone ragioni nelle eccellenze che la caratterizzano: la Scala e il Duomo attestano e alludono a tutto quanto di meraviglioso questa terra sa produrre in arte, scienza, efficienza.

Questa terra può essere fiera per l’eccellenza della sua gente, per gli eroismi che anche nei momenti drammatici si sono moltiplicati, per le forme di solidarietà che hanno fatto tutto il possibile per non lasciare nessuno da solo, per la dedizione esemplare al proprio dovere, anche molto oltre quello che è dovuto”.

Infine, ringraziando chi ha organizzato l’evento, mons. Delpini ha sottolineato il contributo dei cristiani durante il lockdown: “Questa terra dice questa sera anche la sua preghiera. Canta e prega perché sa di avere un Padre nei cieli che ascolta e consola.

Canta e prega perché sa di aver molto ricevuto e sa di non bastare a se stessa, di non potersi dare la vita e di non poter sconfiggere la morte. Canta e prega perché i cristiani che da secoli abitano questa terra professano la certezza che la morte è stata vinta e che la solitudine non è l’inevitabile destino”.

(Foto: Arcidiocesi di Milano)

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