Cartabia: per De Gasperi con il discernimento si ricostruisce

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Dopo sedici edizioni della Lectio degasperiana, l’appuntamento del 2020 è caduto in un anno di svolta per il mondo, colpito da un’emergenza che ha reso ancora più vive le contraddizioni economiche e sociali del pianeta. Da più parti si è costruita un’analogia tra la ricostruzione post bellica e le difficoltà che incontreranno le società democratiche nel riprendere il percorso di crescita e di innovazione dopo la pandemia.

La lezione che la presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia, ha tenuto a Pieve Tesino martedì 18 agosto, ha rappresentato un’occasione per rileggere la storia costituzionale con uno sguardo rivolto al futuro, così da confermare che la strada dei diritti, vecchi e nuovi, non può mai essere separata da quella dei doveri di solidarietà che ogni cittadino assume di fronte alla comunità.

La presidente della Corte Costituzionale ha citato un passo del profeta Isaia per parlare di ricostruzione: “La ricostruzione incorpora, dunque, un passato che non si può ripristinare così come era, ma richiede un rinnovamento. Per ricostruire occorrono un’idea e un cantiere, prosegue l’illustre architetto e senatore. Un’idea, per dare forma a ciò che non l’ha più. Un cantiere, per realizzare quell’idea attraverso il lavoro, l’opera instancabile e tenace di una comunità di persone”.

Ed il pensiero torna al secondo dopoguerra italiano in cui si ricostruì la ‘casa comune’: “In quella ricostruzione Alcide De Gasperi svolse un ruolo preminente, come uomo di pensiero e di azione. Anche allora c’erano tragedie, fratture, macerie e ferite non rimarginabili; anche allora fu necessaria un’idea per ridare forma nuova alla convivenza civile di un popolo disorientato; anche allora fu necessario un grande cantiere per ricostruire su solide fondamenta la casa comune”.

La prof.ssa Cartabia ha invitato ad un approfondito studio della storia: “In questo frangente, è più che mai fecondo riandare alle fonti della storia. Con una avvertenza: la parola ricostruzione sta tornando a dominare la scena, ma il contesto storico del nostro oggi è unico, irripetibile e non sovrapponibile in alcun modo ad epoche passate.

Sicché, proprio come notava Piero Barucci in apertura del suo volume sulla ricostruzione, pubblicato nel 1977, è ben vero che ‘anche oggi siamo economicamente in un dopoguerra senza la guerra’; ma il valore dell’insegnamento che si può trarre dalla storia non è tanto legato alle specifiche soluzioni elaborate con più o meno successo in altri frangenti, quanto al metodo tenacemente applicato e alla tensione risolutiva che muoveva l’azione dei protagonisti”.

Ed ha richiamato alla memoria lo scritto degasperiano sulle ‘idee ricostruttive della Democrazia Cristiana’ del 1943: “La sua azione ricostruttiva, dunque, si muoveva contestualmente su una pluralità di piani e rispondeva a una ‘visione integrale’ dei bisogni che urgevano. Tutt’altro che secondaria per lui fu altresì la componente morale e culturale.

Il suo imponente ‘cantiere ricostruttivo’ portò a risultati tangibili, da più parti qualificati come prodigiosi nella storia d’Italia e d’Europa, perché egli non trascurò mai il ‘fattore umano’ nella sua integralità, convinto che ‘più che i programmi contano gli uomini che sono chiamati ad attuarli’. Parole sue”.

Però la ricostruzione ha bisogno di costituzione: “Le costituzioni nascono dalla storia e vivono nella storia. Il momento della scrittura di una costituzione è un momento epico nella vita di un popolo; eppure, solo con la scrittura, la Costituzione non può garantire se stessa. Occorrono soggetti sociali, politici e istituzionali che siano in grado di conferire alle scelte costituzionali solide fondamenta e radici robuste, capaci di reggere all’urto delle intemperie”.

Insomma De Gasperi ‘guardava lontano’: “De Gasperi non si fa intrappolare nell’alternativa tra nostalgie e utopie. Dal punto di vista metodologico egli prediligeva la strada della ricostruzione, una terza via alternativa tanto alla mera restaurazione quanto alla radicalità della rivoluzione. E tale via passava attraverso una Costituente, democraticamente eletta…

La sua preferenza era a favore di una consultazione popolare da svolgersi nel corso dei lavori dell’Assemblea costituente dopo che fossero già stati definiti i principi fondamentali del nuovo ordine costituzionale, in particolare le libertà fondamentali dei cittadini e le linee essenziali dell’architettura dei poteri dello Stato”.

E la prof.ssa Cartabia ha spiegato il motivo per cui De Gasperi era favorevole al referendum: “L’intento era soprattutto quello di conferire a una scelta così decisiva e condizionante la solidità che può derivare da una libertà di decisione e da un largo consenso di opinione, affinché sin dall’inizio la nuova forma di stato fosse dotata di una robusta base fondativa.

Il favore di De Gasperi per il referendum istituzionale era mossa anche dall’obiettivo di evitare che l’ombra della discussione su un punto così controverso, si proiettasse sui lavori dell’Assemblea costituente, avvelenandone il clima.

In effetti, un aspetto non secondario che caratterizzò i lavori dell’Assemblea costituente, e ne garantì il successo, fu l’atmosfera di cooperazione fattiva, di dialogo aperto, di ricerca di soluzioni condivise anche sugli aspetti più spinosi”.

Ed ha chiuso la lectio affermando che il suo metodo era il discernimento, valido anche per l’oggi: “Non è l’assenza delle avversità a permettere la ricostruzione e la rinascita, ma il saper discernere una strada percorribile che le attraversa e le supera, di un superamento che innova, di un’innovazione che non rinnega il passato, che non si arresta mai neppure di fronte a un ponte crollato, come nelle Malebolge dantesche: levando me su in ver la cima.

Una via percorribile, indicata da una guida sicura; percorribile per quanto scomoda e impervia (non era via da vestito di cappa) erta, esposta e disagevole, lungo la quale il ruolo di chi conduce sta tutto nell’avvistare, passo dopo passo, un appiglio (avvisava un’altra scheggia) per potersi aggrappare e procedere nell’ascesa. E come l’alpinista sa bene, occorre sempre verificare che l’appiglio sia ‘tal ch’ella ti reggia’, che sia in grado di sostenerti, pena la rovina”.

(Foto: Wikipedia)

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