Post sisma: un invito a scoprire i prodotti del Centro Italia

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“Nella triste ricorrenza del quarto anno dal gravissimo terremoto che provocò nell’Italia Centrale più di trecento vittime e oltre quarantamila sfollati, desidero ancora una volta esprimere ai cittadini di Amatrice, Accumuli, Arquata, Pescara del Tronto e delle altre zone colpite, vicinanza e solidarietà. Il pensiero che si rinnova va, anzitutto, alle vittime e ai loro familiari. E ai tanti che hanno perduto casa o lavoro, e spesso entrambi, in quella notte drammatica. Nonostante tanti sforzi impegnativi, l’opera di ricostruzione dei paesi distrutti – da quel sisma e da quelli che vi hanno fatto seguito in breve tempo- è incompiuta e procede con fatica, tra molte difficoltà anche di natura burocratica. Nello spirito di solidarietà, fondamento della nostra Costituzione, la Repubblica – in tutte le sue istituzioni, territoriali e di settore – deve considerare prioritaria la sorte dei concittadini più sfortunati colpiti da calamità naturali, recuperando, a tutti i livelli, determinazione ed efficienza”: così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricordato il sisma del Centro Italia del 2016.

Ed il vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili, ha aperto ad Amatrice la liturgia per il quarto anniversario del sisma riferendo le parole di papa Francesco: “Ieri mattina, il papa mi ha chiamato al cellulare e mi ha detto: ‘Domani alla Messa ad Amatrice e ad Accumoli porta i miei saluti alla gente. Di loro che sono vicino. E che invio la mia benedizione’… Il papa è tra quelli che non aspettano l’anniversario per ricordarsi del terremoto. Ma lo fa discretamente e con continuità”.

E da Amatrice il vescovo ha ricordato che la lentezza della ricostruzione non è più sostenibile: “Da Amatrice può venire qualcosa di buono?: niente di buono visto che molti sono altrove e non torneranno. Niente di buono, visto che tutto l’Appennino non ha ‘smosso’ quanto da solo ha mobilitato il ponte di Genova.

Eppure (esattamente come il Covid–19 ha creato una netta cesura tra quello che è stato e ciò che sarà dopo) anche il post-terremoto può segnare uno spartiacque per il nostro Paese. Un passaggio, appunto, tra una vecchia idea di ricostruzione e una nuova idea di rigenerazione…

La ricostruzione non basta se non si cura la qualità dei legami interpersonali, piuttosto che inseguire ciascuno gli interessi propri. Di sicuro, per tutto il Centro Italia l’investimento edilizio potrebbe rivelarsi una leva potente, ma a essere privilegiata dovrà essere la relazione e non la speculazione, la fiducia e non il sospetto, se si vuole davvero rinascere”.

Mons. Pompili ha sottolineato che occorre un nuovo rapporto con l’ambiente: “La ricostruzione non basta se non si stabilisce un rapporto nuovo con l’ambiente naturale e storico che parla, interroga, ispira. Solo ritrovando l’incanto di questa terra si avrà lucidità sufficiente per immaginare soluzioni che reggano l’urto di una terra pur sempre ballerina, insieme capaci di produrre opportunità di lavoro e farsi laboratorio di ‘sostenibilità integrale’ per tutto il Paese…

La ricostruzione non basta senza la necessaria contemplazione e cioè uno sguardo differente che modifica il nostro modo di vivere, trasformandolo dall’interno. E apre a uno slancio e a una fiducia che lasciano dietro di sé le tristezze della vita e il senso di impotenza o rassegnazione”.

Ed ha concluso l’omelia invitando ad ‘alzare gli occhi’: “Dalle terre mutate dal terremoto, dunque, può venire qualcosa di buono. A condizione che non si abbassi lo sguardo. E’ tempo di rialzare gli occhi, senza sudditanza e senza arroganza. Non vogliamo morire di aiuti. Vogliamo semmai vivere di risorse. Le nostre, in particolare: l’acqua, quella che disseta Roma; l’aria ancor più rarefatta e pura ai tempi del virus; la terra, una sterminata possibilità di vita”.

E per la Coldiretti è strategico vincere la sfida con la burocrazia per la ricostruzione post terremoto anche nelle campagne dove le scosse si sono abbattute su circa 25.000 le aziende agricole e  stalle censite nei 131 comuni terremotati di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo dove c’è una significativa presenza di allevamenti con oltre 100.000 animali tra mucche, pecore e maiali, e un rilevante indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi dai quali si ottengono specialità di pregio famose in tutto il mondo:

“Occorre sostenere la maggioranza di agricoltori e allevatori che, a prezzo di mille difficoltà e sacrifici, non hanno abbandonato il territorio ferito e sono riusciti a garantire la produzione della maggior parte delle tipicità. Lo dimostra il fatto che sulle tavole rimane il ciauscolo, il caratteristico salame spalmabile marchigiano, il pecorino dei Sibillini e le tante altre specialità del territorio come la patata rossa di Colfiorito, lo zafferano, il tartufo, il prosciutto di Norcia Igp o la cicerchia e la stessa lenticchia di Castelluccio di Norcia Igp. Una lotta per la ripresa dell’economia locale che vede in prima linea anche i 444 agriturismi che secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat operano nell’area dei quali 42 in Abruzzo, 40 nel Lazio, 247 nelle Marche e 115 in Umbria.

(Foto: Diocesi di Rieti)

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