Il Papa ha detto veramente di “non farsi il Segno di Croce”? La storia di una fake news. E qualche appunto

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È veramente così, che Papa Francesco ha convinto l’ex calciatore e attuale allenatore della nazionale Roberto Mancini, a non farsi più il Segno di Croce sul campo da calcio? La notizia è di otto mesi fa, però continua a far discutere (e in modo scorretto, come vedremo). Ci ritorno sopra, perché mi viene segnalata, con i titoli di allora: “Papa Francesco chiede ad allenatore di calcio di non farsi il Segno di Croce”, accompagnato dal video a sostegno della tesi, ma che in realtà ne è una smentita.

Il video dal TG5 del 23 dicembre 2019. L’episodio sul sentimento religioso di Roberto Mancini dal 2’82” in poi.

Per la verità, ascoltando l’audio del video, non è che il Papa ha detto a Mancini di non farsi il Segno di Croce. È Roberto Mancini – raccontando nell’intervista al TG5 di essere cattolico da sempre, di essere stato fortunato a crescere vicino ad una parrocchia (“La mia vita era scuola, casa e oratorio”), di aver visitato Medjugorje un paio di volte – che alla domanda: “Le capita di pregare in campo?”, ha risposto: “No, non sul campo da calcio”. Sorpresa, la giornalista reagisce: “Molti si fanno il segno della croce” e Mancini spiega: “Anch’io lo facevo, insomma sperando che non successe niente durante la partita, poi siamo stati dal Papa. Papa Francesco ha detto, perché fate il segno della croce, non avete altri pensieri in questo momento? Quindi, da quella volta non lo faccio più. Non voglio che il papa si arrabbiasse”.

Quindi, secondo quanto riferito da Mancini, il Papa avrebbe fatto solo una domanda-battuta, peraltro riportata da Mancini in un clima sorridente, senza alcun riscontro obiettivo su cosa è successo veramente, se ha risposto al Papa o se il Papa ha aggiunto altro. E che l’ipotetiche arrabbiatura del Papa era una supposizione di Mancini.

Ciononostante, alla costatazione che il Papa non ha detto di non fare il Segno di Croce, c’è chi ha osservato che, certo “materialiter” non lo ha detto, ma che “il significato allusivo si coglie da tutto l’insieme e dalla risoluzione presa da Mancini”. Certo, la comunicazione non è solo puramente verbale, ma pure allusiva, cosa nella quale il Papa è maestro. Da cui l’interpretazione data, basandosi sul fatto che Papa Francesco “è abile a suggerire ispirazioni sbagliate in modo molto sottile” e che “è incredibile come riesca sempre a creare confusione nella fede dei semplici”. D’altronde, Papa Francesco stesso ha detto di se stesso che è “un po’ furbo”, quindi, come tutti i furbi sta attento a non farsi prendere in castagna, ma di essere anche “un po’ ingenuo” (però, questo è un po’ più difficile a credere): «Sì, posso forse dire che sono un po’ furbo, so muovermi, ma è vero che sono anche un po’ ingenuo. Sì, ma la sintesi migliore, quella che mi viene più da dentro e che sento più vera, è proprio questa: “sono un peccatore al quale il Signore ha guardato”» (Colloquio tra Papa Francesco e Padre Antonio Spadaro, S.I. il 19 agosto 2013, pubblicato da La Civiltà Cattolica). Giuliano Ferrara (a Genova, il 18 marzo 2014 per presentare il suo libro “Questo Papa piace troppo”) non lo chiama furbo, ma astuto: “Bergoglio è un papa astuto, come un gesuita del ‘500 che ha deciso di riconquistare il mondo, consentendogli di mettersi la coscienza apposto. Ma quanto serve tutto questo ai cristiani?”. Invece. il Vangelo dice: “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno” (Mt 5, 37).

Certo, nelle sue prediche e interventi, Papa Francesco spesso scardina i luoghi comuni della fede in certi cattolici, le scaramanzie, i rituali bigotti, gli inchini con le statue ai boss della mafia, della camorra, della ‘ndrangheta, che fanno vedere ciò che è solo esteriore senza cuore e anima. L’ho scritto ieri in un post sul mio diario Facebook: “Preghiamo per i sacerdoti che hanno la Croce in mano, ma portano odio, non Amore; che hanno un cuore di pietra e sono senza misericordia. Signore Gesù, vieni a toccare loro cuori” (Cit.).

Però, dal Papa ci si aspetta che indica la strada giusta con decisione, non di lasciare tutto in sospeso a pericolosa interpretazione di ciascuno. Dal Papa ci si aspetto che non svuota soltanto senza riempire e in questo caso gli ultimi rimasugli di una fede devozionale vengono fatti sparire con una sola domanda, sempre secondo quanto riferito da Mancini e da lui interpretata alla romanesca, cioè, “non ciavete gnente di meglio da fa?”.

In fin dei conti, in questo caso la colpa cade inequivocabilmente su Mancini. Se il Papa gli ha posto soltanto una semplice domanda (ribadisco, che non sappiamo se era seguito da altro, Mancini non riferisce se e cosa il Papa gli ha risposto), è stato più che sbagliato non fare più il Segno di Croce, malissimo. Cioè, se Mancini si preoccupa che il Papa si arrabbia se si fa il Segno di Croce (ma è quello che suggerisce Mancina, non è che il Papa l’ha detto), allora che fede forte ha? Quello che racconta, ci suggerisce che non ci crede abbastanza. Invece, Mancini avrebbe dovuto rispondere, alla prima domanda del Papa: “Per me, farmi il Segno di Croce è un atto di fede cristiana” (e non: “Sperando che non successe niente durante la partita”). Alla secondo domanda avrebbe dovuto rispondere: “Sì, non ho altri pensieri in quel momento”. Soprattutto, avrebbe dovuto continuare a farsi il Segno di Croce, prima di ogni partita e non solo. Come, e molto più, di prima. Per fede profonda e non per scaramanzia, tipo cornetto rosso contro la sfiga, la iella, la seccia, “colui che porta sfortuna” [*].

Pensare che, siccome la maggioranza farebbe un Segno di Croce in modo scaramantico – e per questo è comprensibile che il Papa si arrabbia, giustamente – allora non si deve farlo, è sciocco. Questo obbedisce ad una logica perversa che porta, poco alla volta, come in una finestra di Overton, alla sparizione dei segni cristiani nella società e nella vita personale. Oltre che sciocco, è pure eretico.

Francamente, di Segni di Croce non ne vedo tanti fatto in pubblico, per esempio nei ristoranti, prima del pasto. Lo stare al cospetto della Santissima Eucarestia, anche senza fare o pensare nulla, può essere in qualche modo assimilato allo stare inerti al sole: che lo si voglia o no, ci si scalda e ci si abbronza. Per il Segno di Croce, che è un sacramentale, accade qualcosa di simile: l’innominabile di fronte ad esso si contorce e fugge. Naturalmente, per sapere queste cose bisogna essere cristiani. E bisogno sapere – e credere – che il Cristianesimo è la vera religione, che Gesù Cristo è Via, Verità e Vita. Pare evidente che i calciatori musulmani che pregano prima di una partita, ci credono, alla loro religione, l’Islam e al loro profeta Maometto.

In conclusione, il problema di farsi il Segno di Croce (“non voglio che il papa si arrabbiasse”) sta tutto nella testa di Mancini. A un Cristiano di profonda fede, nessuno può – Papa o non Papa – far smettere di fare il Segno di Croce. È Mancini che sbaglia, tirando per la tonaca il Papa. E per dirlo in modo tale da escludere qualsiasi ambiguità o incertezza, certo, chiaro, inequivocabile: Mancini si è comportato da pirla, ha suggerito “ispirazioni sbagliate” e ha creato “confusione nella fede dei semplici”.

Preghiamo la Madonna che lo illumina, la prossima volta che si reca a Medjugorje, raggiungendo la chiesa di San Giacomo, il monte Podbrdo e il monte Križevac (il monte della Croce). E ritorna a farsi il Segno di Croce in pubblico. Nel frattempo chiediamo l’intercessione della Madonna che scoglie i nodi nella sua testa.

[*] Non vorrei escludere la possibilità che Papa Francesco abbia usato il metodo “domandare per rispondere”, argomento a cui ho dedicato recentemente un articolo [La consapevolezza è un sapere non-neutrale. Il valore della domanda nel processo di apprendimento – 19 agosto 2020]. La domanda segue sempre un’osservazione, presuppone qualcosa che abbiamo notato, e su cui poi ci chiediamo. Quindi, prima della domanda c’è sempre un accorgersi. Questo accorgersi è una rottura di indifferenza di uno stato precedente, che è solo apertura indifferenziata su un campo percettivo. La domanda è uno stato di sospensione, che è possibile assaporare: ciò di cui ci siamo accorti non è ancora stato qualificato; è lo stadio in cui, pur investiti dallo stimolo sensoriale, non l’abbiamo ancora riconosciuto e aspettiamo di trovargli un posto all’interno dei nostri schemi cognitivi. A questo segue il momento veloce in cui lo collochiamo, lo riconosciamo, ed ecco la risposta. Già si possono intuire le potenzialità risvegliate dallo stato di dubbio, di domanda, di apertura, di contro alla risposta, che è conclusione e chiusura. La risposta è un punto, un sollievo, una strada che è finita, uno slancio che ha trovato riposo.

Invece, stando al racconto di Mancini, ha accolto totalmente insoddisfacente la possibilità che Papa Francesco gli ha offerto per formulare una risposta coerente con la Fede. Anzi ha rinnegato la Fede che ha detto di professare “da sempre”, pensando – va a sapere perché – che Papa Francesco si potesse arrabbiare per il Segno di Croce.

Foto di copertina: la salita al Križevac, il monte della Croce a Medjugorje (Foto di Luke Llorenzi).

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