“Uomini giusti ai posti giusti”. Un libro di Aldo Maria Valli tutto da ridere. Per non piangere

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C’è una Chiesa Cattolica Romana, che di cattolico ormai ha solo la ragione sociale, perché in realtà ha sposato il pensiero dominante nel mondo e ha come unico obiettivo piacere alla gente che piace. Aldo Maria Valli, uno dei più noti vaticanisti italiani, nel suo popolare blog Duc in altum si è divertito per mesi a prendere di mira questa Chiesa in una rubrica satirica di grande successo, intitolata “Uomini giusti ai posti giusti”, ora riunita nel libro «“Ai tempi di Gesù non c’era il registratore”. Uomini giusti ai posti giusti» (Edizioni Chorabooks 2020, 132 pagine).

Un graffiante pamphlet con cui l’autore, usando l’arma dell’ironia, smaschera la pochezza di una Chiesa che, a suo giudizio, volendo essere à la page risulta solo grottesca. Il titolo prende spunto da una famosa espressione del preposito generale della Compagnia di Gesù (dal 14 ottobre 2016), il venezuelano Padre Arturo Sosa Abascal, S.I., secondo il quale ai tempi di Gesù “nessuno aveva un registratore per inciderne le parole” e dunque, in mancanza di certezze, occorre contestualizzare, relativizzare e procedere secondo il metodo del discernimento. Ecco, a giudizio di Valli la dichiarazione del generale dei gesuiti è emblematica di una Chiesa ormai relativista quanto il mondo, priva di punti fermi e ispirata a un pensiero liquido che, alla fine, giustifica tutto e mette le pretese dell’uomo al posto della legge di Dio. Una Chiesa nella quale gli “uomini giusti ai posti giusti sono tutti quelli che, andando a rimorchio della retorica dell’inclusione, dell’ascolto, della misericordia, del discernimento e di tutto il resto dell’armamentario ideologico che ben conosciamo, corrono in soccorso del vincitore per mostrarsi più realisti del re o, per meglio dire, più papisti del papa”.

L’introduzione al libri

Nel mio blog Duc in altum a volte uso l’ironia come arma per colpire la “Chiesa in uscita” e mettere in luce incongruenze, assurdità ed errori del modernismo imperante. L’ironia però è arma che va maneggiata con cura. Può succedere che i lettori non la colgano subito o che venga accolta male, così che, anziché provocare un sorriso (sebbene amaro), finisce con lo scatenare dure reazioni.
Quando dunque decisi di dar vita alla rubrica Uomini giusti ai posti giusti avevo qualche timore. I lettori però, a parte qualche rara eccezione, mi hanno sostenuto. “Si ride per non piangere” è stato il commento più frequente. Ma almeno abbiamo riso un po’, in questa valle di lacrime che è diventata la cattolicità.
Gli uomini giusti (ma anche le donne giuste) ai posti giusti sono tutti quelli che, andando a rimorchio della retorica dell’inclusione, dell’ascolto, della misericordia, del discernimento e di tutto il resto dell’armamentario ideologico che ben conosciamo, corrono in soccorso del vincitore per mostrarsi più realisti del re o, per meglio dire, più papisti del papa. Sono quelli che, pur dichiarandosi cattolici, non dicono e non fanno nulla di cattolico, ma sposano ogni vento di dottrina e contribuiscono a portare la Chiesa a sgretolarsi sugli scogli del pensiero mondano. Sono i paladini dell’ecclesialmente corretto, prigionieri dei luoghi comuni che piacciono alla gente che piace. Sono i conformisti del “cambiamento”, i professionisti della misericordia selettiva e della morale ad assetto variabile. Sono i lacchè del bergoglismo in servizio permanente.
La rubrica è andata avanti su Duc in altum per trenta puntate, dal novembre 2018 al luglio 2019, poi ha lasciato il posto a Strano dunque vero. Ho pensato di interromperla perché, come si sa, il gioco è bello quando è corto e poi perché ricevevo sempre più spesso messaggi da lettori che mi dicevano: “Caro Valli, lei fa bene a denunciare, ma qui rischiamo di essere travolti dallo sconforto”. Così mi sono fermato, ma con Strano dunque vero ho continuato la mia escursione nella galleria degli orrori della “Chiesa in uscita”.
Con Uomini giusti ai posti giusti ho voluto esclamare, come il bambino della favola, che il re è nudo. Mi sono guadagnato, assieme alla complicità sorridente o dolente di tanti lettori, un bel po’ di insulti e improperi. Che, per me, sono come medaglie al merito.
Aldo Maria Valli

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