Comunità di Bose. Il rapporto borderline con la verità del ex priore, twittaro compulsivo ossessivo

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Aveva detto di voler stare in silenzio e invece Enzo Bianchi, il 77enne fondatore e priore fino al 25 gennaio 2017 della Comunità monastica di Bose, twitta i modo compulsivo ossessivo un giorno sì l’altro anche, non proprio curandosi della verità. A fine maggio era stato confermato il suo trasferimento, e di altri tre membri, dalla Comunità. Però, alla notizia che vive ancora coi suoi confratelli, in un tweet Bianchi smentisce e rivela di non essere in buone condizioni di salute.

“Non ascoltate notizie fantasiose su di me. Mi sono allontanato dalla comunità da tre mesi, senza aver avuto più contatti con essa.Vivo in radicale solitudine in un eremo fuori comunità e date le mie condizioni di salute (non sono più autonomo) ho un fratello che mi visita. Amen” (Enzo Bianchi – Twitter, 15 agosto 2020). Dopo il tweet, puntualmente è arrivata la smentita dal Delegato Ponficio per la Comunità monastica di Bose, che da curialmente del bugiardo al fondatore e ex priore Enzo Bianchi e che ha fatto sapere: “Ho il mandato di riformare Bose”.

A fine maggio un comunicato della Comunità monastica di Bose aveva confermato l’allontanamento del suo fondatore, in seguito a una Visita Apostolica, che si era conclusa alcuni giorni prima. “Frate Enzo Bianchi, frate Goffredo Boselli, frate Lino Breda e suor Antonella Casiraghi dovranno separarsi dalla Comunità Monastica di Bose e trasferirsi in altro luogo, decadendo da tutti gli incarichi attualmente detenuti”, si leggeva nella nota pubblicata sul sito della Comunità, che ricostruiva la vicenda in modo particolareggiato: “In seguito a serie preoccupazioni pervenute da più parti alla Santa Sede che segnalavano una situazione tesa e problematica per quanto riguarda l’esercizio dell’autorità del Fondatore, la gestione del governo e il clima fraterno, il Santo Padre Francesco ha disposto una visita apostolica”. La decisione era stata comunicata con un decreto inconsueto del 13 maggio 2020, a firma del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità e approvato in forma specifica da Papa Francesco.

Eppure, secondo quanto riportato da Settimana News il 14 agosto 2020, a distanza di quasi tre mesi dal decreto, dei quattro membri solo Breda, Boselli e la sorella Casiraghi avrebbero trovato una soluzione concordata con il Delegato Pontificio, mentre Bianchi si trova ancora a Bose, non avendo ancora dato seguito alla promessa di lasciare la Comunità.

Fatto è – come riferisce l’agenzia Sir della Conferenza Episcopale Italiana, che Enzo Bianchi si trova tuttora nel suo “eremo”, cioè “nello stesso edificio composto da più locali e situato a poche decine di metri dal nucleo centrale della Comunità, nel quale vive da oltre quindici anni”. Lo precisa in una Nota Padre Amedeo Cencini, Delegato Pontificio per la Comunità monastica di Bose: “Lì, oltre al fratello che provvede alle necessità quotidiane, riceve regolarmente altri membri della Comunità, e da lì si muove, da solo o con altri, in auto, per diverse ragioni, come ha sempre fatto. Non ha pertanto ancora dato seguito alla promessa da lui fatta di accettare, eseguendoli, i provvedimenti notificati con il decreto del 13 maggio 2020, che – osserva Padre Cencini -, a conclusione della visita apostolica, è stato consegnato a lui come agli altri tre destinatari”. Il Delegato Pontificio e la Comunità “sono fiduciosi comunque che la situazione possa sbloccarsi al più presto”.

“Senza mancare di Carità mi sento di dire che è sempre quella punta di orgoglio insito nell’uomo che impedisce all’umiltà di poter forgiare la nostra natura in un capolavoro di santità” (Cit.).
Preghiamo per Enzo Bianchi.

Enzo Biagi ancora oggi è osannato come un profeta e – da manipolatore esperto – si presenta come vittima:“Vigila su quel che dici quando parli di una persona sopratutto non giudicarla mai, perché dietro a ogni persona c’è una storia, c’è fatica e sofferenza che tu non conosci mai abbastanza. Pensa, se tu fossi giudicato che chi non ti conosce” (Enzo Bianchi – Twitter, 20 agosto 2020). Come sempre gli intolleranti tolleranti sono suscettibili come delle vipere se vengono scrutinati e criticati… e richiamati all’ordine. Per lui obbedienza è fare come decide lui.

Scrive il noto sito – certamente non conosciuto per il senso di dialogo con e misericordia per chi non la pensa come loro – Faro di Roma (alias “di Santa Marta” e fanclub della “bella Raggi”), il 19 agosto in un pezzo caustico dal titolo « Cattiveria monastica. Il delegato pontificio Amedeo Cencini attacca Fratel Enzo Bianchi. “Vada più lontano”»: «Crudele. Non c’è altra parola per definire la nota diffusa oggi dal delegato apostolico padre Amedeo Cencini che contesta a Fratel Enzo Bianchi di non essersi allontanato abbastanza dal monastero di Bose da lui fondato, ma di trovarsi tuttora nel suo “eremo”, cioè “nello stesso edificio composto da più locali e situato a poche decine di metri dal nucleo centrale della Comunità, nel quale vive da oltre quindici anni”. “Lì – contesta Cencini con malcelata cattiveria – oltre al fratello che provvede alle necessità quotidiane, riceve regolarmente altri membri della Comunità, e da lì si muove, da solo o con altri, in auto, per diverse ragioni, come ha sempre fatto. Non ha pertanto ancora dato seguito alla promessa da lui fatta di accettare, eseguendoli, i provvedimenti notificati con il decreto del 13 maggio 2020, che – ricorda padre Cencini – a conclusione della visita apostolica, è stato consegnato a lui come agli altri tre destinatari”. Il delegato pontificio e la Comunità “sono fiduciosi comunque che la situazione possa sbloccarsi al più presto”.
Un testo vergognoso che umilia e ferisce non solo il fondatore di Bose ma anche chi ha visto in questa rinnovata forma monastica elementi di speranza. Non c’è dubbio che il provvedimento del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin fosse già (eccessivamente) severo, ma l’interpretazione di padre Cencini (e presumibilmente del nuovo priore Luciano Manicardi) sgomenta per la volontà persecutoria che (non) nasconde. Bianchi non merita fiducia, addirittura deve abitare distante chilometri. E questo sarebbe seguire il Vangelo?
“Mi sembra palese – commenta il teologo ed ex monaco di Bose Riccardo Larini su Confini, un blog di RaiNews – che la situazione sia gestita in maniera, per usare un eufemismo, fortemente inadeguata, soprattutto da parte di chi ha o dovrebbe avere l’autorità necessaria per promuovere crescita della comunità e dialogo tra le parti in conflitto”.
Larini critica l’articolo di Settimana News che sostiene la tesi della disobbedienza di Bianchi ed è evidentemente ispirato dal duo Cencini-Manicardi mossi dai loro complessi di inferiorità e dalla paura di confrontarsi con la sua statura.
“Non è infatti possibile – ragiona Larini – che escano costantemente dalla comunità informazioni parziali e calunniose su alcune delle persone coinvolte, soprattutto quando dovrebbe essere stato avviato un lungo e faticoso processo di dialogo. Questo primo elemento mi sembra francamente molto grave, così come mi pare grave che alcuni mezzi di informazione cattolici abbiano ripreso in maniera molto parziale e tendenziosa queste veline provenienti dall’interno della comunità, quasi a volersi schierare a favore di una delle parti in conflitto. Sono rimasto allibito dalla mancanza di etica giornalistica, umanità e spirito evangelico che ho colto tra le righe dell’articolo citato”».

Enzo Bianchi, il delegato pontificio: “Non se ne è ancora andato”. Fondatore: “Io via da 3 mesi, in solitudine e non sono autonomo”
Riccardo Larini, teologo, ex monaco di Bose per 11 anni, rimasto in contatto con l’intera comunità, spiega che il monaco si è trasferito in un eremo lì vicino, ma sta cercando un’altra sistemazione. E spiega: “Dal decreto Vaticano emergono due aspetti. Il primo è la revisione dello Statuto. Il secondo, l’adeguamento della liturgia”
di Alex Corlazzoli
Il Fatto Quotidiano, 21 agosto 2020

Enzo Bianchi, il fondatore della comunità di Bose, a breve lascerà l’eremo dove vive da tre mesi per una nuova casa, possibilmente in campagna, dove andrà con due altri fratelli. Ma non c’è pace per l’ex priore. Le tensioni all’interno del monastero piemontese continuano e da mesi vi è in atto il tentativo di “silenziare” il fondatore e cancellare un pezzo fondamentale di storia di Bose per dare avvio, come ci sostiene il teologo ed ex monaco Riccardo Larini, alla revisione dello Statuto e all’adeguamento della liturgia.
Ad alimentare le polemiche è una nota di queste ore scritta da padre Amedeo Cencini, delegato pontificio, psicoterapeuta che si sta occupando con l’attuale priore Luciano Manicardi di “ristrutturare” la comunità dopo la consegna del decreto della Santa Sede del 13 maggio scorso che prevedeva l’allontanamento di Bianchi a tempo indeterminato e dei fratelli Goffredo Boselli, Lino Breda e della sorella Antonella Casiraghi a tempo determinato.
Nei giorni scorsi il sito Settimana News ha pubblicato un articolo che criticava Bianchi per non essere ancora andato via da Bose. A smentire il blog cattolico ci ha pensato lo stesso fondatore con un tweet: “Non ascoltare notizie fantasiose su di me. Mi sono allontanato dalla comunità da tre mesi, senza aver più contatti con essa. Vivo in radicale solitudine in un eremo fuori comunità e date le mie condizioni di salute (non sono più autonomo) ho un fratello che mi visita”.
Ieri una nota di padre Cencini ha riaperto la questione: “Fratel Enzo Bianchi si trova tuttora nel suo ‘eremo’ cioè nello stesso edificio composto da più locali e situato a poche decine di metri dal nucleo centrale della Comunità, nel quale vive da oltre quindici anni. Lì, oltre al fratello che provvede alle necessità quotidiane – scrive il delegato pontificio che secondo fonti sentite da Ilfattoquotidiano.it non ha mai messo piede nell’eremo di Bianchi -, riceve regolarmente altri membri della Comunità e da lì si muove, da solo o con altri, in auto per diverse ragioni, come ha sempre fatto. Non ha pertanto ancora dato seguito alla promessa da lui fatta di accettare, eseguendoli, i provvedimenti notificati con il decreto del 13 maggio 2020”.
Parole che gettano ombre sull’ex priore che in realtà è convinto d’andarsene ma sta cercando, grazie all’aiuto di amici e non solo, un’abitazione adeguata dove poter vivere a 77 anni con la serenità necessaria. Per trovare una soluzione si è affidato persino a delle agenzie immobiliari. A confermarlo è Riccardo Larini, teologo, ex monaco di Bose per 11 anni, rimasto in contatto con l’intera comunità: “Fratel Enzo non può certo andare in un albergo. Quando ha accettato il decreto ha comunicato che se ne sarebbe andato anche dal suo eremo. Ha sofferto molto nel prendere questa decisione ma se ne andrà. È questione di poco tempo”.
Nel frattempo in quest’ultime settimane il tentativo di “silenziare” il fondatore è proseguito: dal sito della comunità sono spariti i suoi articoli e le sue riflessioni. Lontana anche qualsiasi ipotesi di riconciliazione tra Manicardi e Bianchi, nonostante il secondo abbia tentato a più riprese un dialogo, anche scrivendogli.
In tutta la vicenda il più irremovibile è padre Amedeo Cencini che nemmeno di fronte al tentativo di mediazione messo in atto da un noto cardinale avrebbe fatto un passo indietro, pronunciando tali parole: “Ho il mandato di riformare Bose”. Su questo aspetto Larini, che è tra i pochi ad aver letto il decreto del Vaticano, ha le idee chiare: “Ci sono due aspetti che emergono da quel documento, oltre all’allontanamento dei quattro. Il primo è la revisione dello Statuto. Il secondo, l’adeguamento della liturgia”.
Sul primo punto il teologo che ha abbandonato Bose nel 2005, quando era segretario del Capitolo (il parlamentino della comunità), è particolarmente esperto: “Lo Statuto nel 2004 lo scrissi io. Non so se da allora ad oggi vi siano state delle modifiche. Enzo allora capì che era importante un inquadramento canonico. Bose era ed è ecumenica. I fratelli non cattolici non dovevano cambiare la loro appartenenza ecclesiale per diventare membri della comunità. Avevamo pensato di creare lo Statuto di un’associazione di laici per i soli membri non cattolici. L’ultima parte dello Statuto, bocciata allora dal Capitolo, prevedeva una specie di struttura di visita delle comunità amiche. Io ed Enzo ritenevamo fosse utile, qualora nascessero questioni interne, che qualcuno ci potesse aiutare. La maggioranza della comunità votò contro sostenendo che i panni sporchi si lavano in casa”.
Quindici anni dopo qualcosa è cambiato. “Ora Il decreto prevede che la comunità diventi una congregazione di diritto pontificio o altro”. E in merito alla liturgia Larini spiega: “La comunità la dovrà rivedere. A Bose avvengono sperimentazioni liturgiche tutt’altro che misteriose. Durante la liturgia predicano i laici e le donne e questo non è ben visto”. Larini in questi mesi ha tentato di dialogare con Luciano Manicardi e Bianchi: “Ho scritto loro una lettera perché si parlassero ma mi ha risposto solo Enzo. In questo momento c’è un irrigidimento totale con un’unica soluzione possibile, ossia l’allontanamento totale del fondatore e di chi stia apertamente dalla sua parte”.
Quando si chiede a Larini quanto Papa Francesco sia protagonista di questa vicenda, il teologo non punta il dito contro il Pontefice ma non nasconde nulla: “Papa Francesco non è mai stato a Bose, non riceve Enzo Bianchi in udienza privata ogni settimana. Indubbiamente nei grandi giochi si paragona la Chiesa di Francesco a quella di cui parla Bianchi, ma non ho la minima idea di quanto Francesco conosca la realtà di Bose. Il decreto emesso dal Vaticano è esagerato. Anche il Papa può sbagliare”.

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