Crisi Zambia, il Papa dona 100.000 euro per aiuti di prima necessità, ma è con gli investimenti che l’economia crescerà
Dopo la diffusione dei contagi da Covid-19 nel Vecchio continente, adesso a destare preoccupazione è l’Africa, per le sue precarie condizioni climatiche, economiche e sociali. Lo Zambia è un caso studio: una duplice crisi ambientale che va ormai avanti da febbraio ha ridotto la popolazione alla quasi totale siccità da un lato e al rischio inondazioni dall’altro.
Anche Papa Francesco, sensibile alle tematiche degli ultimi, ha donato alla Chiesa dello Zambia 100 mila euro per le esigenze immediate delle persone in difficoltà. Per le inaudite condizioni in cui versa la popolazione locale – come le ha definite l’Onu – in cui anche le materie prime sono ormai un lusso per pochi, il Santo Padre ha prontamente risposto al grido d’aiuto del presidente dei vescovi dello Zambia, mons. George Lungu, con tempestività e generosità.
La crisi alimentare sommata a quella sanitaria, con la relativa assistenza ai malati che purtroppo è una mera utopia, rende la popolazione abbandonato al proprio destino.
È per tale motivo, che vista la condizione di totale emergenza, come riferisce il segretario generale della Conferenza episcopale zambiana, padre Cleophas Lungu, “tra le tante richieste che Papa Francesco ha ricevuto, ha scelto di rispondere a una richiesta dello Zambia. Questo denaro sarà distribuito attraverso le diocesi per raggiungere i più bisognosi”. Si ricorda che qualche settimana fa’, il Pontefice aveva gia’ inviato allo Zambia 3 ventilatori polmonari, migliaia di mascherine chirurgiche e molteplici prodotti per l’igiene.
Aiuti che nell’immediato hanno contribuito a salvare vite umane. Più di quanto sta facendo, il Vicario di Cristo non può spingersi. D’altronde, il problema dello Zambia – così come di molte altre nazioni del Continente nero – si è notevolmente amplificato per la mancanza di un’economia stabile, frutto di una crescita economica latente, che di certo non trae giovamento dall’assistenzialismo di qualche benefattore. Per carità, ben vengano gli aiuti quando intorno c’è estrema povertà, spesso ignorata anche dai mass media.
Un’analisi più specifica però, impone maggiore distacco, più razionalità. Sono diverse le organizzazioni no profit che imbastiscono maratone della solidarietà, per migliorare le condizioni medie di vita in Africa. Ma è soltanto con oculata progettualità che è possibile incidere in modo significativo sul Pil nazionale.
Si pensi al lavoro svolto dall’African Fertilizer and Agribusiness Partnership (Afap), un ente statunitense che va oltre l’assistenzialismo, finanziando progetti come la distribuzione di sementi di alta qualità ai contadini locali. Le finalità? Aumentare la produzione della terra e quindi i ricavi degli agricoltori, ai quali si offre la possibilità di investire sul proprio territorio piuttosto che abbandonarlo, magari con i viaggi della disperazione attraverso i barconi sul Mediterraneo.
Tra gli investimenti più interessanti, quello destinato agli oltre 250 mila agricoltori che potranno raddoppiare la produzione di mais e fornire cibo a 10 milioni di abitanti dello Zambia e di altri Stati dell’Africa meridionale.
Credito, consulenza, sementi e fertilizzanti per aiutare in casa propria un’economia alla deriva. Lo Zambia ha attualmente una produzione agricola pari a 2,52 tonnellate per ettaro, un dato irrilevante rispetto alle 4 tonnellate del Sudafrica e le 8 dell’Egitto. Ecco perché gli ambiziosi investimenti tendono a equilibrare le proporzioni, che di certo non saranno livellate con l’assistenza a fondo perduto o l’elemosina dei benefattori.
Papa Francesco fa bene a supportare la comunità locale, ma è una cattedrale nel deserto. Per risollevare le sorti di tali diseredati, occorre una progettualità di più ampio respiro, occorre mettere da parte il fardello coloniale dell’uomo bianco, per garantire uno sviluppo fino ad ora precluso per gran parte del continente africano.