40 anni fa Solidarnosc

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“Mi congratulo per il vostro servizio a favore del bene comune e per i diversi gruppi professionali in Polonia; e voglio ricordare che la sincera ricerca che persone e gruppi compiono per trovare il bene, la verità e la giustizia è sempre accompagnata dalla presenza di Dio. Quarant’anni or sono, san Giovanni Paolo II invocava per i suoi connazionali proprio questa presenza di Dio e il soffio dello Spirito Santo, esclamando:

“Scenda il tuo Spirito! E rinnovi la faccia della terra. Di questa terra!’. Un segno dell’apertura allo Spirito di Dio è l’atteggiamento di solidarietà con le persone private dei loro inalienabili diritti, solidarietà che si attua nei campi del lavoro e dello studio, nei rapporti sociali, economici, politici e internazionali…

E’ una sensibilità alla voce dei fratelli e sorelle che sono stati privati del diritto a dignitose condizioni di lavoro, alla giusta ricompensa necessaria al sostegno della famiglia, all’assistenza sanitaria o al riposo”. In questo modo papa Francesco ha ricordato in un’udienza dello scorso anno il valore di Solidarnosc nel rovesciare il modo di concepire il lavoro.

Infatti il 14 agosto 1980 a Danzica iniziano gli scioperi da parte del sindacato Solidarnosc, guidati da Lech Walesa, grazie all’azione di papa Giovanni Paolo II, che prende per mano il sentimento dei connazionali e se ne fa interprete. Però la nascita del libero sindacato polacco è stata preceduta, il 2 giugno del 1979, dalle parole pronunciate da Giovanni Paolo II, nel primo viaggio nella sua terra dalla elezione a pontefice:

“La Chiesa ha portato alla Polonia Cristo, cioè la chiave per la comprensione di quella grande e fondamentale realtà che è l’uomo. Non si può infatti comprendere l’uomo fino in fondo senza il Cristo. O piuttosto l’uomo non è capace di comprendere se stesso fino in fondo senza il Cristo. Non può capire né chi è, né qual è la sua vera dignità, né quale sia la sua vocazione, né il destino finale. Non può capire tutto ciò senza il Cristo.

E perciò non si può escludere Cristo dalla storia dell’uomo in qualsiasi parte del globo, e su qualsiasi longitudine e latitudine geografica. L’esclusione di Cristo dalla storia dell’uomo è un atto contro l’uomo. Senza di lui non è possibile capire la storia della Polonia, e soprattutto la storia degli uomini che sono passati e passano per questa terra. Storia degli uomini. La storia della Nazione è soprattutto storia degli uomini. E la storia di ogni uomo si svolge in Gesù Cristo. In lui diventa storia della salvezza”.

Quindi il 16 luglio 1980 il Governo comunista polacco annunciò a sorpresa un rincaro del 30% della carne, che fu la scintilla che fece esplodere le proteste.

A Lublino gli operai e i ferrotranvieri incrociarono le braccia. Fu sciopero. I collegamenti ferroviari furono interrotti. Da Lublino la protesta arrivò a Danzica, nei cantieri intitolati a Lenin. Le spinte delle diverse correnti sindacali condussero all’alba del 14 agosto allo scoppio degli scioperi che, molto presto, malgrado il silenzio e la censura dei media, contagiarono tutta la Polonia. Fu votata l’occupazione dei cantieri Lenin.

Ci fu una vasta opera di volantinaggio tesa a incitare diciassettemila operai ad astenersi dal lavoro per dare solidarietà alla gruista ‘scomoda’ Walentynowicz che aveva denunciato le drammatiche condizioni in cui erano costretti a lavorare gli operai.

Lech Walesa, tecnico elettricista e impiegato nei cantieri navali di Gdansk, tratto in arresto nel 1970 e all’attivo un anno di prigione per aver incitato gli scioperi nella fabbrica dove lavorava (Premio Nobel per la Pace nel 1983 e presidente polacco eletto in modo democratico nel 1990 fino al 1995) insieme ad altri amici come Aleksander Hall e Andrzej Gwiazda, con i quali aveva già fondato nel 1978 un’organizzazione segreta chiamata Sindacati Liberi di Pomerania, ritenuta illegale dalle autorità, e Bogdan Borusewicz (divenuto in seguito presidente del senato polacco) guidò la protesta civile incitando allo ‘sciopero della solidarietà’ e a occupare le fabbriche. In queste circostanze, anche per stemperare gli animi, la diocesi di Danzica propose alla sede locale del Partito comunista da fornire assistenza religiosa agli operai.

Le autorità comuniste lo accordarono. Si celebrò la messa nei cantieri navali baltici e al tempo stesso iniziarono a sventolare bandiere polacche, ritratti di Giovanni Paolo II e furono attaccati manifesti ai cancelli delle fabbriche che ritraevano la Madonna nera di Czestochowa.

Fu eletto un Comitato di sciopero interaziendale presieduto da Lech Walesa e alcuni giorni dopo sui muri dei cantieri navali apparvero ventuno richieste scritte a mano su una tavola di legno da parte di Arkadiusz Ribyki, un altro operaio amico di Walesa e militante del Movimento giovane Polonia (Rmp), una delle tantissime sigle che, come il Comitato difesa operai (Kor) e Sindacati Liberi (Wzz), confluirono in seguito dentro Solidarnosc.

Il cardinale Wyszynski, primate di Polonia, non mancò di parlare nelle sue omelie come fece il 17 agosto della drammatica situazione in cui versava la nazione polacca. Una ‘rivoluzione’ pacifica che avrebbe fatto nascere il primo sindacato libero al di là della ‘Cortina di ferro’ proprio a Danzica il 31 agosto 1980.

E 10 anni dall’inizio di quei giorni, che rivoluzionarono una ‘parte’ del mondo, Lech Walesa fu ospite del Meeting per l’Amicizia fra i popoli a Rimini, dove raccontò ai giovani italiani quei giorni: “Miei cari giovani amici, sono venuto da voi, al vostro tradizionale incontro, dalla Polonia, da un Paese per molti lontano, dalla Polonia che da secoli sta lottando per la propria indipendenza. E’ stata una lotta difficile. Non voglio addentrarmi troppo nella storia.

Solo nel corso della mia vita, abbiamo avuto di fronte dei sistemi totalitari disumani che volevano staccare la Polonia e gli altri paesi dell’Europa centro-orientale dall’ambito culturale europeo. Dapprima c’è stato il nazismo, che ha portato insieme alla seconda guerra mondiale e allo sterminio di milioni di miei connazionali; poi, grazie alle baionette dell’armata rossa, ha dominato da noi lo stalinismo, non meno terribile. E di nuovo abbiamo avuto abbrutimento, sfruttamento e sterminio.

Questi due totalitarismi hanno portato per gli uni il fuoco dei forni crematori, per gli altri il freddo micidiale della Siberia. Il nazismo voleva distruggere i nostri corpi, allo stalinismo non sono bastati i nostri corpi: voleva le nostre anime”.

Dopo aver ricordato le molte ‘croci’ levate nel territorio polacco per la libertà, il sindacalista polacco raccontò i giorni di Danzica: “Dieci anni fa in agosto, nei cantieri di Danzica, cominciò uno sciopero storico, che è divenuto l’inizio della fine della vecchia epoca. Se ne andava un sistema che non stava più al passo con lo sviluppo della civiltà. Tutto il mondo ci guardava e tratteneva il respiro.

Il nostro sciopero, in caso di vittoria, significava una rivoluzione e non inferiore alle precedenti, però senza spargimento di sangue. Vennero mostrate allora le foto e furono proiettate le immagini del cancello n. 2 ornato di fiori. Era il cuore del cantiere, con l’immagine della Madonna e con il ritratto del Santo Padre Giovanni Paolo II.

Vennero descritte le nostre liturgie all’interno del cantiere, vennero riportate le nostre preghiere, e migliaia di immagini delle nostre confessioni sul selciato della fabbrica. Il mondo si stupì di questa rivoluzione fatta in ginocchio, ma per noi era la naturale memoria del nostro grande legame con la Chiesa, con la sua dottrina sociale”.

Poi ha ricordato il ruolo della Chiesa che, da sempre, è vicina agli operai: “Infatti, nella storia della Polonia era sempre accaduto che, nei momenti neri per la nazione, la Chiesa fosse insieme a noi. In essa trovavamo rifugio e forza per lo spirito. E così fu dieci anni fa, esattamente in questi giorni che adesso passiamo qui con voi, quando le sorti dello sciopero e di noi stessi erano molto incerte.

Infatti, il peso di quella lotta era così grande che senza la fede non saremmo stati in grado di sopportarlo. Abbiamo vinto. Però bisognava riempire il vuoto lasciato da un sistema disumano. Un compito difficile e che fino ad oggi nessuno si è assunto.

Abbiamo cercato le nostre radici, i nostri ideali che derivavano dalla tradizione europea, dalla sua natura multinazionale, dall’esperienza dell’incontro del cristianesimo con le altre religioni. La Polonia di prima della guerra, all’interno dei suoi confini, aveva avuto anche questo tipo di esperienze…

Nel 1980 questa espansione è stata definitivamente battuta e abbiamo accettato una sfida che abbiamo chiamato Solidarnosc. Essa doveva liberarci dai residui del XIX secolo, dalle divisioni politiche, doveva mostrare la vera dignità dei lavoratori, doveva dare speranza a tutta la nazione e doveva mostrare al mondo una nuova via, originale, per risolvere anche i più gravi conflitti sociali.

Attraverso Solidarnosc ci siamo nuovamente inseriti in Europa, in questa Europa così eterogenea, ma che in fondo ha le stesse origini cristiane della Polonia. In questa strada ci sono stati anche i pellegrinaggi del Papa. Abbiamo recuperato il senso della inviolabilità del valore e dei diritti dell’uomo e della nazione e soprattutto abbiamo recuperato il diritto di essere padroni in casa nostra, abbiamo recuperato i nostri diritti”.

Ha inoltre ricordato il ruolo essenziale dell’Europa: “Adesso costruiamo le strutture di uno stato pienamente democratico, recuperiamo dalle macerie il nostro comune passato europeo e di nuovo il mondo si interessa a noi. Le nostre esperienze sono un esempio anche per altri che si stanno liberando dai sistemi totalitari. Vogliamo aggiungere alla comune casa europea questa parte d’Europa che è in rovina, ma che è molto importante.

L’Europa è una e quindi comprende anche la propria parte orientale. L’Europa è a una svolta storica e quindi anche adesso bisogna raccogliere una sfida perché i valori cristiani che da secoli danno forma a questo continente non cadano.

Abbiamo bisogno di capacità di convivenza, abbiamo bisogno di accettare l’eterogeneità, e non abbiano invece bisogno di lotte all’ultimo sangue tra sistemi fanatici, ideologie e religioni. Anche la convivenza fa parte del patrimonio civile dell’Europa.

E anche se la storia dell’ultimo decennio è già dietro di noi, essa è entrata per sempre nella coscienza dei polacchi, è entrata nella coscienza dell’Europa e Solidarnosc é stata iscritta nella sua eredità culturale e politica. E’ un capitolo chiuso, ma non è un capitolo che si può riporre in uno scaffale della storia o mettere in un deposito di oggetti usati, è un capitolo che vive perché vive la nazione che ricorda. Infatti le nazioni che perdono la memoria perdono la vita”.

Infine ha ricordato i valori essenziali della democrazia europea: “Alla fine voglio aggiungere che l’Europa dell’Est, gli stati post-comunisti, stanno cercando nuove strade. Vogliamo che tutti i valori che hanno sostenuto l’Europa possano svilupparsi in modo pluralista, e vogliamo ricreare di nuovo alcuni valori, i valori cristiani che sono un grande patrimonio, una grande eredità e un grande futuro.

Guardiamo di nuovo a questi valori, guardiamo bene quali gravi danni riportiamo quando questi valori vengono messi da parte. Sono profondamente certo che potremo svilupparci in modo dignitoso e reale, solo se non perderemo nulla di questo patrimonio di cui siamo vissuti, di cui viviamo. Dobbiamo cercare e troveremo”.

(Foto: Clonline)

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