La Chiesa conferma le formule battesimali

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“Primo: E’ valido il Battesimo conferito con la formula: ‘Noi ti battezziamo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo’? Secondo: Coloro per i quali è stato celebrato il Battesimo con la suddetta formula devono essere battezzati in forma assoluta? RISPOSTE Al primo: Negativamente. Al secondo: Affermativamente”. Così la nota della Congregazione per la dottrina della fede risponde a un vescovo, affermando che nessuno può modificare a piacimento la Tradizione.

La Dottrina della fede punta il dito sull’errore deliberato di quanti si sono avocati la ridefinizione arbitraria della formula chiave del rito battesimale. Per l’ex Sant’uffizio è chiaro: si tratta di una ‘deriva soggettivistica e una volontà manipolatrice’.

La Nota spiega che cosa significa alterare la formula sacramentale e perché, modificando le parole della Tradizione coloro che l’hanno manipolata di fatto non hanno conferito il sacramento del Battesimo, anche se fatto con buone intenzioni:

“A quanto sembra, la deliberata modifica della formula sacramentale è stata per sottolineare il valore comunitario del Battesimo, per esprimere la partecipazione della famiglia e dei presenti e per evitare l’idea della concentrazione di un potere sacrale nel sacerdote a discapito dei genitori e della comunità, che la formula presente nel Rituale Romano veicolerebbe”.

Per la Congregazione per la Dottrina della Fede la Tradizione non può essere sostituita da formule improvvisate come è stato sottolineato anche dal Concilio Vaticano II, secondo il quale è Cristo l’attore principale del battesimo:

“L’affermazione della Costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, ispirata a un testo di sant’Agostino, vuole ricondurre la celebrazione sacramentale alla presenza di Cristo, non solo nel senso che egli vi trasfonde la sua virtus per donarle efficacia, ma soprattutto per indicare che il Signore è il protagonista dell’evento che si celebra”.

Secondo la nota la Chiesa è il corpo di Cristo e come tale agisce: “La Chiesa infatti, quando celebra un Sacramento, agisce come Corpo che opera inseparabilmente dal suo Capo, in quanto è Cristo-Capo che agisce nel Corpo ecclesiale da lui generato nel mistero della Pasqua.

La dottrina dell’istituzione divina dei Sacramenti, solennemente affermata dal Concilio di Trento, vede così il suo naturale sviluppo e la sua autentica interpretazione nella citata affermazione di Sacrosanctum Concilium. I due Concili si trovano quindi in complementare sintonia nel dichiarare l’assoluta indisponibilità del settenario sacramentale all’azione della Chiesa”.

La Chiesa è custode dei sacramenti: “I Sacramenti, infatti, in quanto istituiti da Gesù Cristo, sono affidati alla Chiesa perché siano da essa custoditi. Appare qui evidente che la Chiesa, sebbene sia costituita dallo Spirito Santo interprete della Parola di Dio e possa in una certa misura determinare i riti che esprimono la grazia sacramentale offerta da Cristo, non dispone dei fondamenti stessi del suo esistere: la Parola di Dio e i gesti salvifici di Cristo”.

Quindi essendo la Chiesa un corpo nessun membro può apportare modifiche arbitrariamente alla liturgia: “Modificare di propria iniziativa la forma celebrativa di un Sacramento non costituisce un semplice abuso liturgico, come trasgressione di una norma positiva, ma un vulnus inferto a un tempo alla comunione ecclesiale e alla riconoscibilità dell’azione di Cristo, che nei casi più gravi rende invalido il Sacramento stesso, perché la natura dell’azione ministeriale esige di trasmettere con fedeltà quello che si è ricevuto”.

In questo senso la nota chiarisce che il ministro, quando impartisce un sacramento, lo fa in quanto Chiesa: “Pertanto, nel caso specifico del Sacramento del Battesimo, il ministro non solo non ha l’autorità di disporre a suo piacimento della formula sacramentale, per i motivi di natura cristologica ed ecclesiologica sopra esposti, ma non può nemmeno dichiarare di agire a nome dei genitori, dei padrini, dei familiari o degli amici, e nemmeno a nome della stessa assemblea radunata per la celebrazione, perché il ministro agisce in quanto segno-presenza dell’azione stessa di Cristo che si compie nel gesto rituale della Chiesa”.

E l’alterazione di una formula snatura qualsiasi sacramento: “Alterare la formula sacramentale significa, inoltre, non comprendere la natura stessa del ministero ecclesiale, che è sempre servizio a Dio e al suo popolo e non esercizio di un potere che giunge alla manipolazione di ciò che è stato affidato alla Chiesa con un atto che appartiene alla Tradizione. In ogni ministro del Battesimo deve essere quindi radicata non solo la consapevolezza di dover agire nella comunione ecclesiale, ma anche la stessa convinzione che sant’Agostino attribuisce al Precursore”.

(Foto: Santa Sede)

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