Claudia Fiaschi, portavoce del Terzo Settore: con la società civile riparte l’Italia

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Anche il Terzo Settore che non svolge attività di impresa o attività commerciale potrà accedere ai finanziamenti previsti dal Fondo di garanzia per le Pmi: è quanto prevede il testo del Dl Agosto approvato, salvo intese tecniche, dal Consiglio dei Ministri, che elimina il le limitazioni contenute nel precedente Dl Liquidità.

Una notizia commentata positivamente dalla portavoce nazionale del Forum del Terzo Settore, Claudia Fiaschi: “Attendiamo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ma se confermata è davvero un’ottima notizia a testimonianza che le nostre sollecitazioni hanno trovato risposta.

E’ una misura particolarmente sentita soprattutto dalle piccole organizzazioni, quelle meno patrimonializzate e che incontrano maggiori difficoltà nell’accesso al credito. Si tratta di molte migliaia di associazioni di volontariato e di promozione sociale che rappresentano un presidio fondamentale della coesione sociale delle nostre comunità, che hanno bisogno, in questo difficile momento, di un aiuto per la ripartenza: l’accesso ai finanziamenti garantiti dal Fondo sarà importante per consentir loro di proseguire le attività”.

Partiamo da qui per capire da Claudia Fiaschi se, nonostante tutto, saremo capaci di ridisegnare un avvenire oltre gli slogan: “Credo di sì. E per farlo dobbiamo fare tesoro dell’esperienza maturata durante l’emergenza Covid per rafforzare il Terzo Settore e le politiche di protezione sociale nazionale. Crediamo che ci siano delle priorità evidenti dalle quali partire per progettare un Paese che rinasca nella fase post pandemica più solidale, più coeso, sorretto da un’economia davvero sostenibile, che non lasci indietro nessuno”.

Da quando c’è stato il lockdown per il coronavirus come sono cambiate le attività del Terzo Settore?

“Possiamo dire senza alcun dubbio che il Terzo settore ha saputo affrontare e vincere la sfida data dall’emergenza del Coronavirus. Ha risposto senza mai mancare all’appello in modo tempestivo ai tanti problemi che via via si sono susseguiti nelle nostre comunità in questi mesi molto complicati.

Nonostante questo a volte continua a mancare da parte delle Istituzioni una chiara consapevolezza strutturale e profonda sul ruolo che il Terzo settore oggi ha per il sistema Italia, sia durante l’emergenza che fuori dall’emergenza”.

Quale ruolo può giocare il Terzo Settore?

“Il terzo settore non è un accessorio, ma un cardine per le nostre comunità. Non possiamo ricordarcene soltanto nel momento del bisogno. Ed è per questo che soprattutto nei prossimi mesi, fondamentali per la ripartenza del Paese, è indispensabile che le nostre istituzioni scelgano di sostenere il mondo del Terzo settore per quello che rappresenta nei nostri territori, ogni giorno, e per quello che con grande creatività e rapidità riesce a mobilitare in termini di nuove soluzioni sociali nei momenti di emergenza.

E’ necessario lavorare per progettare la rete della protezione sociale nazionale, facendo tesoro proprio dell’esperienza maturata nell’affrontare l’emergenza Covid-19: serve una rete che metta in connessione stabilmente tra loro le persone con le loro aspettative e bisogni; le organizzazioni del terzo settore con la loro capacità di far emergere le necessità e le capacità delle comunità; le istituzioni pubbliche, enti locali e regioni che devono indirizzare e governare le politiche per costruire tutti insieme risposte e servizi adeguati per i diversi territori. Le risorse possono essere trovate impiegando parte di quello che l’Italia riceverà attraverso il ‘Recovery Plan’ europeo. Sarebbe un uso virtuoso di questi soldi”.

Quale ‘sfida’ comporta questa pandemia per la società civile?

“Il primo impegno deve venire dalle istituzioni: chiediamo che a settembre si metta a punto un calendario preciso dei provvedimenti attuativi della Riforma del Terzo Settore. Bisogna lavorare ad un piano serio per il rafforzamento dell’economia sociale che preveda misure ad hoc per l’innovazione dell’associazionismo e del volontariato e per spingere le imprese sociali verso una maggiore innovazione e capitalizzazione.

L’economia sociale può essere volano di sviluppo, come è stato ampiamente dimostrato dal fatto che è stato l’unico settore dell’economia nazionale in crescita durante gli anni della crisi finanziaria iniziata nel 2008. Può esserlo ancora oggi, nella crisi economica seguita alla pandemia da Covid-19.

La prima cosa da fare è definire e implementare i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), previsti dalla Costituzione e mai attuati e senza i quali non può essere realizzata nessuna reale innovazione nei servizi sociali e non può essere costruito un federalismo di qualità”.

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