Bologna ricorda le vittime della stazione

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Il cardinale di Bologna, Matteo Zuppi, ha celebrato questa mattina una Messa in suffragio delle vittime delle stragi di Ustica e della stazione, di cui quest’anno ricorre il 40^ anniversario, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che deposto una corona di fiori sulla lapide che, nella sala d’aspetto della stazione ferroviaria, ricorda le vittime della strage di Bologna e ha incontrato Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione tra i Familiari delle Vittime della Strage alla Stazione di Bologna del 2 agosto 1980 e una rappresentanza di parenti.

Nel saluto il presidente della Repubblica ha ricordato che la strage ha indebolito l’Italia, ma ha mostrato anche la sua reazione democratica, che non può dimenticare: “Questo ha indebolito il nostro Paese nella sua società, complessivamente, privandolo di storie di futuro dei suoi cittadini e di tante persone che erano qui in quel 2 agosto, come queste foto manifestano e ricordano.

Questo dolore non è estinguibile; è una ferita che non può rimarginarsi e che per questo motivo chiede ricordo. Il ricordo delle vittime, anzitutto, di quel che è avvenuto, per essere vigili, per evitare che si ripetano, che si ripeta qualunque avvisaglia di strategie del terrore come quella che allora fu messa in campo.

Nel ricordo rientra anche rammentare la reazione di Bologna e dei bolognesi. Una reazione immediata di soccorso per i feriti; una reazione civile, determinata, composta, con molta forza, a difesa della vita, della libertà, della democrazia contro lo stragismo e la strategia del terrore. Una reazione che è stata accompagnata da tutta Italia; una reazione che ha rafforzato la nostra democrazia e ha sconfitto lo stragismo e le sue strategie criminali”.

Ed ha sottolineato che occorre stabilire la giustizia: “Quindi la mia presenza qui, caro Presidente e rappresentanti dei familiari delle vittime, ha questo significato: partecipazione al dolore che rimane, per quanto avvenuto; solidarietà della Repubblica per questo dolore; ricordo, dovere del ricordo e della memoria, perché non si smarrisca mai la consapevolezza di quanto avvenuto e della sua gravità, e di quanto va impedito per il futuro; ribadire l’esortazione, la sollecitazione a sviluppare ogni impegno per la verità, con ogni elemento (documentale o non documentale) che possa contribuire a raggiungere pienamente la verità”.

Mentre nell’omelia l’arcivescovo di Bologna, card. Matteo Zuppi, ha sottolineato che fare memoria ricorda il dolore: “Fare memoria ci riporta, anche a distanza di anni, a sentire le urla, il silenzio, l’angoscia, la speranza e lo sgomento della brutalità della morte. Pensando al dolore proviamo fastidio per il chiacchiericcio insulso, per le perdite di tempo e scegliamo di mettere da parte quello che ci divide per cercare quello che unisce”.

Per questo il dolore non ammette divisioni: “Le lacrime chiedono di stare tutti dalla stessa parte, quella di chi piange. Riviviamo oggi lo strappo inaccettabile della morte, la durezza della scomparsa che non si smette di misurare anche a distanza di anni.

La memoria ci fa provare, anche, l’acuta e insopportabile ingiustizia della mancanza di verità, amara, perché memoria anche di delusioni, di ritardi, di opacità spesso senza volto e senza nome, di promesse non mantenute, di mandanti (che ci sono) protetti dall’ombra di quelle che sono vere e proprie complicità”.

Ricordando le parole del card. Caffarra l’arcivescovo di Bologna ha sottolineato l’unità della città nella risposta alla strage: “Tanto dolore può dividere e isolare, generando così nel cuore degli uomini anche l’ultimo frutto del male che è l’amarezza della solitudine e la sensazione di impotenza, di smarrimento, di insignificanza che può prendere davanti all’oblio inesorabile del tempo e ad una giustizia non raggiunta. Ma il dolore può unire, liberare energie di solidarietà, di ricerca di giustizia e di fraternità”.

Ed ha ringraziato per presenza il presidente della Repubblica: “Anche per questo la nostra memoria non è un elastico, come diceva il parente di una vittima, che tristemente ci riporta continuamente indietro, condannandoci per sempre a quel dolore subito. Dio non usa il male, ma lo vince amando e trasformandolo in luce.

Come nel muro alla stazione di Bologna: attraverso quella tragica ferita penetra la luce. Quella di Cristo è luce di amore che illumina il sepolcro della morte. Il nostro è un Dio che diventa Lui vittima (Dio!) perché ascolta il grido che sale dalla terra, dal sangue di tutte le vittime, qualunque nome, storia e caratteristica abbiano, solo perché vittime. Non è sordo al dolore, non fa finta, non si gira dall’altra parte, non parla sopra, non ha da fare, non si lamenta Lui”.

Ed ha pregato affinchè si trovi la verità attraverso la giustizia: “Preghiamo perché il grido di dolore che sale dal sangue delle vittime e che è ascoltato da Dio lo sia anche dagli uomini e diventi pratica di giustizia e umile impegno di onestà. Preghiamo perché sappiamo essere fratelli per il nostro fratello come Cristo ci ha insegnato. In Lui i nostri cari vivono e sono nella luce. Anche per loro scegliamo la via dell’amore”.

(Foto: diocesi di Bologna)

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