Mons. Ruzza alla diocesi di Civitavecchia chiede fraternità e discernimento

Condividi su...

Sabato scorso mons. Gianrico Ruzza è stato accolto dai fedeli della diocesi di Civitavecchia-Tarquinia come nuovo vescovo con una breve cerimonia dove è stata data lettura del decreto di nomina papale a cui sono seguiti i saluti del clero, dei sindaci dei sei Comuni in cui questa si estende e dei rappresentanti delle istituzioni.

Al termine, in processione insieme ai sacerdoti e ai vescovi della Conferenza episcopale del Lazio che sono intervenuti, mons. Ruzza ha attraversato il centro storico per recarsi all’interno del porto dove ha presieduto la celebrazione eucaristica con oltre mille persone che lo attendevano nel cortile di quello che è il monumento più rappresentativo della città tirrenica. La Messa è stata introdotta dal vescovo emerito, mons. Luigi Marrucci, che ha acclamato il successore come ‘il dono di Dio per questa Chiesa particolare che, nel suo nome porta la pace, cioè dona Gesù Cristo’: 

“Come Cristo-pace, il vescovo è immagine di Dio Padre: una paternità che accoglie, che ama, che sempre perdona, che guida con saggezza e fermezza… Come Cristo-pace, il vescovo porta le stigmate del martirio: dire ‘sì-eccomi’ comporta sempre, e in tutte le circostanze della vita, accogliere anche il peso della croce e spesso la morte sulla croce…

Come Cristo-pace, il vescovo è servo di comunione e di fraternità: il ministero di Gesù Maestro è stato ed è chiamata a divenire discepoli, per vivere uniti e condividere nella fraternità il ministero affidatoci”.

Nell’omelia mons. Ruzza ha fatto propria la preghiera di Salomone di un cuore docile: “La preghiera di Salomone, che faccio mia, chiede al Signore Onnipotente che conceda al suo servo un cuore docile per poter distinguere il bene dal male.

Sì, o Signore, ti chiedo un cuore docile che sappia ascoltare senza stancarsi, che sia capace di accogliere ogni sorella ed ogni fratello (a cominciare dai sacerdoti, insostituibili collaboratori del Vescovo), che possa proporre al popolo affidatogli la via da seguire per entrare nell’autentica felicità.

Ho davvero bisogno che il mio cuore sia un cuore docile. Un cuore plasmabile dalla Grazia divina in obbedienza alla Parola di vita che ci viene donata con abbondanza dal Signore; un cuore aperto all’incontro e al dialogo; un cuore gioioso, capace di infondere gioia e di offrire speranza”.

Ha inoltre delineato quello che desidera per la sua nuova missione: “Vorrei che il discernimento guidasse ogni futuro passo del nostro cammino diocesano, soprattutto alla luce degli eventi dei mesi scorsi che ci chiedono di ripensare le modalità dell’annuncio evangelico e di innovare lo stile della presenza nel mondo per poter efficacemente offrire la speranza di Cristo al mondo frantumato e scosso dalla crisi della pandemia.

Vorrei, allora, con voi, alla luce della sapienza della Parola che abbiamo ricevuto, comprendere quale sia il frutto del discernimento… Sì, il vero tesoro della nostra vita è l’intelligenza, intesa nel senso etimologico che proviene da intus – legere, ed è quindi la comprensione del Mistero. Si tratta di ‘scrutare’, di accogliere, di comprendere la Parola del Signore che dona luce e salvezza”.

Quindi il discernimento deve essere guida del cammino pastorale: “Il nostro cammino diocesano può muovere i suoi passi da questa scelta chiara: ascoltare il Signore che ci parla e ci chiede di porre le nostre intelligenze al servizio dell’edificazione del Regno di Dio; lo faremo insieme con umiltà e con passione; con semplicità e con impegno.

Molteplici attenzioni dovremo avere per essere presenti significativamente nella vita delle nostre città, a cominciare dal sostegno alle famiglie, dalla prossimità con i poveri e tutti coloro che sono in difficoltà, dall’attenzione al mondo del lavoro (il nostro porto!) e – purtroppo – alla crisi occupazionale che ci accompagna, dall’altissima considerazione che dovremmo avere per gli anziani, uno dei tesori più preziosi di questa comunità!”

Ed ha invitato tutti al discernimento per fare una pesca fruttuosa: “Siamo dinanzi ad un meraviglioso mare, che ci parla di infinito e di luce. E’ il mare della pesca, del fruttato, della vita che si alimenta con il lavoro duro e faticoso. Il Regno dei cieli, ci ha detto Gesù, è una rete gettata in questo mare, che raccoglie ogni genere di pesci.

Dinanzi a questo mare, sento il desiderio di andare a pesca con tutti voi di quegli uomini e di quelle donne che (anche senza saperlo) sono in attesa del pescatore,per incontrare il loro Signore e trovare, in tal modo, la vera gioia. Potremo incontrarli per le strade delle nostre città e paesi, potremo dialogare con loro e sarà un percorso per accompagnarli a scoprire l’unica Verità della nostra vita: il Signore Gesù!”

Ed ha concluso l’omelia riprendendo l’invito di san Giovanni Paolo II alla città nel marzo 1987: “Compito della comunità dei credenti è proprio quello di condurre gli uomini al battesimo e alla sua riscoperta, di indirizzarli a valorizzare la conformazione a Cristo, l’incontro che ci trasforma.

Abbiamo ascoltato: siamo chiamati, siamo salvati, siamo condotti alla gloria eterna dell’Amore eterno! La forza dell’annuncio cristiano è proprio nella consapevolezza di un Amore che non si esaurisce come le realtà contingenti e di una chiamata alla relazione fondamentale con Colui che ci ha creati, che ci ha salvati, che continua a condurci e ad accompagnarci nei sentieri della vita”.

(Foto: Diocesi di Civitavecchia)

Free Webcam Girls
151.11.48.50