Riccardo Cristiano traccia lo sguardo profetico di papa Francesco sul mondo

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‘L’alternativa a Bergoglio è la barbarie’: una frase sussurrata in confidenza da un amico teologo che insegna negli Stati Uniti è la scintilla che accende la riflessione sulla geopolitica (e non solo) di papa Francesco. ‘In Bergoglio o barbarie. Francesco davanti al disordine mondiale’ del vaticanista Riccardo Cristiano, che è stato anche corrispondente Rai dal Medio Oriente, lo sguardo sul cortile del nostro villaggio globale è illuminato da una ferma quanto drammatica convinzione: o Bergoglio, unico leader mondiale capace di indicare una visione globale, o barbarie.

Per questo si staglia l’importanza politica del magistero di Bergoglio che, secondo Riccardo Cristiano, trova una sua realizzazione nelle ‘piazze interconfessionali’ di Baghdad e Beirut, del dicembre 2019. Un movimento spontaneo in Medio Oriente per cercare, contro la crisi politica e la corruzione, un vivere insieme.

Piccole primavere simboliche (‘luogo teologico’), auspica l’autore, di una seconda globalizzazione dei diritti, che ‘non divide le civiltà, ma le unisce nelle cittadinanze’, riprendendo un suo discorso del 2000: “Nel 2000, nel messaggio che scrisse alle comunità educative argentine quale arcivescovo di Buenos Aires, affermò che la crisi è mondiale e storica perché i progressi tecnologici quali informatica, robotica, nuovi materiali, hanno modificato profondamente le modalità di produzione, la manodopera è ritenuta meno importante dell’investimento nella tecnologia. Quindi l’economia si è globalizzata, ‘il capitale non riconosce frontiere, viene prodotto per segmenti, in luoghi del mondo diversi’”.

Perché l’alternativa alla barbarie è papa Francesco?

“In questo libro ho cercato di esprimermi da giornalista, ma anche da essere umano che rileva la sua identità culturale. Sono un agnostico, cioè uno che non sa quello che sa. Non so la risposta, cioè non so la mia risposta al mistero. So anche che Francesco è il vescovo di Roma, il successore di Pietro. Ma credo che lui oggi sia anche il leader spirituale di un mondo senza nocchiero e in gran tempesta.

E cerco di dire che la strada che lui indica, fondata su ‘Laudato sì’, Sinodo per l’Amazzonia e Documento sulla fratellanza è la vera alternativa a diverse barbarie; quella della globalizzazione piatta, o sferica come ha detto lui, cioè una globalizzazione che intende renderci uguali perché equidistanti dal centro, e un nazionalismo identitario, che risolve i problemi nazionalizzando tutto, anche Dio. L’Amazzonia è la sintesi perfetta di questa visione: difendiamo l’ecosistema se difendiamo le diversità ambientali e le culture che vivono deserti, fiumi, campagne, monti, mari”.

Per quale motivo per papa Francesco la frontiera è l’economia?

“L’economia che uccide? E’ centrale per l’uomo, non solo per Francesco. Basta pensare ai profughi per capirlo. Da cosa fuggono? Non sono stati definiti ‘palestrati’? La vita è la nostra possibilità di vivere in modo degno, di essere rispettati e rispettosi.

Davanti a un’economia che uccide lui ci dice che il Vangelo insegna un altro modo di vivere, con l’altro e non contro di lui. E questo ci riguarda tutti. Quando scrive che la civiltà cattolica è la civiltà del buon samaritano sappiamo tutti che fa riferimento a chi in quei tempi era considerato impuro ma si comportava in modo puro. Contano i fatti, non l’abito”.

Quale modello di sviluppo propone il papa?

“Non mi è facile rispondere a questa domanda. Dire che proponga come modello Gesù mi sembra tanto ovvio quanto vero. Francesco mi sembra un uomo che va oltre le apparenze e le appartenenze, così se devo pensare a un modello non penso alla ‘cristianità’, alla società escatologica, no. Questo è quello che affascina uno come me, uno che rifiuta le caserme perché le sente tali, forse sbagliando, o esagerando. Allora per rispondere dico che se è portatore di un modello per me è quello dell’ecologia umana integrale”.

Quale prospettiva apre il documento sulla fratellanza umana?

“Questo documento è una pietra miliare non solo per il dialogo islamo-cristiano ma per l’umanità. Lì la massima autorità teologica musulmana invita l’Islam a essere quel che è, la religione che crede in tutte le religioni, come dice il musulmano Mohammad  Sammak. E il Concilio arriva finalmente in Medio Oriente per dire che le nostre diversità sono frutto della sapienza divina.

Questo è stupefacente perché il Medio Oriente è il devastato terreno di gioco dove tutti i suoi sostenitori creano  per i loro fini politici la teoria dello scontro di civiltà. E’ un processo tremendo che quanto fatto da Erdogan con Santa Sofia spiega benissimo: i governanti aggravano i problemi della gente e poi li sobillano dicendo ‘noi non temiamo nessuno, noi sfidiamo tutti, a casa nostra siamo padroni!’

Così il nazionalismo assoluto si unisce a una religiosità antimoderna e spera in risposte da nuovi crociati. Per questo ho apprezzato moltissimo che papa Francesco si sia detto addolorato. Ho sentito nel suo il dolore di tanti cristiani ma anche di tanti musulmani, di gente come me o di non credenti: aggiungo allora che i cosiddetti laici dovrebbero spendersi un po’ di più contro i loro integralismi. Ma non lo fanno e contro gli opposti estremismi l’unico riferimento globale è Francesco”.

Si può allora dire che la prospettiva di papa Francesco è quella tracciata da padre Paolo Dall’Oglio?

“Quella di Dall’Oglio è stata una voce profetica della fratellanza, dell’amicizia islamo-cristiana, un geniale artigiano della teologia del buon vicinato. Paolo ha scritto di questo nostro tempo alla perfezione, dicendo che tutti i fondamentalisti affermano l’esistenza di una falsa credenza e quindi di una falsa umanità.

E’ proprio così, oggi il vero virus è questo. Lui però lo aveva capito negli anni Ottanta ed era andato a rompere il muro della reciproca sfiducia. Le manifestazione di protesta di migliaia di musulmani quando fu espulso dicono che il buon vicinato era ed è possibile. Dall’Oglio è un gigante rimosso dai nemici dell’uomo e dalla nostra incuria”.  

(Foto: Castelvecchi)

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