La Chiesa pubblica un vademecum alla lotta agli abusi

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Nei giorni scorsi la Congregazione per la dottrina delle fede ha pubblicato un manuale per vescovi e superiori di Istituti religiosi per seguire i casi di esponenti del clero accusati di abusi su minori.

Il testo, elaborato dalla Congregazione per la dottrina della fede è stato presentato come un ‘Vademecum’ riguardante ‘alcuni punti di procedura nel trattamento dei casi di abuso sessuale di minori commessi da chierici’, come ha precisato il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, card. Luis Francisco Ladaria Ferrer:

“Nessuna nuova legge viene promulgata e nessuna nuova norma emanata… Si tratta di una strada articolata che si addentra nel fitto bosco delle norme e delle prassi, di fronte alle quali ordinari e superiori si trovano talvolta nell’incertezza della direzione da seguire”.

Nel vademecum si precisa cosa configura il delitto: “Il delitto di cui si sta trattando comprende ogni peccato esterno contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore. La tipologia del delitto è molto ampia e può comprendere, ad esempio, rapporti sessuali (consenzienti e non consenzienti), contatto fisico a sfondo sessuale, esibizionismo, masturbazione, produzione di pornografia, induzione alla prostituzione, conversazioni e/o proposte di carattere sessuale anche mediante mezzi di comunicazione”.

In particolare il campo d’azione riguarda quanto contemplato all’articolo 6 del motu proprio ‘Sacramentorum sanctitatis tutela’, cioè ‘il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore di 18 anni’:

“Il concetto di ‘minore’ per quanto riguarda i casi in questione è variato nel tempo: fino al 30 aprile 2001 si intendeva la persona con meno di 16 anni di età (anche se in alcune legislazioni particolari — per esempio USA [dal 1994] e Irlanda [dal 1996] — l’età era già stata innalzata ai 18 anni). Dal 30 aprile 2001, quando fu promulgato il motu proprio ‘Sacramentorum Sanctitatis Tutela’, l’età è stata universalmente innalzata ai 18 anni, ed è l’età tuttora vigente.

Di queste variazioni bisogna tenere conto quando si deve definire se il ‘minore’ era effettivamente tale, secondo la definizione di Legge in vigore al tempo dei fatti. Il fatto che si parli di ‘minore’ non incide sulla distinzione, che si desume talora dalle scienze psicologiche, fra atti di ‘pedofilia’ e atti di ‘efebofilia’, ossia con adolescenti già usciti dalla pubertà. La loro maturità sessuale non influisce sulla definizione canonica del delitto”.

Eppoi il manuale indica come comportarsi concretamente: “L’art. 16 SST (cf anche cann. 1717 CIC e 1468 CCEO) dispone che, ricevuta una notitia de delicto, si svolga un’indagine previa, qualora la notitia de delicto sia ‘saltem verisimilis’. Se tale verisimiglianza risultasse non fondata, si può non dare seguito alla notitia de delicto, avendo cura tuttavia di conservare la documentazione insieme a una nota nella quale illustrare le ragioni della decisione.

Anche in assenza di un esplicito obbligo normativo, l’autorità ecclesiastica presenti denuncia alle autorità civili competenti ogni qualvolta ritenga che ciò sia indispensabile per tutelare la persona offesa o altri minori dal pericolo di ulteriori atti delittuosi”.

Il vademecum raccomanda l’uso della ‘prudenza’: “In tal caso si ricordi che, pur mancando il delitto con minori, ma comunque in presenza di condotte improprie e imprudenti, se la cosa è necessaria per proteggere il bene comune e per evitare scandali, rientra nei poteri dell’Ordinario e del Gerarca prendere altri provvedimenti di tipo amministrativo nei confronti della persona segnalata (per esempio, limitazioni ministeriali), o imporle i rimedi penali di cui al can. 1339 CIC, al fine di prevenire i delitti (cf can. 1312 § 3 CIC), oppure la riprensione pubblica di cui al can. 1427 CCEO. Se poi ci sono stati delitti non graviora, l’Ordinario o il Gerarca deve intraprendere le vie giuridiche adatte alle circostanze”.

Inoltre il vademecum precisa come avviene un’indagine ‘previa’: “L’importante è ricostruire, per quanto possibile, i fatti su cui si fonda l’accusa, il numero e il tempo delle condotte delittuose, le loro circostanze, le generalità delle presunte vittime, aggiungendo una prima valutazione dell’eventuale danno fisico, psichico e morale procurato.

Si dovrà avere cura di indicare possibili relazioni con il foro interno sacramentale (in merito a ciò, tuttavia, si tenga conto di quanto richiede l’art. 24 SST. Si aggiungeranno anche eventuali altri delitti attribuiti all’accusato e si indicheranno fatti problematici emergenti dal suo profilo biografico.

Può essere opportuno raccogliere testimonianze e documenti, di qualunque genere e provenienza (comprese le risultanze delle indagini o di un processo svolte da parte delle autorità civili), che possano risultare veramente utili a circostanziare e accreditare la verisimiglianza dell’accusa. E’ già possibile indicare eventuali circostanze esimenti, attenuanti o aggravanti, come previste dalla Legge. Può anche essere utile raccogliere fin d’ora testimoniali di credibilità circa i denuncianti e le presunte vittime”.

Infine la Congregazione per la fede precisa che il Vademecum “non pretende di sostituirsi alla formazione degli operatori del diritto canonico, in particolare per quanto riguarda la materia penale e processuale. Soltanto una conoscenza approfondita della Legge e dei suoi intendimenti potrà rendere il debito servizio alla verità e alla giustizia, da ricercarsi con peculiare attenzione in materia di delicta graviora in ragione delle profonde ferite che infliggono alla comunione ecclesiale”.

Quindi chiarimenti e linee guida che hanno uno scopo preciso: comprendere sempre meglio, e attuare le esigenze della giustizia per combattere questa piaga.

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