Scandalo 60SA. Memoriale difensivo di Mincione per la magistratura vaticana e sequestro dispositivi elettronici

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Anche Raffaele Mincione sarebbe indagato dalla magistratura vaticana, perché avrebbe “tratto il maggior vantaggio economico” dal caso 60SA, lo scandalo finanziario del palazzo di lusso al numero 60 di Sloane Avenue, acquisito dalla Segreteria di Stato. I promotori di giustizia vaticani, Gian Piero Milano e Alessandro Diddi, indagano sul caso per peculato, truffa, riciclaggio e altri reati, a vario titolo, su Mincione, Torzi, su alcuni funzionari della Segreteria di Stato che si occupavano delle finanze come Fabrizio Tirabassi e Mons. Alberto Perlasca, il finanziere ex Credit Suisse Enrico Crasso, quest’ultimo gestore storico delle finanze della Segreteria di Stato e dell’Obolo di San Pietro, nonché l’ex Direttore dell’Aif (l’autorità antiriciclaggio del Vaticano) Tommaso Di Ruzza.

Raffaele Mincione.

Il 23 giugno scorso Mincione attraverso i suoi avvocati Andrea Zappalà e Gigi Giuliano aveva presentato ai magistrati vaticani una memoria difensiva di 25 pagine e circa tremila allegati, però aveva rifiutato di farsi interrogare in Vaticano (memore l’arresto di Gianluigi Torzi…). E in risposta all’indagine del Vaticano aveva presentato causa di accertamento a Londra citando direttamente la Segreteria di Stato, perché venga riconosciuta la legittimità e la correttezza del suo operato come gestore dei fondi vaticani. La memoria difensiva avrebbe fatto emergere la sua estraneità totale allo scandalo 60SA: i legali di Mincione hanno dichiarato che “non c’è nessun comportamento penalmente rilevante ascrivibile a Mincione, ne alle sue società”. All’interno della memoria defensiva “emergono accordi regolarmente firmati, mail, lettere, comunicazioni sia formali che informali che certificano che ogni fase è stata effettivamente condivisa dal Vaticano”. Mincione potrebbe anche procedere con un’azione legale per “per i danni reputazionali subiti, per il congelamento dei suoi conti correnti in Svizzera”. Papa Francesco si era detto orgoglioso per via del fatto che la “pentola” fosse stata “scoperchiata” da dentro. Ora bisognerà comprendere però se il “dentro” della Santa Sede abbia giocato o no un ruolo. Sembrerebbe che, tra i vari documenti fuoriusciti per via dell’inchiesta, vie ne siano anche alcuni firmati dallo stesso Papa Francesco.

Secondo quanto riportato oggi da Fabrizio Massaro sul Corriere della Sera, sono stati sequestrati cellulari e Ipad nell’ambito dall’inchiesta 60SA al finanziere Raffaele Mincione, indagato dalla magistratura vaticana per l’operazione che tra il 2013 e il 2018 ha portato la Segreteria di Stato vaticana a investire oltre 350 milioni di euro nell’acquisto del palazzo nel centro di Londra, al numero 60 di Sloane Avenue. L’indagine emersa lo scorso ottobre, a inizio giugno ha portato agli arresti nella Città del Vaticano il broker Gianluigi Torzi, rimasto in custodia cautelare una decina di giorni nella caserma del Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano, attualmente in libertà provvisoria.

Il sequestro dei dispositivi elettronici e la perquisizione a carico di Mincione (che era il gestore del fondo Athena in cui il la Segreteria di Stato aveva investito, unico sottoscrittore) sono avvenuti – si legge sul Corriere della Sera – nella mattina di oggi mercoledì 15 luglio 2020 a Roma, nel corso di una perquisizione condotta dalla Polizia di Stato in un hotel nel quale il finanziere soggiorna. Il mandato è stato disposto dalla pm di Roma Maria Teresa Gerace, su rogatoria dei promotori di giustizia vaticani, Gian Piero Milano e Alessandro Diddi. Non è disponibile ancora la versione dei fatti da parte dei legali di Mincione.

È stata la registrazione all’Hotel de Russie, a quanto apprende l’Adnkronos, a far scattare l’alert relativo alla rogatoria emessa dalla magistratura vaticana nei confronti di Raffaele Mincione, il finanziere italo-londinese indagato nell’ambito dell’inchiesta sull’acquisto del palazzo di Sloane Avenue a Londra. Le generalità dei clienti degli hotel infatti vengono comunicate alla Questura tramite un sistema elettronico denominato “Servizio Alloggiati”, collegato direttamente al database delle forze dell’ordine.

La presenza della nota di ricerca nei confronti di Mincione, destinatario della rogatoria internazionale del Vaticano, ha dunque fatto scattare l’alert in sala operativa. In hotel, all’alba di questa mattina, si sono quindi presentati gli uomini del commissariato Trevi che, verificata la presenza del finanziere, gli hanno sequestrato la strumentazione elettronica come da richiesta della Santa Sede.

”Si tratta di un episodio in attuazione di una rogatoria del dicembre 2019. Non ha nulla a che vedere con il deposito della memoria né con il fatto che non abbia risposto all’invito dei promotori di giustizia vaticana”, precisano fonti vicine al finanziere italo-londinese.

”Mincione è arrivato ieri a Roma e dopo la registrazione in albergo è stato segnalato. Stamattina, accompagnato dai suoi legali, si è recato in un commissariato del centro dove ha consegnato il telefono e l’iPad. Al momento il finanziere è ancora a Roma, alle prese con impegni di lavoro”, concludono le stesse fonti.

Hotel de Russie.

L’Hotel de Russie, del gruppo Rocco Forte Hotels, situato tra due delle piazze più famose di Roma, Piazza di Spagna e Piazza del Popolo, è uno degli hotel di lusso più prestigiosi della Città Eterna (foto di copertina).

Ribadiamo quanto già ripetuto più volte nel corso della nostra inchiesta, che verranno fuori cose inimmaginabili, poiché in un accordo bilaterale è impensabile che la responsabilità di ipotesi di reato siano attribuite solo ed esclusivamente ad una parte e soprattutto, che tali responsabilità si continuano a cercare fuori dalle mura vaticane, continuando a guardare la pagliuzza nell’occhio altrui.

Postilla

L’Hotel de Russie è un luogo che – a margine delle nostre inchieste relative a Santa Sede e Stato della Città del Vaticano – ha già attirato la nostra attenzione in passato e non è escluso che è un luogo significativo a cui dovremmo ritornare in futuro.
Un fatto tra altri. Di fronte al Hotel de Russie il Papa regnante nel negozio di ottica di Alessandro Spiezia ha comprato gli occhiali, questo è un fatto.
La Radio Vaticana raccontò all’inizio di settembre 2015, che Papa Francesco arrivato in macchina e entrato da solo, disse a Spiezia: «Non voglio una montatura nuova, bisogna rifare solo le lenti. Non voglio spendere». Poi all’orecchio avrebbe aggiunto: «Mi raccomando, Alessandro: mi faccia pagare quello che è dovuto». Dopo circa 40 minuti ha lasciato il negozio e in auto, nella quale era presente il solo autista, è rientrato in Vaticano.
Giacomo Galeazzi il 4 settembre aggiunge su La Stampa: “Lì accanto abita un suo ex sacerdote a Buenos Aires che lavora in Vaticano. Tempo fa monsignor Guillermo Karcher portò a Spiezia un paio di occhiali da riparare. Erano gli occhiali di Francesco, e l’ottico si offrì di fargliene un paio nuovo, ma il Papa chiese di far riparare quelli vecchi, e così fu fatto. Il costo della riparazione, 5 euro, furono debitamente pagati e quella banconota è stata da allora gelosamente conservata nel negozio. L’ottico, comunque, non si arrese, fece un paio di occhiali nuovi per Francesco e dopo qualche tempo ebbe la gioia di vedere che il Papa li aveva indossati. Sarebbero proprio gli occhiali che attualmente Francesco, ipermetrope e presbite, indossa attualmente”.
Possiamo dire che, anche se nel caso di diversi fatti si tratta di strane coincidenze, tutto ciò che succede lì è sotto la nostra lente già da tempo.

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Requiem 60SA. “Io, Torzi, il Vaticano e gli affari a Londra”: la verità di Paolo Di Laura Frattura. “Verranno fuori cose inimmaginabili”. Mincione fa causa al Vaticano – 23 giugno 2020

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