1° settembre: educare per sanare le ferite della terra

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Ormai da sette anni la Commissione Episcopale per i problemi sociali ed il lavoro, la giustizia e la pace e la Commissione Episcopale per l’ecumenismo ed il dialogo della Cei celebrano, il  1 settembre la Giornata per la Salvaguardia del Creato: “Celebrare la Giornata per la salvaguardia del creato significa, in primo luogo, rendere grazie al Creatore, al Dio Trino che dona ai suoi figli di vivere su una terra feconda e meravigliosa. La nostra celebrazione non può, però, dimenticare le ferite di cui soffre la nostra terra, che possono essere guarite solo da coscienze animate dalla giustizia e da mani solidali.


Guarire è voce del verbo amare, e chi desidera guarire sente che quel gesto ha in sé una valenza che lo vorrebbe perenne, come perenne e fedele è l’Amore che sgorga dal cuore di Dio e si manifesta nella bellezza del creato, a noi affidato come dono e responsabilità. Con esso, proprio perché gratuitamente donato, è necessario anche riconciliarsi quando ci accorgiamo di averlo violato. La riconciliazione parte da un cuore che riconosce innanzitutto le proprie ferite e vuole sanarle, con la grazia del Signore, nella conversione e nel gesto gratuito della confessione sacramentale. Quindi si fa anche riconciliazione con il creato, perché il mondo in cui viviamo porta segni strazianti di peccato e di male causati anche dalle nostre mani, chiamate ora a ricostituire mediante gesti efficaci un’alleanza troppe volte infranta… Nella condivisione della lode e della responsabilità per la custodia del creato, il mese di settembre sta diventando per tutte le Confessioni cristiane una rinnovata occasione di grazia e di purificazione. Anche di questo rendiamo grazie al Signore”.

Infatti, secondo i vescovi, il suolo, la principale risorsa del territorio, “può essere di proprietà pubblica o privata; a rigore potrebbe essere di proprietà collettiva, ma questa forma per ragioni storiche e giuridiche, è ora residuale e purtroppo negletta. Giustamente, il diritto tutela la proprietà privata del suolo e, in buona misura, i diritti d’uso che da questa discendono… Questi piani, ai vari livelli amministrativi, presentano a loro volta un duplice problema, attinente la partecipazione del pubblico. Per un verso infatti si sono dimostrati nel tempo molto, troppo permeabili, ad interessi di parte; lobby ben attrezzate hanno esercitato una forte pressione per ottenere modifiche a loro favorevoli, di fatto svuotando il valore di tutela collettiva del piano. Per un altro, i cittadini hanno vigilato poco sull’effettiva realizzazione di questi piani di fabbricazione”. La Commissione della Cei cita il caso dell’Eternit (l’Ilva di Taranto è avvenuto dopo la pubblicazione), che è un esempio particolarmente drammatico del rapporto tra salute e ambiente è rappresentato poi dal caso dell’amianto:

“Le conseguenze della presenza di questa enorme e pervasiva quantità di materiale inquinato e pericoloso sono particolarmente pesanti: si calcola che circa 3.000 persone muoiono in Italia ogni anno a causa di malattie connesse al rilascio delle fibre di amianto. Come è noto, infatti, il rischio non è legato tanto alla presenza della sostanza, quanto alla polvere rilasciata dai materiali degradati, che tendono a spezzarsi e a sbriciolarsi, rilasciando così le fibre di amianto. E’ una realtà che interessa un numero importante di prodotti (circa 3000), che vanno dagli isolanti termici e acustici alle tubature, dai pavimenti in linoleum alle coperture degli edifici”. Quindi il territorio resta un bene prezioso, e la sua efficace gestione richiede anzitutto puntuale conoscenza dei suoi valori, ambientali e culturali, il rafforzamento delle identità (nelle aree montane e interne più spopolate e fragili ormai spesso compromesse) e l’adozione di opportune iniziative di riqualificazione:

“Va invertita la tendenza al consumo e al degrado dei suoli, valorizzando iniziative (non mancano gli esempi di buone pratiche) fondate sulla sostenibilità (durevolezza) delle attività necessarie a produrre i beni di consumo (evitando sprechi) e garantire un futuro meno condizionato dalle minacce ambientali ai nostri figli”. Perciò, conclude il messaggio dei vescovi, invitando ad imitare i Santi: “il territorio è sempre una realtà naturale, con una dimensione biologica ed ecologica, ma è anche inscindibilmente cultura, bellezza, radicamento comunitario, incontro di volti: una densa realtà antropologica, in cui prende corpo anche il vissuto di fede. I santi ci insegnano con chiarezza la strada da seguire, come san Bernardino da Siena, che mentre poneva al vertice della sua opera pastorale il nome di Gesù, davanti al quale ogni ginocchio si piega in adorazione, si adoperava per rafforzare i Monti di pietà e i Monti frumentari, segni di una rinascita che dà al denaro il giusto valore, diventando anche precursore di quella ‘economia di fiducia’ che sola può guarire le ferite della nostra crisi, causata da avidità e insipienza”.

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