Dallo Schülerkreis di quest’anno nascerà qualche sorpresa ecumenica?

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“L’aspirazione all’unità dei cristiani è prima è in primo luogo una realtà spirituale e per questo il suo cuore è l’ecumenismo spirituale”. Era il 2009, e Walter Kasper era ancora il presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. L’ “ecumenismo spirituale” era ormai diventato la sua parola d’ordine. Più che guardare ai documenti, ai grandi incontri ecumenici, aveva preso a guardare a quello che succedeva nel basso, alle reti ecumeniche che si creavano grazie a comunità e movimenti, qualcosa che assomigliava un po’ come un ritorno alle origini dell’ecumenismo, che consisteva soprattutto in piccoli gruppi di dialogo, di preghiera, di studio biblico. “Emergono così, accanto ai dialoghi ufficiali diventati sempre più difficili, nuove forme di dialogo promettenti”. Si parla anche di questo, al Ratzinger Schülerkreis di quest’anno. L’incontro degli ex allievi di Joseph Ratzinger (il trentaseiesimo), che inizia oggi e termina domenica, sarà proprio dedicato ai  “Risultati e domande ecumenici nel dialogo con il luteranesimo e l’anglicanismo”. E la base di discussione sarà il libro “Raccogliere i frutti”, curato da Walter Kasper prima di andare in pensione da presidente del dicastero dell’ecumenismo.

 

Che anche Benedetto XVI pensi che l’ecumenismo debba partire dal basso e dalla Parola, fu subito noto a Colonia, quando vi andò nel 2005 per la Giornata Mondiale della Gioventù. Nell’incontro del 19 agosto con i rappresentanti delle Chiese protestanti e ortodosse, il Papa espresse il suo pensiero integrando il testo scritto con lunghi passaggi a braccio. E in uno di questi, affermò che “si dice che ora, dopo il chiarimento relativo alla dottrina della giustificazione, l’elaborazione delle questioni ecclesiologiche e delle questioni relative al ministero sia l’ostacolo principale che rimane da superare. Ciò in definitiva è vero, ma devo anche dire che non amo questa terminologia e da un certo punto di vista questa delimitazione del problema, poiché sembra che ora dovremmo dibattere delle istituzioni invece che della Parola di Dio, come se dovessimo porre al centro le nostre istituzioni e fare per esse una guerra. Penso che in questo modo il problema ecclesiologico così come quello del ‘ministerium’ non vengano affrontati correttamente.  La questione vera è la presenza della Parola nel mondo”.

Concetti che Benedetto XVI ha poi ripreso nell’ultimo viaggio in Germania. Ad Erfurt, dove Martin Lutero studiò da cattolico e dove decise di diventare monaco agostiniano, di fronte a quanti si aspettavano un “dono” come la revoca della scomunica a Lutero, il Papa rispose con un discorso in cui spiegava che fa parte proprio di un idea errata di Chiesa l’idea dei “doni ecumenici”. “Questo – disse il Papa – costituisce un fraintendimento politico della fede e dell’ecumenismo”. Perché “la fede dei cristiani non si basa su una ponderazione dei nostri vantaggi e svantaggi. La fede non è una cosa che noi escogitiamo o concordiamo. È il fondamento su cui viviamo”. Alla fine, Il dono che il Papa portò ad Erfurt stava nel partire proprio dalla domanda più intensa del monaco agostiniano che ha creato lo scisma: “Come posso avere un Dio misericordioso?”. E ricorda che le cose che ci uniscono sono più di quelle che dividono, che il periodo “confessionale” è finito, che i cristiani devono saper essere missionari, che non bisogna mai dimenticare che il male c’è, esiste e minimizzarlo “non è un’inezia”: porta l’uomo inevitabilmente alla perdita di se stesso e della sua vita.

E forse è proprio se si parte da questi concetti che cristiani e luterani appaiono più vicini di quanto non sembrino, vicini quanto gli 80 scalini che dividono la Cattedrale dalla Chiesa di San Severo ad Erfurt. In Germania il problema dell’ecumenismo è particolarmente sentito, e dunque non deve sorprendere se – tra i relatori scelti per lo Schulerkreis – solo uno non viene direttamente dalla Germania, anche se vi ha particolarmente a che fare.

Il relatore “occulto” di questo incontro è ovviamente il cardinal Walter Kasper. All’inizio del 2007 il card.Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani discusse con gli officiali del dicastero il progetto di raccogliere e presentare i risultati dei dialoghi ufficiali tra la Chiesa cattolica e le Chiese storiche protestanti: luterani e riformati, anglicani e metodisti, con l’intento di far conoscere a una nuova generazione i frutti di 40 anni di dialogo, mostrando in forma comparata quanto era stato sin qui realizzato. Ne è nato il volume  Raccogliere i frutti. Aspetti fondamentali della fede cristiana nel dialogo ecumenico. Consensi, convergenze e differenze, testo di riferimento per questo Schulerkreis. Un testo che proponeva uno sguardo al passato, perché vengano riconosciuti i grandi risultati e obiettivi che sono stati raggiunti con il dialogo ecumenico e perché la nuova generazione di ecumenisti non debba partire da zero; e uno sguardo al futuro, perché se è vero che oggi si è diffusa “stanchezza e delusione” dopo gli entusiasmi del dopo Concilio, è anche vero che molte cose non sono cambiate. Scriveva Kasper: “Talvolta i nostri partner non sono più gli stessi, sono molto diversi da quelli incontrati durante e dopo il Concilio. Ci sono frammentazioni interne, nuovi problemi nel campo dell’etica, problemi sconosciuti nel passato. Anche nella Chiesa cattolica sono avvenuti cambiamenti; talvolta i nostri documenti sono difficili da digerire per i nostri partner”.

Del punto di vista dei partner, sicuramente parlerà Theodor Dieter, dal 1997 dell’Istituto di Ricerca Ecumenica di Strasburgo. “Sono diventato in senso stretto un ecumenista – racconta – quando sono stato chiamato ad insegnare all’Istituto di Ricerca Ecumenica”. Ma il suo è un percorso che parte da lontano: educato come un solido luterano, ha subito cercato un nuovo modo di raccontare la teologia, e lo ha trovato partendo dalle fonti, andando a leggere i padri della Chiesa e i teologi medievali. Un percorso, in fondo, simile a quello di Joseph Ratzinger dalla prospettiva cattolica. Un percorso che gli ha permesso di sviluppare una metodologia dialogica.

Ma ci sono anche da considerare gli studi sul Nuovo Testamento. Nel suo libro Gesù di Nazaret. Dall’ingresso a Gerusalemme alla Resurrezione (Libreria Editrice Vaticana), Benedetto XVI ha spesso citato il vescovo protestante Ulrich Wilckens e segnalato la sua Teologia del Nuovo Testamento come “opera di riferimento”. Presenterà allo Schulerkreis i suoi studi sul Nuovo Testamento, importantissimi per il dialogo ecumenico.

Un dialogo di cui si è occupato a lungo Charles Morerod, vescovo di Losanna, Ginevra e Friburgo, che è stato anche parte di diversi tavoli ecumenico In una intervista a 30 Giorni spiegava che il problema dell’infallibilità del Papa – messo in luce specialmente nel mondo ortodosso – viene dal fatto che “la fede non è mai l’esito di un sondaggio d’opinioni per far prevalere la maggioranza” e che “espressioni molto chiare e comprensibili su questo punto sono state scritte nel documento sul dono dell’autorità, elaborato dalla Commissione di dialogo fra cattolici e anglicani nel 1998. In quel documento c’è scritto che «ogni definizione solenne pronunciata dalla cattedra di Pietro nella Chiesa di Pietro e Paolo può esprimere solo la fede della Chiesa». Si riconosce che «il vescovo di Roma in determinate circostanze ha il dovere di discernere e di rendere esplicita la fede di tutti i battezzati in comunione, e questa soltanto», e che questo suo specifico ministero di primate universale è un «dono» che andrebbe «recepito da tutte le Chiese»”.

Si discuterà anche dell’ “ecumenismo pratico” di cui è considerato uno dei maggiori fautori il Patriarca ortodosso Kirill, ovvero una alleanza delle religioni di fronte alle nuove sfide di fronte ai cambiamenti sociali e politici di questo secolo, permeato dall’indifferenza religiosa e dalla progressiva secolarizzazione, senza necessariamente passare in prima istanza dalle diatribe dottrinali. È uno dei motivi per cui il patriarca, appena eletto, ha chiesto al Pontificio Consiglio Giustizia e Pace una copia del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa. Ed è stato anche uno dei temi della recente storica visita di Kyrill in Polonia, dove ha firmato un documento di riconciliazione con la Chiesa cattolica polacca.

Sono questi i temi sul tavolo di questi quattro giorni di incontro con gli ex studenti cui Benedetto XVI non ha mai voluto rinunciare. È dal 1977 che il Papa dà luogo a questi incontri. Quando fu eletto Papa, gli fu fatto notare che, dal momento che era pontefice, gli incontri sarebbero giocoforza terminati. Ratzinger rispose che invece avrebbe avuto piacere di continuarli. E così è stato. Arriva appositamente dalla Tanzania l’unico italiano dello Schulerkreis, padre Cornelio del Zotto (qui in una foto con Ratzinger professore nel 1975, a Roana). Ha studiato con Ratzinger in Germania, con il quale ha scritto una tesi sulla teologia dell’immagine in San Bonaventura, oggetto di studio anche da parte del Ratzinger studente. Pubblicato nel 1977, il libro di del Zotto meritato la prestigiosa prefazione del card. Ratzinger. Tra gli ex allievi del Papa, prende posto anche Cristoph Schoenborn, cardinale arcivescovo di Vienna. Definito sempre tra gli ex allievi di Ratzinger, proprio in ragione della sua partecipazione alla Schulerkreis, in realtà Schoenborn viene invitato agli incontri di ex allievi da quando ha fatto parte per la commissione della stesura del Catechismo. E sono presenti anche il vescovo ausiliare di Amburgo, Hans-Jochen Jaschke, il segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, monsignor Barthélémy Adoukonou, insieme con docenti, parroci, religiosi, religiose e laici. E poi, fanno parte del circolo di allievi monsignori passati per la Curia romana, come Helmut Moll (curatore del martirologio tedesco del XX secolo) e ecumenisti come Vinzenz  Pfnür; parroci tedeschi come Martin Trimpe e religiosi come il passionista Martin Bialas. E poi – scorrendo nella lista di oltre cinquanta nomi – troviamo anche il redentorista Rèal Tremblay – docente di teologia morale presso la Pontificia Accademia Alfonsiana –, il teologo moralista Vincent Twomey – che fece la proposta di azzerare i settori di episcopato irlandese generazionalmente coinvolti negli scandali di abusi sessuali del clero –  e la coreana Jung-Hi Victoria Kim, che negli anni di studio a Regensburg realizzò sotto la guida di Ratzinger una tesi più che originale sul confronto tra la caritas in Tommaso d’Aquino e lo jen, concetto centrale del confucianesimo.

Ed è ovviamente presente anche il cardinal Kurt Koch, oggi presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Fu lui, due anni fa, il relatore principale dello Schulerkreis dedicato all’ “Ermeneutica del Concilio Vaticano II”. E così Concilio Vaticano II e unità dei cristiani sono temi che si intrecciano ancora una volta. Chissà che dopo questo incontro, l’Anno della Fede e del Cinquantenario dell’apertura del Concilio non ci riservi qualche sorpresa ecumenica.

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