Mons. Nosiglia: ‘Molto oltre la paura’

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Si intitola ‘Molto oltre la paura’ la Lettera che mons. Nosiglia ha indirizzato a tutti i cittadini e agli abitanti del territorio in occasione della festa patronale di san Giovanni Battista. Quest’anno la Lettera è stata offerta anche alla diocesi di Susa, di cui ha assunto nell’ottobre 2019 la guida su richiesta di papa Francesco.

La copertina, ripresa da un codice medievale conservato nella Biblioteca Nazionale di Torino, illustra la ‘paura’ di Pietro, quando (invece di camminare sulle acque come Gesù gli aveva detto) dubita e comincia a sprofondare. La Lettera si articola in tre parti: la proposta di alcune riflessioni sul contagio e sui cambiamenti che il virus ha introdotto dei nostri modi di vivere; una lettura della realtà dei nostri territori partendo dalla necessità fondamentale del lavoro.

Non ci sono ‘ricette magiche’ ma, prima di tutto, un’istanza di metodo: le forze vive della società e delle istituzioni si coordinino, si sforzino all’incontro e alla collaborazione; un invito alla speranza. Non l’augurio generico che tutto vada bene, ma il richiamo a far crescere quei fondamenti di speranza che ci sono: la solidarietà fra la gente e le generazioni, le potenzialità professionali sparse sul territorio, la possibilità di un grande investimento sull’educazione.

La Lettera tiene conto della condizione di paura che ha alimentato e alimenta tutt’ora il cuore di tante persone: “Non è mai il panico a salvarci: ma sì il ‘rispetto’ del riconoscere i pericoli e le situazioni difficili. Ciò è tanto più vero in una società demograficamente ‘vecchia’ come la nostra, che tende, per ragioni di età e di cultura, ad appiattirsi sul presente anziché a preparare l’avvenire…

Proprio la realtà del contagio ci ricorda una volta di più che non viviamo da soli su un’isola deserta ma che la vita dell’intero pianeta è strettamente correlata per tutti. Anche le risposte ai problemi, allora, dovranno essere trovate insieme: e non solo nei provvedimenti che possono calare dall’alto ma nel condividere ragionamenti e informazioni, nella ricerca dei vaccini come nelle misure economiche e politiche”.

Le ragioni della paura si vince con un ‘patto sociale’per offrire aspettative ai giovani: “Abbiamo scoperto, anche, le fragilità del nostro benessere, che per altro conoscevamo già prima ma che forse non emergevano con questa drammatica chiarezza.

Perché è fragile un sistema sociale che non riesce ad offrire prospettive serie di futuro ai giovani, ma soltanto esistenze precarie… Ma la povertà, ben lungi dall’essere una maledizione biblica, è una grande opportunità, quando la intendiamo come capacità di servirci dell’essenziale e di fare a meno di ciò che, per quanto affascinante possa essere, è superfluo”.

Per l’arcivescovo di Torino il lavoro assume una posizione importante: “L’impegno per il lavoro è la vera ‘questione politica’ che abbiamo da affrontare qui e ora. Dignità delle persone, indipendenza economica e dunque libertà sono insieme le condizioni e gli obiettivi di questo percorso che incrocia tutte le altre problematiche e le ‘emergenze’ del tempo che stiamo vivendo”.

Il lavoro pone anche la questione educativa della qualificazione professionale: “All’interno della sfida del lavoro si situa il nodo centrale della ‘scommessa educativa’, l’ ‘investimento di lunga durata’ che è il solo efficace per costruire futuro.

Non si tratta, infatti, di creare posti di lavoro purchessia, ma di ricostruire percorsi di vera qualificazione professionale, adeguati ai progressi tecnologici e alla richiesta del mercato; ed è questo della formazione ad ogni livello il banco di prova delle ‘buone volontà’ di istituzioni, politica, sindacato, agenzie educative. Investire nella formazione significa anche valorizzare quella ‘alleanza’ fra generazioni che è altrettanto necessaria per il rilancio dell’area torinese”.

Per l’arcivescovo il tempo in cui si vive, si gioca sulla speranza: “Tante volte ci sorprendiamo a dire ‘speriamo!’ intendendo soltanto l’augurio che si avverino i nostri desideri, che si allontanino le nostre preoccupazioni. Ma sperare è molto di più: è costruirsi per un futuro diverso. In ogni momento siamo chiamati a compiere scelte che, in definitiva, portano verso un mondo più giusto o verso certi errori”.

La conclusione è quella di vincere il timore: “Cari amici, l’amore scaccia ogni timore. Torino ha delle potenzialità umane, spirituali, culturali, politiche ed economiche di prim’ordine ma deve credere di più in se stessa, riscoprire e rivitalizzare la sua anima che tiene unite tutte queste risorse e rappresenta il tesoro nascosto per il quale vale la pena sacrificare ogni altra cosa: è la radice religiosa e laica insieme che l’ha resa attiva e intraprendente, senza timori alcuni e protesa sempre più a un miglioramento che gli ha permesso di affrontare ogni crisi con uno scatto in avanti di orgoglio e di impegno solidale di ogni suo cittadino”.

(Foto: Copertina della Lettera)

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