Mons. Rigattieri invita a convertire la vita

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Nel giorno della festa di san Giovanni Battista il vescovo di Cesena-Sarsina, mons. Douglas Rigattieri, ha inviato una lettera alla città, riprendendo la domanda degli abitanti al precursore di Gesù, ‘E noi cosa dobbiamo fare?’, come accade oggi dopo la pandemia del coronavirus, perché davanti alla morte ed alla malattia ci troviamo a fare la stessa domanda:

“Al di là di alcune risposte immediate che la scienza e la tecnica si preoccupano di darci per evitare altri contagi, la risposta è sempre una sola: convertitevi! Fu la risposa data da Gesù a quelli che gli chiedevano ragione della morte di quei Galilei deceduti per il crollo della torre di Siloe; fu la risposta di Giovanni Battista, come ci ha detto il testo sopra riportato; non può non essere anche la risposta della Chiesa. Per approfondire un poco questo appello alla conversione vorrei partire anzitutto da tre immagini che la drammatica esperienza dell’infezione ci ha consegnato”.

Ed ha raccontato le tre immagini rimaste impresse nella sua mente, di cui la prima è la fila di camion militari che trasportavano nei diversi cimiteri o nei crematori le bare con i corpi morti di tanti cittadini: “E’ stato un richiamo forte alla morte e, per noi cristiani, alla vita eterna. Volenti o no, quella processione di camion militari invitava tutti a pensare alla méta del viaggio di ciascuno di noi. Siamo tutti incamminati verso quel traguardo.

Solo il pensiero di una vita che non avrà fine, bella e buona in Dio, potrà sostenerci in questo pellegrinaggio, non come motivo consolatorio, ma come certezza incrollabile fondata sulla risurrezione di Cristo. Ora, dopo la sua risurrezione, tutto è diverso”.

La seconda immagine utilizzata dal vescovo cesenate è quella di un’infermiera stanca dopo incessanti turni di lavoro all’ospedale: “Quella sorella, spossata per le tante ore di lavoro, impersonava i tanti medici, operatori  sanitari che, da veri eroi, si sono spesi e si spendono ancora oggi per i malati. Questa calamità, come tante altre nella storia, ha fatto scattare un immenso movimento  di solidarietà”.

La terza immagine è quella del papa in preghiera solo in piazza san Pietro: “Ci siamo resi conto ancora una volta che non sarà il progresso a salvarci, ma solo l’abbandono fiducioso in Dio, sentito come vera roccia della nostra vita a cui aggrapparci. Tale certezza è rimbalzata ancora con più forza se confrontata e rapportata alla fragilità che l’umanità intera sta vivendo. Sappiamo bene di non dover condannare la nostra fragilità; essa è piuttosto da accogliere”.

Mons. Rigattieri ha collegato questa immagine con quella delle sirene  delle ambulanze: “Il papa, solo con il Santissimo Sacramento in mano davanti a una piazza vuota è stato un messaggio, quasi un grido: abbiamo bisogno di Dio! In quel momento sono suonate le campane della basilica di san Pietro e, in fondo alla piazza, contemporaneamente, anche le sirene delle autoambulanze che trasportavano malati all’ospedale.

Se le campane rimandano alla voce di Dio e le sirene delle autoambulanze al grido sofferto degli uomini, lungi dal vedere nella sovrapposizione quasi una gara per stabilire chi poteva prevalere, mi è sembrato, invece, di udire un dialogo: da una parte la domanda accorata e drammatica dell’uomo (le sirene delle autoambulanze): Signore, dove sei?; dall’altra la risposta (il suono delle campane): Sono qui con te! Non temere”.

Queste immagini trovano risposta nelle parole di san Giovanni Battista, che invita alla conversione: “La conversione non è un cambiamento puramente esteriore o parziale, ma un orientamento di tutto l’uomo e coinvolge tutta la persona. Non si tratta solo di osservare di nuovo leggi o prescrizioni date da Dio, ma di rimettersi in cammino verso di Lui, rivedendo le scelte di fondo della propria vita”.

Per il vescovo cesenate la conversione è radicale: “In questo senso si può parlare della radicalità come di una caratteristica della conversione. Essa o è radicale o non è. Per assumere il linguaggio paolino, la conversione intende rifare l’uomo e renderlo nuovo, opponendolo all’uomo vecchio. A Nicodemo Gesù aveva parlato della necessità di nascere di nuovo e dall’alto”.

La conversione avviene per merito l’incontro dell’azione di grazia di Dio ed il desiderio dell’uomo: “Nella conversione quindi il primo movimento non è quello dell’uomo verso Dio, bensì quello di Dio verso l’uomo… L’uomo accoglie l’azione della grazia divina in lui e così si predispone al cambiamento…

La conversione si esprime concretamente nel servizio. Essa non si configura come un vago appello a cambiare. Lo stesso Giovanni Battista si premura di dare delle risposte concrete e di indicare dei percorsi precisi a coloro che gli chiedevano cosa fare”.

Nella lettera il vescovo ha indicato anche i ‘frutti’ derivati dalla conversione, che consiste nel passaggio dall’egoismo alla generosità, come dimostra l’immagine dell’infermiera: “La pandemia da Coronavirus ha fatto scattare, come tate altre volte in occasione di altre calamità, un’ondata di solidarietà. In mezzo alle ombre della morte, della paura e dello sconforto, è esplosa una grande solidarietà. Il rischio è che, finita la pandemia, tutto si spenga e sia archiviato come un bell’evento da tramandare alla storia”.

Un altro frutto è quello della ‘crisi’ dell’autosufficienza con l’invito a leggere alcuni brani biblici: “Questo passaggio ci obbliga a prendere coscienza di chi veramente siamo, e a non crederci dei superuomini. Ci farà bene rileggere nella Bibbia le immagini di questa fragilità umana: l’uomo è solo un soffio (Sal 39, 6-7; 62, 10; 144, 4), è alito di vento (Sal 78, 39), è come erba del campo e fiore che subito appassisce (Sal 37, 2; 90, 5-6; 102, 12; 103, 15-16), è un sogno irreale (Sal 90, 5), è mormorio leggero (Sal 90, 9), è ombra che svanisce (Sal 102, 12; 109, 23; 144, 4) e polvere che ritorna alla polvere (Sal 103, 14; 104, 29)”.

Il terzo passaggio consiste dalla vita terrena alla vita eterna: “La fragilità, la malattia e la morte che mai come in questi tempi abbiamo avvertito così vicine, non ci impediscano, poiché siamo portatori di un messaggio di speranza che ha la sua fonte nella Pasqua di Cristo, di vivere questo tempo come un tempo di grazia che ci dà ‘una grande lezione sul valore della vita che include la malattia e la fragilità’ e ci insegna ‘la sobrietà, l’essenzialità e la semplificazione’”.

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