Spazio pubblico e simbologia religiosa, tra fede, storia, cultura, ideologie e giurisprudenza

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“I simboli religiosi nello spazio pubblico. Profili giuridici comparati” del Prof. Stefano Testa von Bappenheim, Università di Camerino (Editoriale scientifica 2019, Collana Pubblicazioni della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Camerino), pagg. 948.

I simboli religiosi, nell’immaginario collettivo, scandiscono e modulano non solo le coscienze ma, anche, le forme ed i comportamenti dell’individuo e, in senso più largo, della società, con tutto il bagaglio sistemico e burocratico che la qualifichi: non si tratta, solo, della connotazione e dell’organizzazione interna d’un Paese ma, al contrario, è il tratto “semantico” di molte realtà territoriali, accomunate da un identico ‘sentire’, quand’anche separate da linee di confine, secondo i paradigmata di Habermas e quelli di Hirsch. Molto spesso sono i simboli religiosi a caratterizzare le identità di alcuni Paesi, e la società multiculturale del nostro tempo segna nel profondo le diverse realtà, allargandone al contempo infinitamente gli orizzonti sul piano della tolleranza, in una dimensione propositiva del fenomeno.

Un breve intervento del Prof. Stefano Testa von Bappenheim, Università di Camerino, intervistato da Fabio Marchese Ragona per Stanze Vaticane, TGCOM24.

Il saggio. Simboli religiosi e spazio pubblico: Paese che vai, legge che trovi
di Andrea Galli, Avvenire
Si fa presto a dire laicità, separazione tra Stato e Chiesa o tra Stato e religione. Ma anche senza scomodare il compianto giurista tedesco Ernst-Wolfgang Böckenförde e il suo mirabile detto «lo Stato liberale, secolarizzato, vive di presupposti che esso di per sé non può garantire», per capire che siamo di fronte a un dilemma basta considerare un singolo aspetto del tema: i simboli religiosi nello spazio pubblico. Per esempio, a fronte di costituzioni “ineccepibili”, di Paesi tra l’altro membri dell’Unione Europea, un’occhiata più da vicino al ruolo dei simboli religiosi nell’Europa dell’Est offre qualche sorpresa e qualche spunto di riflessione.
In Romania, per dire, la croce non è solo ben evidente nello stemma nazionale, cosa abbastanza frequente, ma lo è anche nell’inno nazionale che recita così: «Sacerdoti con la croce, avanti! Ché l’esercito [romeno] è cristiano». In Polonia la presenza di crocifissi nelle scuole pubbliche fu stabilita con un’apposita circolare subito dopo la caduta del Muro di Berlino, nel 1990. Nel 1997 è stato apposto un crocifisso anche nell’aula dell’assemblea parlamentare, la cui presenza è stata ri-approvata nel 2009. In Lituania nel 2013 il comune di Vilnius ha deciso con una delibera passata all’unanimità di installare in municipio una grande effigie di Cristo con corona e spada, come pubblica intronizzazione di Cristo Re dell’Universo. Un ricorso contro l’iniziativa, per presunta violazione del principio di laicità dello Stato, presentato al Tribunale distrettuale di Vilnius è stato respinto. Significativa la motivazione della locale Corte d’appello: la delibera in questione aveva una valenza essenzialmente socio-culturale e l’esposizione dell’immagine di Cristo Re non aveva causato il turbamento di alcun cittadino. Insomma, si tratta di un simbolo che parla della storia e dell’identità di un popolo e il passato non si può oscurare. Il confine tra culturale e religioso, per un simbolo, è tutt’altro che univoco.
Queste informazioni le prendiamo da un libro uscito da poco e scritto da Stefano Testa von Bappenheim, docente di Diritto ecclesiastico e di Diritto dei Paesi islamici all’Università di Camerino. È un lavoro monumentale in cui viene tracciato un quadro delle controversie sui simboli religiosi con relativa comparazione dei sistemi giuridici interessati, soprattutto nello spazio europeo ed americano, anche se il tema, come specifica l’autore, è globale.
È una ricerca di taglio accademico ma che anche al profano può tornare assai utile come una sorta di dizionario enciclopedico sull’argomento, da cui trarre dati che stuzzicano la curiosità e non solo.
Tornando all’esempio di prima, se l’uso dei simboli religiosi nell’Est Europa può sembrare ad alcuni una reazione ai decenni di ateismo imposto, può essere utile ricordare che ci sono ancora ben sette Paesi europei che hanno in costituzione l’indicazione di una religione di Stato.
E se si eccettuano Grecia e Bulgaria, gli altri non solo sono nella parte ovest dell’Europa, ma sono anche Paesi considerati tra i più secolarizzati del continente e del mondo: Danimarca. Norvegia, Islanda, Finlandia e Gran Bretagna. Religione di Stato implica ovviamente una simbologia religiosa nella sfera civile, ufficiale.
Il caso più intrigante resta quello della Gran Bretagna, dove per esempio il rito di incoronazione della Regina contiene formule che prese in sé farebbero gridare al «Medioevo » qualsiasi laicista della domenica. Eppure – questo ci porta a pensare lo studio di Testa von Bappenheim – se anche in Paesi dove il cristianesimo è ormai un fenomeno del tutto residuale si sceglie di non recidere il legame simbolico con esso, vuol dire che il bisogno di certi simboli è più essenziale di quanto una giurisprudenza algida riesca spesso a comprendere.

SOMMARIO

Capitolo I
CONTROVERSIE SUI SIMBOLI RELIGIOSI, UN FENOMENO POSTMODERNO
I.1. Definizione del concetto di simbolo 16
I.2. Definizione del concetto di spazio pubblico 22
I.3. I simboli religiosi nella tradizione e storia di alcuni Paesi 32
I.4. Lo spazio pubblico nella tradizione di alcuni Paesi 42
I.5. Origine delle tradizioni 53
I.6. Uso di simboli laici e religiosi nella politica contemporanea 62
I.6.1. L’attrazione fatale per il Vaticano 65
I.6.2. Le battaglie sulla Senna 75
I.6.3. Il Muro sul Potomac 85
I.7. I simboli nel pensiero moderno (Böckenförde, Rawls) 96
I.8. I simboli nello spazio moderno (Habermas) 103
I.9. Ritorna l’iconoclastia? 112
I.10. Multiculturalismo non autodistruttivo 115
Bibliografia del Capitolo I 127
Capitolo II
SIMBOLI E LIBERTÀ RELIGIOSA IN EUROPA
II.1. La presenza di simboli religiosi nelle tradizioni nazionali 165
II.2. I simboli religiosi negli spazî pubblici europei non piacciono per molti motivi 176
II.3. Pericolosità dei simboli per imperialismo emozionale 184
II.4. Eguaglianza violata 190
II.5. Ma davvero davvero simboli culturali? 195
II.6. Il carattere identitario dei simboli religiosi 206
II.7. Le emozioni non finiscono mai 212
II.8. Simboli religiosi e principio maggioritario 217
II.9. La scusa delle radici storiche 225
II.10. La scusa del simbolo culturale 236
II.11. La scusa dell’identità nazionale 251
II.12. Contro il proselitismo dei simboli 260
II.13. Una dottrina e una cultura diverse, il rispetto della tradizione 265
II.14. Simbologia religiosa e autocoscienza nazionale 274
II.15. La vera linea di demarcazione fra laicità positiva e laicità negativa 280
II.16. La controversia europea sul crocifisso, lo spartiacque giurisprudenziale di Strasburgo 285
II.17. Come nacque il caso Lautsi? Strasburgo prende la parola 291
II.18. Reazioni alla Lautsi-1 299
II.19. Obiezioni di merito alla sentenza di primo grado 303
II.20. Intervento della Grande Chambre e cambio di paradigma 309
Bibliografia del Capitolo II 327
Capitolo III
L’EVOLUZIONE NELLE TERRE D’OCCIDENTE
III.1. Molto spazio pubblico 373
III.2. Ma la laïcité, di preciso, cos’è? 380
III.3 La tradizione separatista di Parigi 389
III.4. Deriva estrema, lampi moderati 398
III.5. Non Angli, sed angeli 412
III.6. La laicità di Sua Maestà 422
III.7. A Londra si respira libertà 430
III.8. Arminio perdonato 444
III.9. Alles in Ordnung 453
III.10. Berlino fra confessionismo e maturazione laica 466
III.11. Simboli e spazio pubblico, dialettica complicata 478
III.12. Metamorfosi multiculturale 487
III.13 Non solo stars and stripes 493
III.14.I Superpoteri del Primo Emendamento 501
III.15 Dal Nuovo Mondo, pluralismo e libertà religiosa 509
III.16. La città sulla collina 518
III.17. Revirement e controrevirement 527
III.18. La fatica della laicità oggi 537
III.19 Breaking news 549
III.20.Il Paese che ha più simboli: dal confessionismo alla grande tolleranza 558
III.21. La flessibilità dell’ordinamento per i simboli religiosi 571
Bibliografia del Capitolo III 583
Capitolo IV
LE CONTROVERSIE NEI PAESI FENOTIPO
IV.1. Come si arriva ad Isabella 619
IV.2. ¿Que pasa? 629
IV.3. Fede inseparabile dalla coscienza nazionale? 640
IV.4. I simboli doppiamente astratti 650
IV.5. Evangelizzazione importante 660
IV.6. Fermi tutti, c’è un Concordato 668
IV.7. All’avanguardia dell’integrazione 673
IV.8. Le fortissime radici 678
IV.9. Vicini vicini, ma… 685
IV.10. La coabitazione 693
IV.11. Fra le Fiandre e Parigi 701
IV.12. La laicità non è un carnevale 710
IV.13. Chiamate Pedro Cabral! 715
IV.14. Le divinità greche 720
IV.15. Il prezioso Cartier 730
IV.16. La supremazia di Dio 738
IV.17. Simboli e preghiere 743
IV.18. Gli altri simboli sotto la foglia d’acero 756
IV.19. San Patrizio 764
IV.20. Dottrina scritta in verde 774
IV.21. I simboli a Dublino 779
IV.22. Cristianizzare i Vichinghi 782
IV.23. Una storia più dolce 787
IV.24. I simboli religiosi più a nord d’Europa 794
IV.25. Re Dagoberto in azione 801
IV.26. Laicità arancione 809
IV.27. La tolleranza quasi tollerante 816
IV.28. Sfrattati gli Incas 825
IV.29. La laicità sulle Ande 831
IV.30. Il Te Deum fondazionale 836
IV.31. Seguendo i vicini 846
IV.32. I simboli difficili 853
IV.33. Al freddo, calde discussioni sui simboli 858
IV.34. Un’evangelizzazione complessa 865
IV.35. Il muro della Riforma 875
IV.36. Neutrale ma confederale 885
Bibliografia del Capitolo IV 897
CONCLUSIONI 941

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