Lo strano caso del presunto abusatore Zanchetta, riapparso. E il processo promesso dal Papa a carico del suo amico?

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«Il secondo caso (che è un caso di un non-arresto, perché l’uomo che veste di bianco invoca per suo amico la presunzione d’innocenza), dell’argentino Gustavo Óscar Zanchetta, diplomato tecnico meccanico elettricista e Vescovo emerito di Orán, dal 19 dicembre 2017 Assessore dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Alla fine del 2018 viene accusato da tre seminaristi di violenze sessuali e da altri dieci di abusi di potere e di una cattiva gestione finanziaria. Il 21 novembre 2019, il procuratore dell’Ufficio sulla violenza di genere e sui crimini contro l’integrità sessuale di Orán ha richiesto un mandato di cattura internazionale nei suoi confronti. Anche se il Papa non ha mai voluto parlare direttamente delle vicende di Zanchetta, comunque nella lunga intervista del 28 maggio 2019, alla televisione messicana Televisa ha accennato che Zanchetta sarebbe restato in Vaticano, perché nel dubbio bisognava sostenere il presunto colpevole. In dubbio pro reo. Zanchetta si proclama innocente. Tutto doveva chiarirsi in tribunale, anche se tecnicamente non è prevista nessuna estradizione dal Vaticano all’Argentina in assenza di accordi, scriveva nel 2019 Il Messaggero: “Spetterà al Papa decidere cosa fare. E non sarà una scelta facile”. Quindi, si sostiene Zanchetta, perché “in un processo aperto vige la presunzione d’innocenza persino per i giudici più anticlericali, per tutti” e nel caso Zanchetta le misure drastiche non erano buone, mentre per Torzi le misure drastiche sono buonissime.
Infine, a metà maggio, finito l’isolamento per il Covid-19, il colpo di scena: Massimo Franco scrive oggi su Corriere.it che i dipendenti dell’APSA hanno avuto una sorpresa, perché “sarebbe ricomparso Mons Gustavo Zanchetta, amico di Bergoglio” e “avrebbe ripreso il suo lavoro: un altro dei misteri di questa fase”» (Saga “60SA” – Inchiesta della magistratura vaticana per scandalo finanziario in Segreteria di Stato. Riflettore sulle normative vaticane vigenti – 10 Giugno 2020).

Nell’intervista per Televisa del 28 maggio 2019 Papa Francesco ha dichiarato: “Di fatto, come vescovo, devo giudicarlo io, ma in questo caso ho detto no. Facciano un processo, emettano una sentenza e io la promulgo”. Quello che dice (ma non è un mistero) è che in altri casi li caccio direttamente lui senza processo, perché magari quelli che vorrebbe cacciare, in un processo potrebbero avere la ragione da parte dei giudici e quindi dovrebbe cacciare anche i giudici.

Certo, è stato un colpo da maestro, anzi geniale, nominare Assessore (pure a posizione creata ad hoc) all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, Sua Eccellenza Reverendissima Gustavo Óscar Zanchetta, suo amico e protetto, nonché presunto responsabile di truffa e malversazione, in odore di una gestione economica delle cose non del tutto chiara, economicamente disordinato, accusato di una cattiva gestione finanziaria (ma con una buona visione, capacità di diagnosi, di gestione e di consulenza… complimenti), con un modo di trattare dispotico e autoritario, accusato di abusi di potere. Veramente un curriculum di tutto rispetto. Senz’altro, Zanchetta era l’uomo giusto al posto giusto.

Invece, per quanto riguarda l’accusa formulata da tre seminaristi di violenze sessuali, si è fatto il processo che l’uomo che veste di bianco ha promesso pubblicamente il 28 maggio 2019 (processo che stava per concludersi, allora, un anno fa…)? Se sì, è stato emesso una sentenza? Se no, perché no? Se sì, la sentenza è stato promulgato dall’uomo che veste di bianco, come aveva promesso? Se si, perché la promulgazione non è stata comunicata?

Valentina Alazraki aveva ragione da vendere, a chiedergli, il 28 maggio 2019: “Penso che sia stato importante raccontare tutto ciò, non crede?”. Ovviamente, anche l’uomo che veste di bianco aveva ragione, che non può “farlo ogni momento”. Ma per questo ha un Dicastero per la Comunicazione, con un Prefetto e una filza di Uffici e di Direttori, con abbastanza personale per “farlo ogni momento”.

Quindi, se non è stata data comunicazione della promulgazione della sentenza, si può presumere che la sentenza non c’è stata. Intanto, sembra che Zanchetta sia tornato dall’Argentina e sembra che si sia rimesso dietro la sua scrivania da Assessore all’APSA (da cui in gennaio 2019 era stato sospeso). Non sarebbe ora di chiarire questo strano caso di un non-arresto?

Con l’occasione, sarebbe anche opportuno comunicare quali sono esattamente le funzioni di Zanchetta, visto che il ruolo di Assessore all’APSA è del tutto inedito e che mai sono state specificate le sue competenze all’interno di questo Dicastero chiave della Santa Sede.

Dall’articolo di Massimo Franco – Corriere.it, 10 giugno 2020)
«(…) a metà maggio, finito l’isolamento per il Covid-19, i dipendenti hanno avuto una sorpresa: sarebbe ricomparso monsignor Gustavo Zanchetta, amico di Bergoglio, contro il quale la magistratura argentina ha spiccato nel novembre del 2019 un mandato di cattura per abusi sessuali. Zanchetta, nominato “assessore” dell’Apsa nel 2017, avrebbe ripreso il suo lavoro: un altro dei misteri di questa fase».

Le ombre del Cupolone: in Vaticano torna il presunto abusatore
di Alessandro Rico
Nicolaporro.it, 11 giungo 2020

Sul Corriere di oggi, Massimo Franco sgancia una bomba, ma la nasconde in coda a un pezzo piuttosto piatto sullo scandalo dell’immobile vaticano a Londra. La notizia è questa: all’Apsa, Amministrazione del patrimonio della sede apostolica, sarebbe tornato a lavorare l’assessore, monsignor Gustavo Zanchetta. Piccolo particolare: contro di lui, nel novembre 2019, la magistratura argentina aveva spiccato un mandato di cattura internazionale.
Alla fine del 2018, monsignor Zanchetta era stato accusato di violenza sessuale da tre seminaristi. Altri dieci gli avevano contestato abusi di potere e cattiva gestione finanziaria. Una Procura argentina aveva formalizzato quei capi d’imputazione, costringendolo a sospendere la sua attività presso la Santa Sede, che era iniziata nel dicembre 2017. Tre mesi prima dello scandalo, Zanchetta aveva anche partecipato agli esercizi spirituali in Vaticano con papa Francesco, che del vescovo argentino è un grande sostenitore. Eppure, lo stesso Jorge Mario Bergoglio, che gli ha conferito un incarico di tipo economico, in un’intervista a una tv messicana, aveva ammesso che Zanchetta “economicamente era disordinato”, anche se “la visione è buona”. A febbraio 2019, un report uscito in Argentina su El Tribuno aveva dimostrato come le alte gerarchie ecclesiastiche, Pontefice incluso, sapessero già dal 2015 dei guai di Zanchetta, oltre che delle sue foto a dir poco imbarazzanti che lo immortalavano in compagnia di alcuni seminaristi.
Il 27 novembre scorso, monsignor Zanchetta si è presentato davanti ai giudici argentini. Ma già il 30 novembre, la testata argentina La Nacion rivelava che il prelato era stato nuovamente avvistato in Vaticano, dal momento che in patria non era stata emessa alcuna misura restrittiva nei suoi confronti. La Nacion si chiedeva: “Cosa ci fa Zanchetta in Vaticano, se è sospeso dalla sua posizione all’Apsa?”. La risposta, a quanto pare, la fornisce oggi Franco: il vescovo è stato reintegrato nel suo incarico. Ecco cosa ci fa a Roma.
Rimane da capire: perché? La linea di Bergoglio sui presunti abusatori era chiara: tolleranza zero. Al punto da rinunciare persino a ragionevoli cautele garantiste. Ma allora per quale motivo il cardinale australiano George Pell, scagionato in secondo grado dalle accuse di violenza sessuale, è stato definitivamente liquidato dalla Segreteria per l’Economia, in seguito a un processo partito proprio quando aveva cominciato a ficcare il naso in un milione di euro custodito in conti celati ai bilanci? E perché, al contrario, pur avendo qualificato il proprio Pontificato come quello delle riforme, il Papa avrebbe lasciato che fosse reintegrato nel suo delicato incarico economico un vescovo “chiacchierato” e, per stessa ammissione di Francesco, “economicamente disordinato”? È solo questione di amicizia personale? O nella Santa Sede c’è un segreto inquietante, capace di condizionare persino le scelte del rivoluzionario Bergoglio?

Dal Diario Facebook di Vik van Brantegem, 8 novembre 2019)
«ll Vescovado di Orán in Argentina, è stato perquisito nell’ambito di un’indagine per presunte frodi allo Stato o di amministrazione fraudolenta, per fatti accaduti quando Mons. Gustavo Zanchetta, che è anche accusato di abusi sessuali, era il vescovo, secondo fonti del Ministero Pubblico di Salta. Zanchetta si è dimesso da Vescovo di Orán il 31 luglio 2017, su richiesta di Papa Francesco, che nel dicembre di quell’anno lo ha nominato Consigliere nell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica-APSA».

Il Caso Zanchetta. Colpo di scena
ABUSO SESSUALE. Nel mezzo dell’indagine, il vescovo Zanchetta è stato autorizzato a tornare in Vaticano
Il giudice Parisi gli ha concesso un permesso speciale per “motivi di lavoro”. Anche se il vescovo è sospeso dalle sue funzioni.
di Silvia Noviasky
El Tribuno, 21 giugno 2019

Oggi, il giudice delle garanzie di 2ª nomina, Claudio Alejandro Parisi, ha autorizzato la partenza del vescovo Gustavo Zanchetta che può tornare in Vaticano. Attraverso il suo secondo avvocato difensore penale Enzo Gianotti, il vescovo che è stato denunciato da due seminaristi per abuso sessuale, ha richiesto la revoca delle misure restrittive della libertà e il ritorno dei suoi documenti personali sequestrati per poter tornare a Santa Marta, la residenza del Vaticano dove risiede con il Papa al quale rimane vicino. Il procuratore incaricato dell’indagine, Soledad Filtín si è opposto alla richiesta per l’importanza della fase investigativa in cui si trova il caso, perché l’accusa è in attesa di alcune prove che “potrebbe richiedere la sua presenza” (di Zanchetta). Il Giudice Parisi ha chiarito che riconoscere l’abrogazione delle misure restrittive “inciderebbe sui fini della procedura penale” e condivide il criterio con il procuratore Filtrín secondo cui “non sono presenti i requisiti” per consentire di ridare la libertà a Zanchetta. Quindi non ha ritirato le misure restrittive, ma gli ha concesso il permesso per un viaggio speciale con ritorno l’8 agosto alle 10 di mattina, quando dovrà comparire davanti ai tribunali. Le ragioni con cui il giudice giustificava il permesso era “di natura lavorativa”. Anche se il vescovo, secondo quando dichiarato da Papa Francesco, è sospeso da qualsiasi funzione, in attesa del processo canonico autorizzato da lui come capo della Chiesa cattolica.

Dal Diario Facebook di Vik van Brantegem, 7 giugno 2019
«Il vescovo argentino Gustavo Zanchetta non può uscire dal Paese e se non rispetta alcuni divieti potrebbe essere arrestato – Ieri, 6 giugno 2019 il giudice argentino Claudio Parisi ha accusato formalmente l’ex vescovo di Orán, mons. Gustavo Zanchetta (nella foto durante un udienza con Papa Francesco, il 10 marzo 2018 [foto in copertina]) di un grave reato: abuso sessuale su due seminaristi mentre era ordinario diocesano e quindi prima ad essere nominato il 19 dicembre 2017 da Papa Francesco Assessore dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA). Il ruolo di Assessore di questo dicastero era del tutto inedito».

Intervista a Papa Francesco di Valentina Alazraki, trasmessa il 28 maggio 2019 dall’emittente messicana Televisa e pubblicata da Vatican News e da L’Osservatore Romano

Valentina Alazraki – Parlando sempre della mancanza d’informazione o del fatto che non arriva tutto, in Argentina, per esempio, i media dicono che avevano informato circa monsignor Zanchetta, che voi qui in Vaticano sapevate. Lei lo ha portato qui, lo ha messo in un posto che ha creato praticamente dal nulla per lui. Questo la gente non lo capisce.
Papa Francesco – No, ma bisogna spiegarlo alla gente.

Valentina Alazraki – Per questo mi piacerebbe che lei lo spiegasse.
Papa Francesco – Vuole che lo spieghi ora? Lo faccio volentieri.

Valentina Alazraki – Se lei vuole…
Papa Francesco – Sì. allora, c’era stata un’accusa e, prima di chiedergli la rinuncia, l’ho fatto venire subito qui con la persona che lo accusava. Un’accusa con telefono.

Valentina Alazraki – Immagini…
Papa Francesco – Sì, ma alla fine si è difeso dicendo che lo avevano hackerato, e si è difeso bene. Allora di fronte all’evidenza e a una buona difesa resta il dubbio, ma in dubio pro reo. Ed è venuto il cardinale di Buenos Aires per essere testimone di tutto. E l’ho continuato a seguire in modo particolare. Certo, aveva un modo di trattare, a detta di alcuni, dispotico, autoritario, una gestione economica delle cose non del tutto chiara, sembra, ma ciò non è stato dimostrato. È indubbio che il clero non si sentiva trattato bene da lui. Si sono lamentati, finché hanno fatto, come clero, una denuncia alla Nunziatura. Io ho chiamato la Nunziatura e il Nunzio mi ha detto: “Guardi, la questione della denuncia per maltrattamenti è seria”, abuso di potere, potremmo dire. Non l’hanno chiamata così, ma questo era. L’ho fatto venire qui e gli ho chiesto la rinuncia. Bello e chiaro. L’ho mandato in Spagna a fare un test psichiatrico. Alcuni media hanno detto: “Il Papa gli ha regalato una vacanza in Spagna”. Ma è stato lì per fare un test psichiatrico, il risultato del test è stato nella norma, hanno consigliato una terapia una volta al mese. Doveva andare a Madrid e fare ogni mese una terapia di due giorni, per cui non conveniva farlo tornare in Argentina. L’ho tenuto qui perché il test diceva che aveva capacità di diagnosi di gestione, di consulenza. Alcuni lo hanno interpretato qui in Italia come un “parcheggio”.

Valentina Alazraki – E l’hanno criticata perché ha detto che qui si era comportato bene e lo ha messo nell’Apsa.
Papa Francesco – Non è stato così. Economicamente era disordinato, ma non ha gestito male economicamente le opere che ha fatto. Era disordinato ma la visione è buona. Ho iniziato a cercare un successore. Una volta insediato il nuovo vescovo, a dicembre dello scorso anno, ho deciso di avviare l’indagine preliminare delle accuse che gli erano state mosse. Ho designato l’arcivescovo di Tucumán. La Congregazione dei Vescovi mi ha proposto vari nomi. Allora ho chiamato il presidente della Conferenza Episcopale Argentina, l’ho fatto scegliere e ha detto che per quell’incarico la scelta migliore era l’arcivescovo di Tucumán. Chiaro, metà dicembre in Argentina è come metà agosto qui, e poi gennaio e febbraio come luglio, agosto. Ma qualcosa hanno fatto. Circa quindici giorni fa mi è ufficialmente arrivata l’indagine preliminare. L’ho letta, e ho visto che era necessario fare un processo. Allora l’ho passata alla Congregazione per la Dottrina della Fede, stanno facendo il processo. Perché ho raccontato tutto questo? Per dire alla gente impaziente, che dice “non ha fatto nulla”, che il Papa non deve pubblicare ogni giorno quello che sta facendo, ma fin dal primo momento di questo caso, non sono rimasto a guardare. Ci sono casi molto lunghi, che hanno bisogno di più tempo, come questo, e ora spiego il perché. Perché, per un motivo o per l’altro, non avevo gli elementi necessari, ma oggi è in corso un processo nella Congregazione per la Dottrina della Fede. Cioè non mi sono fermato.

Valentina Alazraki – Penso che sia stato importante raccontare tutto ciò, non crede?
Papa Francesco – L’ho raccontato ora. Ma non posso farlo ogni momento, ma non mi sono mai fermato. Adesso, che il processo sta per concludersi, lo lascio nelle loro mani. Di fatto, come vescovo, devo giudicarlo io, ma in questo caso ho detto no. Facciano un processo, emettano una sentenza e io la promulgo.

Note biografiche

Gustavo Óscar Zanchetta è nato a Rosario (Argentina) il 28 febbraio 1964. Il 20 dicembre 1982 ha ottenuto il diploma di tecnico meccanico elettricista presso l’Istituto industriale di La Cumbre, e quindi ha fatto qualche anno di formazione con i padri cappuccini di Quilmes. Nel 1984 ha seguito il primo anno di filosofia presso la Pontificia università cattolica argentina a Buenos Aires. Nel 1985 è entrato nel seminario “Regina degli Apostoli” di Quilmes ed ha seguito gli studi ecclesiastici nel Centro filosofico e teologico “San Toribio de Mogrovejo” di Quilmes.
Il 13 dicembre 1991 è stato ordinato presbitero per la diocesi di Quilmes da Monsignor Jorge Novak. Nel 1993 è stato nominato segretario della commissione per i ministeri della Conferenza episcopale argentina. Ha quindi svolto i ministeri di vicario parrocchiale, parroco della parrocchia di San Francesco d’Assisi e amministratore parrocchiale della parrocchia di Nostra Signora del Puente a Berazategui, direttore del pre-seminario, economo del seminario maggiore, segretario del vescovo emerito di Quilmes, professore nel Profesorado de Ciencias Sagradas e nel seminario di Quilmes e consigliere del Movimiento Familiar Cristiano. Nel 2000 ha ottenuto la licenza in teologia fondamentale presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma. Fino alla nomina episcopale è stato sottosegretario esecutivo della Conferenza episcopale argentina.
Il 23 luglio 2013, poco dopo la sua elezione, Papa Francesco ha nominato Zanchetta Vescovo di Orán. Fu consacrato vescovo il 19 agosto successivo dall’Arcivescovo metropolita di Corrientes Andrés Stanovnik, co-consacranti il Vescovo di Quilmes Carlos José Tissera, il Vescovo di La Rioja Marcelo Daniel Colombo, il Vescovo di San Isidro Óscar Vicente Ojea Quintana e il Vescovo ausiliare di Buenos Aires Enrique Eguía Seguí. La Diocesi di Orán è situata nel nord del paese ed è caratterizzata dalla costante minaccia del narcotraffico, da povertà e altre problematiche.
Il 29 luglio 2017 Zanchetta si è dimesso da Vescovo di Orán per problemi di salute non meglio precisati. Però. El Tribuno ha svelato che dietro le improvvise dimissioni non sarebbero problemi di salute, ma in realtà accuse di abusi sessuali – avvenuti tra il 2014 e il 2015 – e di cui la Chiesa era stata informato. A confermarlo, una Nota con cui cinque subalterni di Zanchetta nel Vescovado di Orán, hanno allertato l’allora Nunzio Zpostolico in Argentina, Monsignor Paúl Emile Tscherrig, su “strani atteggiamenti verso i seminaristi”.

Il testo fu pubblicato il 21 febbraio 2019 da El Tribuno. Uno dei cinque religiosi che hanno firmato il rapporto ha confermato all’Associated Press la sua autenticità, ma ha chiesto che la sua identità sia mantenuta riservata a causa della sensibilità della questione. Padre Juan José José Manzano, alla fine di gennaio 2019 aveva detto all’Associated Press di aver inviato relazioni alla Santa Sede tra il 2015 e il 2017 accusando Zanchetta di cattiva condotta, con foto di sé nudo e la molestia dei seminaristi adulti. Uno di questi rapporti fu pubblicato il 21 febbraio 2019 da El Tribuno in concomitanza con l’inizio del vertice delle Conferenze Episcopali a Roma per affrontare il flagello dell’abuso sessuale che ha afflitto la Chiesa cattolica. La AP ha contattato la Nunziatura e l’Arcivescovado di Buenos Aires per un commento sui documenti interni venuti alla luce, ma nessuno ha risposto alla richiesta. Il documento indirizzato alla Nunziatura di Buenos Aires afferma che nel settembre 2015 il cancelliere segretario di Zanchetta, il laico Luis Amancio Díaz, ha avuto accesso al cellulare di Zanchetta su richiesta dello stesso, per scaricare alcune fotografie legate agli affari ufficiali e che tra queste ha potuto notare “immagini pornografiche di sesso omosessuale esplicito tra giovani e altri che si auto-fotografavano (sic) con il sistema “selfie” nudo, mostrando i loro organi genitali e in atteggiamenti masturbatori, inviati dal loro telefono cellulare ad un’altra persona (non identificata)”. Diaz ha detto: “Ho collegato le immagini con il seminario, che ora funziona accanto alla curia e alla casa vescovile”. La denuncia interna contro Zanchetta – elaborata e firmata da tre vicari generali e due monsignori – avvertiva anche di “strani atteggiamenti verso i seminaristi, come guardarli di notte passeggiando per le loro stanze a tarda notte con una torcia elettrica, chiedendo massaggi, entrando nelle loro stanze quando si alzavano, seduti sul loro letto o incitandoli a bere bevande alcoliche o una certa preferenza per quelli più attraenti, secondo i commenti dei seminaristi stessi”. Il rapporto afferma che una chiavetta USB con il materiale compromettente di Zanchetta era stata inviata al Cardinale primate d’Argentina, Mario Poli. In un altro paragrafo, si sostiene che Zanchetta non ha segnalato alla Santa Sede la vendita di due proprietà per un valore totale di un milione di dollari perché “secondo il vescovo Sua Santità gli ha suggerito personalmente di non comparire da nessuna parte per evitare che la diocesi sia considerata meno bisognosa”. A quanto pare Zanchetta era a conoscenza delle denunce interne, poiché nell’ottobre 2015 era stato convocato in Vaticano. Al suo ritorno, Diaz raccontò che Zanchetta disse a Papa Francesco che si trattava di un “fotomontaggio, che erano trucchi”.
Il 19 dicembre 2017 Papa Francesco ha nominato Zanchetta Assessore dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Il ruolo di Assessore di questo dicastero, l’organismo centrale nell’amministrazione patrimoniale del Vaticano, è del tutto inedito. Perciò non è chiaro quali saranno esattamente le sue funzioni.
A seguito dell’indagine previo, agli inizi di gennaio Zanchetta era stato sospeso dal suo incarico all’APSA, informava a gennaio il Direttore ad interim della Sala Stampa della Santa Sede, Alessandro Gisotti.
“In riferimento agli articoli pubblicati recentemente da alcuni organi di informazione, e ad alcune ricostruzioni fuorvianti, posso ribadire con fermezza quanto già dichiarato lo scorso 4 gennaio. Ribadisco inoltre che il caso è allo studio e che al termine di tale procedimento verrà data informazione sugli esiti”, ha detto Alessandro Gisotti il 22 gennaio 2019, rispondendo alle domande di alcuni giornalisti sulla vicenda. “Mons. Zanchetta – aveva dichiarato Gisotti ai giornalisti il 4 gennaio 2019 – non è stato rimosso dalla diocesi di Orán. Fu lui a dimettersi. La ragione delle sue dimissioni è legata alla sua difficoltà nel gestire i rapporti con il clero diocesano e in rapporti molto tesi con i sacerdoti della diocesi. Al momento delle sue dimissioni vi erano state contro di lui accuse di autoritarismo, ma non vi era stata contro di lui alcuna accusa di abuso sessuale. Il problema emerso allora era legato alla incapacità di governare il clero. Dopo le dimissioni ha trascorso un periodo di tempo in Spagna”. “Dopo il periodo in Spagna, in considerazione della sua capacità gestionale amministrativa, è stato nominato assessore dell’Apsa (incarico che non prevede comunque responsabilità di governo del Dicastero)”, aveva proseguito Gisotti, precisando che “nessuna accusa di abuso sessuale era emersa al momento della nomina ad assessore. Le accuse di abuso sessuale risalgono infatti a questo autunno. Sulla base di queste accuse e delle notizie emerse di recente sui media, il vescovo di Orán ha già raccolto alcune testimonianze che devono ancora arrivare alla Congregazione per i vescovi”. “Qualora venissero confermati gli elementi per procedere – aveva concluso Gisotti -, il caso sarà rimesso alla commissione speciale per i vescovi. Durante l’investigazione previa, mons. Zanchetta si asterrà dal lavoro”.
Però, come menzionato prima, El Tribuno ha citato diversi sacerdoti della diocesi di Orán, che affermano che una denuncia per abusi sessuali era stata presentata alla Nunziatura Apostolica già nel 2015, e che di ciò si parlava apertamente nella diocesi e fra i sacerdoti. Smentendo quindi la versione fornita dalla Santa Sede.

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