Saga “60SA” – Inchiesta della magistratura vaticana per scandalo finanziario in Segreteria di Stato. Riflettore sulle normative vaticane vigenti

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Come si sa, la confortevole caserma del Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano, da venerdì scorso ha un’altro ospite. Come ha comunicato la Sala Stampa della Santa sede, qui è detenuto il broker italo-inglese Gianluigi Torzi, che fece da intermediario per far tornare alla Segreteria di Stato la proprietà di un immobile di pregio al numero 60 di Sloane Avenue a Londra.

Come abbiamo visto nella nostra copertura precedente, dire che si tratta di una vicenda piuttosto complessa è un understatement. Già tanto è stato scritto sul caso degli investimenti della Segreteria di Stato e molto altro seguirà ancora.

Il mandato di cattura nei confronti di Gianluigi Torzi – recitava il Comunicato della Sala Stampa della Santa Sede del 5 giugno 2020 – “a firma del Promotore di Giustizia, Prof. Gian Piero Milano, e del suo Aggiunto, Avv. Alessandro Diddi, è stato emesso in relazione alle note vicende collegate alla compravendita dell’immobile londinese di Sloane Avenue, che hanno coinvolto una rete di società in cui erano presenti alcuni Funzionari della Segreteria di Stato. All’imputato vengono contestati vari episodi di estorsione, peculato, truffa aggravata e autoriciclaggio, reati per quali la Legge vaticana prevede pene fino a dodici anni di reclusione. Allo stato il Sig. Gianluigi Torzi è detenuto in appositi locali presso la Caserma del Corpo della Gendarmeria”.

Prof. Francesco Margiotta Broglio.

In questa puntata della saga “60SA” riportiamo un “contributo” pubblicato oggi dal Faro di Roma (aka di Santa Marta), sotto forma di intervista al “noto giurista Francesco Margiotta Broglio, Professore Emerito di Storia dei rapporti tra Storia e Chiesa presso l’Università di Firenze, che tra l’altro è stato presidente della Commissione governativa per la revisione dei Patti Lateranensi, che disciplinano i rapporti tra Stato Italiano e Chiesa. Attraverso i lavori di questa commissione, si arrivò nel 1984 al Nuovo Concordato, che fu firmato dal Presidente del Consiglio, Bettino Craxi, e il Segretario di Stato della Santa Sede, Agostino Casaroli”.
A questo possiamo aggiungere che Margiotta Broglio presiede la Commissione consultiva per la libertà religiosa presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Commissione UNESCO per la lotta alla discriminazione nell’insegnamento. È editorialista del Corriere della sera. Tra i promotori di un approccio comparatistico al diritto ecclesiastico, ha seguito in saggi e ricerche l’evoluzione della legislazione religiosa nel processo d’integrazione europea. Tra i suoi libri: Italia e Santa Sede dalla grande guerra alla conciliazione (1966); La protezione della libertà religiosa nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo (1967); Il matrimonio tra Stato e Chiesa (1977); Religioni e sistemi giuridici. Introduzione al diritto ecclesiastico comparato (con C. Mirabelli e F. Onida, 2001).

Le risposte del “noto giurista Margiotta Broglio” alle domande di Nazareno Galiè pubblicate sul Faro di Santa Marta “per avere suo parere sulla legittimità dell’arresto di Torzi, avvenuto nella Città del Vaticano, a seguito di un interrogatorio”, sollevano non poche perplessità.

Un punto un particolare meriterebbe un commento a parte, ovvero la giustificazione da parte del “grande giurista Margiotto Broglio” – quos Deus perdere vult, dementat prius – degli atti illegali del Cardinale elettricista, sottolineando pure che furono compiuto per ordine del uomo che veste bianco, paragonandolo addirittura a Che Guevara (questo è più che tirare per le maniche il Papa regnante e non siamo convinti che ne sarebbe molto felice…). Se ne sorvoliamo, per il momento, visto che qui ci interessano altri punti.

“Chiaramente, non entro nel merito del caso, sia perché non conosco gli atti, sia perché non sono avvocato di una delle parti”: l’intervista del “giurista Margiotto Broglio” sarebbe non solo potuto iniziare, ma anche dovuto concludersi con questa affermazione.

I reati – che sono stati elencati dalla Sala Stampa della Santa Sede come contestati al cittadino italiano Gianluigi Torzi – possono essere presi in considerazione anche per alti prelati e alti funzionari della Santa Sede. Ma l’intervistatore per il Faro di Santa Marta si guarda bene dal chiedere al “noto giurista Margiotto Broglio” dei 5+1 indagati a piede libero, per i quali il processo si era di colpo bloccato. Più la stampa di regime vuole deviare il riflettore su altro, noi il riflettore lo riposizioniamo con più determinazione sulle normative vigenti nello Stato della Città del Vaticano.

Ma è legittimo l’arresto in Vaticano di un cittadino italiano che si presenta per essere interrogato. Per il giurista Margiotta Broglio la risposta è sì
di Nazareno Galiè
Faro di Roma, 10 giugno 2020

(…)
Prof. Francesco Margiotta Broglio, lei è un autorevole esperto di questioni giuridiche vaticane. Che cosa può dirci a riguardo dell’arresto di Gianluigi Torzi?
“Chiaramente, non entro nel merito del caso, sia perché non conosco gli atti, sia perché non sono avvocato di una delle parti”.
Dal punto di vista del metodo? Come valuta il provvedimento adottato nei confronti dell’imputato?
Credo che ci siano tutti gli estremi per i provvedimenti adottati. I giudici e i procuratori del Vaticano hanno una solida preparazione scientifica e sono, pertanto, al di sopra di ogni sospetto. Si tratta di un procedimento del tutto regolare. Quando si potrà accedere agli atti, tuttavia, se ne potrà dare una valutazione più dettagliata”.
Recentemente, lei ha scritto un articolo – uscito nel numero di dicembre sulla prestigiosa rivista fondata da Giovanni Malagodi, Libro Aperto – dal titolo “L’Euro Vaticano da Pio IX a Papa Francesco”.
Ha fatto bene a ricordarlo. Qui è possibile trovare molti esempi, o precedenti se vogliamo usare un linguaggio giuridico, sugli scandali finanziari, che hanno coinvolto il Vaticano. È una storia lunga, che inizia già nell’Ottocento. Se mi permettete una battuta, agli attuali imputati è andata molto meglio; un tempo sarebbero finiti nelle celle di Castel Sant’Angelo”.
Il grande giurista Margiotta Broglio, si era espresso recentemente, in un’intervista al Messaggero, Anche sull’impresa del cardinal Konrad Krajewski che ha riattaccato la luce al palazzo ex Inpdap di Santa Croce in Gerusalemme. Secondo il professore, Papa Francesco “ha importato il Sudamerica a Roma, uno stile da Chiesa della liberazione”. E si resta colpiti “dal valore simbolico. Che fa il paio con l’invito del Papa agli zingari in Vaticano. Con Francesco la Teologia della Liberazione è arrivata anche a liberare i contatori”. Gli chiese il Messaggero: “Secondo lei, il Papa ha detto a don Corrado: vai?”. E Margiotta Broglio: “Ma certo. È un blitz che il Pontefice ha voluto far fare. Per colpire l’attuale politica sui migranti, su cui lui non fa che polemizzare e bacchettare”. Conclusione, rivolta ai cardinali che hanno eletto il collega Bergoglio il 13 marzo del 2013: “Volevano un Che Guevara? Ed eccolo”.

Ricapitoliamo.

È fatto accertato, che le normative vigenti nello Stato della Città del Vaticano rispettano le convenzioni internazionali che hanno dei protocolli chiari.

È fatto accertato, che attualmente il cittadino italiano Gianluigi Torzi è detenuto in uno stato estero (lo Stato della Città del Vaticano).

È fatto accertato, che il cittadino italiano Gianluigi Torzi quando veniva convocato si trovava all’estero e non nella Città del Vaticano, dove oggi è detenuto. Se il Tribunale dello Stato della Città del Vaticano ha emesso un ordine di cattura per Torzi, lo avrebbe dovuto notificare allo Stato italiano e se questo è avvenuto la comunicazione della Santa Sede non ci ha dato a sapere. Quindi, dobbiamo presumere che allo Stato italiano nulla fu comunicato, in barba agli accordi bilaterali.

È fatto accertato, che gli organi competenti dello Stato della Città del Vaticano hanno convocato in modo opaco Torzi, come persona informata sui fatti. Lo stesso si è presentato per collaborare, ma ha trovato nella Città del Vaticano l’immediato cattura.

Quindi, tutto fa presumere che gli organi competenti dello Stato della Città del Vaticano non hanno rispettato le convenzioni, ponendo in modo subdolo in stato di detenzione Torzi, il quale avrebbe fatto bene a non rispondere alla convocazione della Santa Sede, inviando i chiarimenti richiesti in via telematica.

Perciò, la detenzione di Torzi appare una forzatura della norme vigenti in rispetto delle convenzioni internazionali, che anche la Santa Sede è tenuta a rispettare. Considerata l’aria che tira nella Città del Vaticano, chi verrà chiamato a presentarsi in merito a questa vicenda, da oggi in poi si guarderà bene dal farlo.

Nonostante tutti questi fatti accertati, il “grande giurista Margiotta Broglio” – che tra l’altro è stato (come viene messo in risalto dal Faro di Santa Marta) “Presidente della Commissione governativa per la revisione dei Patti Lateranensi, che disciplinano i rapporti tra Stato Italiano e Chiesa” – parla di “procedura regolare”, però senza citare alcuna fonte giuridica, cioè senza basarsi sulle norme che permettono tale procedure definite regolari.

Con tutte questi fatti accertati, domande non senza rilevanza. Se l’italia non è informato per via diplomatica, perché non fa nulla? E se l’Italia è stato informato per via diplomatica, perché non fa nulla? E visto che in l’Italia comunque ci sono i mezzi di comunicazione che informano, perché l’Italia non fa nulla?

Ricordiamo a titolo di paragone alcuni casi di arresti nello Stato della Città del Vaticano in passato

Il primo caso, il clamoroso Vatileaks 1 che vede protagonista l’Aiutante di camera di Papa Benedetto XVI. Il cittadino vaticano Paolo Gabriele si trovava nel territorio dello Stato della Città del Vaticano al momento del arresto (e quindi, non doveva essere estradato), in maggio 2012, seguito dal processo penale per il furto di documenti dall’appartamento pontificio e la successiva detenzione, concluso con la grazia che Papa Benedetto XVI ha concesso al suo ex strettissimo collaboratore prima del Natale 2012.

Il secondo caso (che è un caso di un non-arresto, perché l’uomo che veste di bianco invoca per suo amico la presunzione d’innocenza), dell’argentino Gustavo Óscar Zanchetta, diplomato tecnico meccanico elettricista e Vescovo emerito di Orán, dal 19 dicembre 2017 Assessore dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Alla fine del 2018 viene accusato da tre seminaristi di violenze sessuali e da altri dieci di abusi di potere e di una cattiva gestione finanziaria. Il 21 novembre 2019, il procuratore dell’Ufficio sulla violenza di genere e sui crimini contro l’integrità sessuale di Orán ha richiesto un mandato di cattura internazionale nei suoi confronti. Anche se il Papa non ha mai voluto parlare direttamente delle vicende di Zanchetta, comunque nella lunga intervista del 28 maggio 2019, alla televisione messicana Televisa ha accennato che Zanchetta sarebbe restato in Vaticano, perché nel dubbio bisognava sostenere il presunto colpevole. In dubbio pro reo. Zanchetta si proclama innocente. Tutto doveva chiarirsi in tribunale, anche se tecnicamente non è prevista nessuna estradizione dal Vaticano all’Argentina in assenza di accordi, scriveva nel 2019 Il Messaggero: “Spetterà al Papa decidere cosa fare. E non sarà una scelta facile”. Quindi, si sostiene Zanchetta, perché “in un processo aperto vige la presunzione d’innocenza persino per i giudici più anticlericali, per tutti” e nel caso Zanchetta le misure drastiche non erano buone, mentre per Torzi le misure drastiche sono buonissime.
Infine, a metà maggio, finito l’isolamento per il Covid-19, il colpo di scena: Massimo Franco scrive oggi su Corriere.it che i dipendenti dell’APSA hanno avuto una sorpresa, perché “sarebbe ricomparso Mons Gustavo Zanchetta, amico di Bergoglio” e “avrebbe ripreso il suo lavoro: un altro dei misteri di questa fase”.

Il terzo caso, dell’ex Nunzio Apostolico e ex Arcivescovo Józef Wesołowski, già dimesso dallo stato clericale dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, con l’accusato di abusi sessuali su minori quando era Nunzio Apostolico nella Repubblica Dominicana tra il 2008 e il 2013. Il 23 settembre 2014 fu arrestato dagli agenti della Gendarmeria vaticana, con l’accusa di pedofilia e di possesso di materiale pedopornografico, su espressa volontà di Papa Francesco, come fu confermato dal Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Padre Federico Lombardi, S.I.: “L’iniziativa assunta dagli organi giudiziari dello Stato è conseguente alla volontà espressa del Papa, affinché un caso così grave e delicato venga affrontato senza ritardi, con il giusto e necessario rigore, con assunzione piena di responsabilità da parte delle istituzioni che fanno capo alla Santa Sede”. Era indagato, oltre che in Santo Domingo, anche in Polonia che, in base ad accordi internazionali, persegue i suoi cittadini anche per reati commessi all’estero. Dal Vaticano era giunta la risposta: godendo di immunità diplomatica e in ogni caso essendo cittadino vaticano non poteva essere estradato, perché tra Santa Sede e Polonia non ci sono accordi in tal senso. Il prelato polacco, privo dell’immunità diplomatica era tornato a Roma, vivendo in un convento. Nel frattempo, autorizzata dal Pontefice, era partita anche l’indagine penale dell’autorità giudiziaria Vaticana. Il Corpo della Gendarmeria vaticana aveva informato il Promotore di giustizia che era in Italia e quindi fu convocato negli uffici del Tribunale vaticano, seguito dalla notifica, dalle formalità di rito e dall’arresto. Il caso Wesołowski era stato al centro anche delle dure critiche del Comitato Onu contro la tortura nei confronti della Senta Sede. In più occasioni il Comitato di Ginevra aveva chiesto al Vaticano di garantire indagini immediate e imparziali sulla condotta del Nunzio Apostolico a Santo Domingo. Il 15 giugno 2015 il presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, Giuseppe Dalla Torre, ne dispose il rinvio a giudizio in accoglimento della richiesta avanzata dall’Ufficio del Promotore di giustizia. La prima udienza del processo si sarebbe dovuta tenere l’11 luglio 2015, ma fu rinviata a causa di malore improvviso dell’imputato. Morì nella sua stanza nel Collegio dei penitenzieri nel Palazzo del tribunale nella Città del Vaticano nella tarda serata del 27 agosto 2015, apparentemente per cause naturali riconducibili ad un evento cardiaco. L’Ufficio del Promotore di giustizia, nell’ambito degli adempimenti di propria competenza, dispose l’effettuazione di un esame autoptico, nominando una commissione peritale di tre esperti. Le esequie si tennero il 31 agosto 2015 nella cappella del palazzo del Governatorato e furono presiedute dall’Arcivescovo Konrad Krajewski. Il giorno successivo la salma rientrò in Polonia. Il 18 dicembre 2015 la Sala stampa della Santa Sede confermò che la morte di Wesołowski era ascrivibile a un infarto acuto del miocardio, con esclusione di altre cause esogene.

Il quarto caso, dell’ex Consigliere della Nunziatura Apostolica a Washington Mons. Carlo Alberto Cappella, che fu arrestato dagli agenti della Gendarmeria vaticana il 7 aprile 2018, accusato di detenzione e scambio di materiale pedopornografico con l’aggravante dell’ingente quantità, aveva subito ammesso tutte le sue colpe, in qualche modo cercando di giustificare il suo comportamento spiegando di essere entrato in una profonda crisi, “un conflitto interiore”. In precedenza aveva lavorato nella sezione per i rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato si era occupato di importanti dossier economici, dall’antiriciclaggio al lavoro dell’Autorità di informazione finanziaria, fino al comitato bilaterale con la Commissione Europea sulla monetazione del Vaticano e all’accordo in materia fiscale tra la Santa Sede e l’Italia. Il Promotore di giustizia vaticano aveva chiesto una condanna a 5 anni e 9 mesi e 10mila euro di multa. Capella fu condannato nel 2018 in un processo lampo di appena due giorni, a 5mila euro di multa e 5 anni di carcere, a meno di una riduzione o grazia pontificia, con vitto e alloggio gratis presso i locali della caserma del Corpo della Gendarmeria S.C.V. (non ci sono notizie che stia scontando la pena in luogo diverso dalla cella che già occupava quando era stato arrestato), gli stessi dove oggi è in stato di fermo Torzi.

Alcune “cosette” legislative

Legge N. XVIII recante norme in materia di trasparenza, vigilanza ed informazione finanziaria (8 ottobre 2013)
In data 8 ottobre 2013 la Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano ha approvato la Legge N. XVIII recante norme in materia di trasparenza, vigilanza ed informazione finanziaria. Queste norme erano già in vigore perché adottate in via d’urgenza con il Decreto N. XI del Presidente del Governatorato dell’8 agosto 2013 – contestualmente al Motu Proprio di Papa Francesco per la prevenzione ed il contrasto del riciclaggio, del finanziamento del terrorismo e della proliferazione di armi di distruzione di massa – e sono state dunque definitivamente confermate in legge acquistando carattere di stabilità. Si tratta di un testo molto articolato e complesso – quasi un testo unico in materia finanziaria – che si iscrive nel percorso di adeguamento dell’ordinamento vaticano ai parametri internazionali del Financial Action Task Force – Groupe d’action financière (FATF – GAFI) ed alle raccomandazioni della Divisione Moneyval del Consiglio d’Europa, comunemente indicati come i migliori strumenti normativi al fine di predisporre un’efficace rete di protezione contro le operazioni di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. Data l’ampiezza dei suoi contenuti, la Legge N. XVIII non si limita solo a sostituire in larga parte la Legge N. CXXVII, concernente la prevenzione ed il contrasto del riciclaggio dei proventi di attività criminose e del finanziamento del terrorismo, del 30 dicembre 2010 (poi modificata dalla Legge N. CLXVI, del 24 aprile 2012), quanto introduce anche discipline ulteriori, che nella precedente normativa erano del tutto assenti o solo abbozzate.

Legge N. IX recante modifiche al Codice Penale e al Codice di Procedura Penale (11 luglio 2013)
L’11 luglio 2013 la Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano vista la Legge Fondamentale dello Stato della Città del Vaticano, del 26 novembre 2000; vista la Legge sulle Fonti del diritto del 1̊ ottobre 2008, n. LXXI; considerato che nello Stato della Città del Vaticano sono vigenti, ai sensi degli articoli 7 e 8 della Legge sulle Fonti del diritto del 1̊ ottobre 2008, n. LXXI, il codice penale italiano ed il codice di procedura penale italiano recepiti con la Legge 7 giugno 1929, n. II; il tempo trascorso rende opportuno l’aggiornamento di alcune disposizioni al fine di una più efficace repressione di determinate condotte criminose, comprese quelle aventi rilevanza transnazionale; nel corso degli anni la Santa Sede, agendo altresì a nome e per conto dello Stato della Città del Vaticano, ha ratificato diverse convenzioni internazionali che richiedono la repressione di determinate condotte criminose e più articolate misure di cooperazione internazionale; ha promulgato la Legge N. IX recante modifiche al Codice Penale e al Codice di Procedura Penale.
Articolo 1 (Reati commessi nello Stato) – L’articolo 3 del Codice Penale è sostituito con il seguente testo: «Chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge vaticana. Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato quando l’azione o l’omissione che lo costituisce è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è ivi verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione od omissione. Si considera altresì commesso nel territorio dello Stato il reato commesso a bordo di una nave battente bandiera dello Stato o di un aeromobile di Stato o immatricolato in conformità alla legislazione dello Stato al tempo della commissione del reato».
Articolo 35 (Giusto processo e presunzione di innocenza) – Al libro III “Del giudizio”, prima del titolo I “Degli atti preliminari” del codice di procedura penale è aggiunto l’articolo 350 bis del seguente tenore: «Ogni imputato ha diritto ad un giudizio da svolgersi secondo le norme del presente codice ed entro un termine ragionevole, tenuto conto della complessità del caso, nonché degli accertamenti da compiere e delle prove da acquisire. Ogni imputato è presunto innocente sino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata».
Articolo 43 (Detenzione provvisoria) – Il testo dell’articolo 643 del codice di procedura penale è integralmente sostituito dal seguente: «Al fine di assicurare la presenza nel territorio dello Stato del presunto autore di un reato commesso all’estero, per il tempo occorrente per il procedimento, può essere spedito mandato di cattura nei modi e nei limiti stabiliti dall’ordinamento. Su domanda o offerta di estradizione si può procedere all’arresto provvisorio dello straniero, al fine di assicurarne la presenza al relativo procedimento, a norma dell’articolo 9, comma 4, del codice penale. Laddove previsto dalle convenzioni internazionali ratificate, l’applicazione delle misure previste dal presente articolo sono comunicate senza indugio: a) allo Stato richiedente l’estradizione; b) allo Stato nel cui territorio il reato è stato commesso; c) allo Stato o all’organizzazione internazionale intergovernativa nei cui confronti il reato è stato commesso; d) allo Stato in cui la persona fisica o giuridica che ha subito il delitto ha la cittadinanza o la sede o, se apolide, allo Stato in cui ha la residenza abituale; e) allo Stato di cui il presunto autore del reato è cittadino oppure, se questi è apolide, allo Stato in cui ha la residenza abituale; f) a tutti gli altri Stati eventualmente interessati».

Ufficio del lavoro della Santa Sede – Bollettino N. 16 (periodo 1° gennaio 2008 – 31 maggio 2009)
N. LXXI – Legge sulle fonti del diritto [AAS Supp.79 (2008) 65-70].
1° ottobre 2008
BENEDETTO PP. XVI
Per procedere ulteriormente nel sistematico adeguamento normativo dell’ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano, avviato con la legge fondamentale del 26 novembre 2000, di Nostro Motu Proprio e certa scienza, con la pienezza della Nostra Sovrana autorità, abbiamo ordinato ed ordiniamo quanto appresso, da osservarsi come legge dello Stato: QUI.

Patti Lateranensi: cosa sono e cosa hanno stabilito
Intervista a Giuseppe Dalla Torre, direttore della Scuola di alta formazione in Diritto Canonico, Ecclesiastico e Vaticano della Lumsa e [allora ancora] Presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano sui contenuti e sulle prospettive degli accordi fra Stato Italiano e Santa Sede
di Eugenio Bonanata
Vatican News, 11 febbraio 2019
Cosa dire del futuro?
R. – Penso che il Trattato e il Concordato abbiano una funzione assai importante nel presente e negli anni a venire. Certamente i contesti sono mutati, le condizioni sono diverse, soprattutto a livello internazionale c’è questo sviluppo del fenomeno della globalizzazione che impone una serie di iniziative un tempo non immaginabili, ma certamente gli strumenti che allora sono stati posti in essere continuano ad essere particolarmente efficaci. Basta ricordare uno fra gli altri: la Santa Sede è stata chiamata a far parte della famosa Conferenza di Helsinki su cui si fondarono poi i diritti umani in Europa e che rappresentò il presupposto della caduta dei muri. Questa partecipazione avvenne grazie all’invito fatto dall’Ungheria – l’Ungheria comunista – non alla Santa Sede, ma allo Stato della Città del Vaticano.

Estradizione
Istituto attraverso il quale uno Stato consegna (estradizione passiva) un individuo presente sul suo territorio a un altro Stato che ne abbia fatto richiesta (estradizione attiva), al fine di dare esecuzione a una pena detentiva (estradizione esecutiva) o a un processo (estradizione processuale).
L’estradizione si configura come uno strumento di cooperazione internazionale nel settore penale ed è regolata prevalentemente da norme di diritto internazionale pattizio. Si tratta per lo più di trattati bilaterali, anche se di recente sono state concluse convenzioni multilaterali per introdurre normative uniformi in materia. Clausole estradizionali sono inoltre contenute in accordi multilaterali destinati a reprimere crimini particolarmente gravi (genocidio, terrorismo e altri: Crimini internazionali) sulla base del principio aut dedere aut iudicare. In via generale, ai fini dell’estradizione passiva il principio della doppia incriminazione stabilisce che il fatto deve costituire reato per la legge penale sia dello Stato richiedente, che di quello concedente, indipendentemente dalla diversità dei regimi sanzionatori. Il principio del ne bis in idem garantisce invece l’unicità della punizione per un medesimo fatto.

Articoli precedenti

– In principio era il caos in Vaticano. Obolo di San Pietro “opaco”. Mons. Perlasca indagato. Altri tremano – 19 febbraio 2020
– Una Pandemia è un evento straordinario. E la Carità della Curia è un gesto straordinario? Mettere il palazzo di Sloane Square all’asta. No? – 8 aprile 2020
– Indagine della Magistratura vaticana sugli investimenti finanziari e nel settore immobiliare della Segreteria di Stato – 1 maggio 2020
– Nell’inchiesta giudiziario vaticano sugli investimenti immobiliari della Segreteria di Stato, oggi arrestato in Vaticano l’uomo d’affari Gianluigi Torzi – 5 giugno 2020
– Inchiesta della magistratura vaticana per scandalo finanziario in Segreteria di Stato. I protagonisti cantano. Omnia omnibus ubique [1] – 7 maggio 2020
– Inchiesta della magistratura vaticana per scandalo finanziario in Segreteria di Stato. I protagonisti cantano. Omnia omnibus ubique [2] – 8 maggio 2020
– Inchiesta della magistratura vaticana per scandalo finanziario in Segreteria di Stato. I protagonisti cantano. Omnia omnibus ubique [3] – 8 maggio 2020
Inchiesta della magistratura vaticana per scandalo finanziario in Segreteria di Stato. I protagonisti cantano. Omnia omnibus ubique [4] – 9 giugno 2020

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