Cei: non c’è vuoto normativo contro l’omofobia

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Sono cinque le proposte in commissione Giustizia della Camera, che puntano a inserire una nuova fattispecie alla legislazione penale di contrasto alle discriminazioni razziali, legata all’ ‘identità di genere’ e all’ ‘orientamento sessuale’. Una materia, il divieto di discriminazioni, che è regolata dalla legge 205 del 1993, che prende il nome dall’allora ministro dell’Interno Nicola Mancino. L’obiettivo di queste proposte è il contrasto al fenomeno dell’omofobia, partendo dall’esistenza di un vuoto normativo.

La legge del 1993, recepita negli articoli 604 bis e 604 ter del codice penale, già punisce “con la reclusione sino a tre anni chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.

Partendo da tale legge i vescovi italiani hanno sottolineato che non esiste nessun vuoto normativo per assicurare alle persone omosessuali la tutela contro maltrattamenti, violenze, aggressioni, in quanto il codice penale italiano dispone già degli strumenti necessari per garantire in ogni situazione il rispetto della persona. Il codice penale italiano prevede sanzioni proporzionate alla gravità del reato per i delitti contro la vita (art. 575 e ss. cod. pen.), contro l’incolumità personale (art. 581 ss. cod. pen.), i delitti contro l’onore, come la diffamazione (art. 595 cod. pen.), i delitti contro la personalità individuale (art. 600 ss. cod. pen.), i delitti contro la libertà personale, come il sequestro di persona (art. 605 cod. pen.) o la violenza sessuale (art. 609 ss. cod. pen.), i delitti contro la libertà morale, come la violenza privata (art. 610 cod. pen.), la minaccia (art. 612 cod. pen.) e gli atti persecutori (art. 612-bis cod. pen.). Fino al 2016 l’ordinamento ha ritenuto illecita anche la semplice ingiuria (art. 594 cod. pen.).

In questo senso la Conferenza Episcopale Italiana ha ribadito che ogni ‘discriminazione’ costituisce una violazione: “Le discriminazioni (comprese quelle basate sull’orientamento sessuale) costituiscono una violazione della dignità umana, che – in quanto tale – deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni.

Trattamenti pregiudizievoli, minacce, aggressioni, lesioni, atti di bullismo, stalking… sono altrettante forme di attentato alla sacralità della vita umana e vanno perciò contrastate senza mezzi termini. Al riguardo, un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio”.

Quindi i vescovi sostengono che non è necessario emanare nuove normative, che possono restringere la libertà di pensiero: “Questa consapevolezza ci porta a guardare con preoccupazione alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati contro i reati di omotransfobia: anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni”.

Anzi i vescovi hanno lanciato il rischio di una deriva liberticida: “Anzi, un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte.

Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma (e non la duplicazione della stessa figura) significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso”.

Per questo hanno detto che non servono nuove leggi ma una più seria cultura educativa: “Crediamo fermamente che, oltre ad applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore, si debba innanzitutto promuovere l’impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a scongiurare e contrastare ogni offesa alla persona. Su questo non servono polemiche o scomuniche reciproche, ma disponibilità a un confronto autentico e intellettualmente onesto”.

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