Inchiesta della magistratura vaticana per scandalo finanziario in Segreteria di Stato. I protagonisti cantano. Omnia omnibus ubique [4]

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Segue dalla terza parte: QUI.

Come da copione, lo scandalo finanziario in Segreteria di Stato, costantemente viene “arricchito” con nuovi dettagli e colpi di scena.

Oggi, sul blog di Nicola Porro in un articolo “Vatileaks 3. Un corvo gracchia Oltretevere (e il Papa sa già chi è)” viene posta la domanda su “chi sarà la gola profonda” che ha passato (ad AdnKronos) i verbali degli interrogatori della magistratura vaticana: «Grazie a Torzi, incaricato da Peña Parra, il Vaticano ha potuto recuperare l’intero palazzo, per il quale vi era il fondato pericolo di perdita totale. La stessa Aif autorizzò il pagamento della parcella, di un accordo che scritto in inglese ha foro inglese, avvenuto il quale è stato congelato per accusa di estorsione. Ma come può avvenire una estorsione, se il Segretario di Stato firma un accordo? Si può arrivare al punto di usare un così dubbio metodo per non pagare quanto dovuto ad un professionista?! Si può invitare una persona a deporre per poi recluderla?! Non fa pensare solo il metodo usato, soprattutto se è il Papa ad applicarlo, ma anche i danni che ne verranno. Cause pesantissime di danni colpiranno la Santa sede, non solo per quanto sta accadendo, ma soprattutto per la strategia di disinformazione che dagli ambienti della procura sta avvenendo con la distribuzione di documenti riservati, che gli avvocati non avrebbero mai utilità a portare avanti. Chi sarà la gola profonda?!».

Infatti, va considerato che Gianluigi Torzi aveva un regolare contratto con la Segreteria di Stato e questo contratto andava onorato. Ma onorando il contratto lo hanno fatto fuori, quando l’indagine era già cominciata. L’indagine fu fermata e poi fatta ripartire, dopo che è stato ripulito tutto quello che volevano e aver decapitato l’Agenzia per l’Informazione Finanziaria. Però, Torzi ha ancora quel regolare contratto, che sicuramente può produrre agli inquirenti. Torzi non è uno sprovveduto, ma un broker internazionale e ha sempre le pezze d’appoggio dei contratti quando si muove. Torzi presto chiarirà la sua posizione e sarà proprio dagli elementi che fornirà. che ripartiranno le vere indagini, che avevano subito un colpo di arresto. Torzi non si farà consegnare a Mastro Titta come capro espiatorio. Se i magistrati vaticani sono onesti, capiranno ben presto che Torzi ha agito come da accordi presi con la Segreteria di Stato. Quindi, le indagini ripartiranno da dove erano state interrotte. Nuove persone verranno interrogate, fermate e arrestate. Perché un fatto è certo: ci sono dei reati in essere e non li ha creati lo Spirito Santo, questi reati.

Inoltre, in un articoli di Simone Filipetti su Il Sole 24 Ore di oggi, dedicato allo scandalo vaticano “Il palazzo di lusso a Chelsea e la parrocchia da abbattere” viene svelato un fatto clamoroso: “La scelta della parrocchia non era per niente casuale. Si trova in una piazzetta laterale di Ladbroke Grove: è l’estremità nord di Notting Hill, una zona popolare e meno benestante, ma che fa parte del Local Council di Kensington e Chelsea, lo stesso dell’immobile di Sloane. Immobile che per il Vaticano si era rivelato un flop: uffici e negozi erano vuoti. Allora ecco l’idea di trasformare gli uffici in appartamenti di lusso. Ma bisognava convincere il Council a rilasciare la concessione edilizia: ecco che i rappresentanti del Vaticano andarono prima alla Arcidiocesi di Westminster, nel 2014, e poi alla parrocchia di Padre Wilson: case per i bisognosi come “contropartita” degli appartamenti di lusso. I crucci del parroco, però, svanirono: il Council non diede mai il permesso. A Notting Hill non c’era bisogno di altre case popolari”.

Senz’altro, “la ragnatela scoperchiata in Vaticano è destinata ad allargarsi”. E mescolando nello stagno la puzza di marcio aumenterà.

Soprattutto, perché molte domande – oltre quelle che abbiamo già formulate – andrebbero fatte e (quasi) nessuno le sta facendo. È soltanto una questione di tempo e qualche giornalista con la doppia spunta blu le farà, senza farsi deviare dal gracchiare del corvo e dal canto dei protagonisti.
Alla prossima, prossimamente.
Tutto a tutti ovunque.

“Grazie a Dio è il Vaticano stesso che ha fatto la denuncia. È il Vaticano stesso che sta cercando la puzza di marcio della corruzione dentro il Vaticano. Questo vuol dire che i meccanismi funzionano” (Papa Francesco, il 26 novembre 2019 durante la Conferenza Stampa del Santo Padre durante il volo di ritorno dal Giappone)

Vatileaks 3. Un corvo gracchia Oltretevere (e il Papa sa già chi è)
Nicolaporro.it, 9 marzo 2020

Con la vicenda del Palazzo di Londra volano di nuovo i corvi in Vaticano e uno tsunami sta per arrivare. Una sorta di Vatileaks 3 con l’aiuto di una gola profonda. Sta destando, infatti, scalpore nei Sacri Palazzi, la vicenda di Gianluigi Torzi, recluso in Vaticano dal 5 giugno scorso. Dopo essere partito da Londra, dove ha lasciato moglie e figli, si è messo a disposizione delle autorità vaticane per collaborare al chiarimento della sua posizione nella vicenda relativa all’acquisto del palazzo – ormai famoso – di Sloane Avenue 60 a Londra, avvenuto 2 anni fa.
L’immobile era stato acquistato per volere della Segreteria di Stato come ripiego, dopo che era saltato un investimento in Angola, attraverso la partecipazione al fondo Athena, del finanziere Raffaele Mincione. Il Vaticano, dunque, non aveva acquistato le mura, bensì quote del fondo proprietario del palazzo. L’operazione, però, era stata fallimentare. L’investimento (realizzato anche attingendo dall’Obolo di San Pietro, normalmente usato per le opere di carità) valeva 200 milioni, ma il palazzo è stato sopravvalutato e richiedeva inoltre lavori di ristrutturazione troppo onerosi. Alla fine, le quote azionarie del Vaticano erano costate perdite per oltre 18 milioni. Per contenerle, la Segreteria aveva deciso di uscire dal fondo Athena e di entrare integralmente in possesso dell’immobile. Ma dopo aver infruttuosamente versato 40 milioni a Mincione, si era rivolta a un intermediario – Torzi, appunto – che avrebbe estorto una somma tra i 10 e i 15 milioni di euro per rendere le azioni con diritto di voto della società Gutt Sa, che la Segreteria di Stato reclamava.
In molti, in Vaticano, stanno considerando un abuso questa misura, totalmente ingiustificata, anche perché i documenti sono tutti regolarmente controfirmati dalle autorità della Segreteria di Stato, compreso l’accordo finale che prevede il pagamento dei 15 milioni per prestazioni avvenute. Grazie a Torzi, incaricato da Peña Parra, il Vaticano ha potuto recuperare l’intero palazzo, per il quale vi era il fondato pericolo di perdita totale. La stessa Aif autorizzò il pagamento della parcella, di un accordo che scritto in inglese ha foro inglese, avvenuto il quale è stato congelato per accusa di estorsione.
Ma come può avvenire una estorsione, se il Segretario di Stato firma un accordo? Si può arrivare al punto di usare un così dubbio metodo per non pagare quanto dovuto ad un professionista?! Si può invitare una persona a deporre per poi recluderla?! Non fa pensare solo il metodo usato, soprattutto se è il Papa ad applicarlo, ma anche i danni che ne verranno. Cause pesantissime di danni colpiranno la Santa sede, non solo per quanto sta accadendo, ma soprattutto per la strategia di disinformazione che dagli ambienti della procura sta avvenendo con la distribuzione di documenti riservati, che gli avvocati non avrebbero mai utilità a portare avanti.
Chi sarà la gola profonda?! Sarà qualcuno che riveste un doppio ruolo dentro e fuori dal Vaticano? Chiunque sia è già stato individuato e segnalato all’entourage del Papa e probabilmente sarà il prossimo a dover occupare uno spazio nelle eleganti celle della Gendarmeria. Come Francesco ha dimostrato, nessuno è intoccabile ed un nuovo scandalo è dietro l’angolo in cui il Palazzo è solo il pretesto per una resa dei conti tra Bergoglio gli anti Bergoglio con nello sfondo la foto tra lo stesso Torzi e Francesco.

Porro pone dei giusti quesiti ai quali nessuno risponde, poiché le risposte porterebbero Torzi presto in libertà e la magistratura sulle tracce dei veri responsabili… e si sa chi veste di bianco ama le investigazioni lontano dagli ambienti vaticane, come la migliore giustizia da vetrina impone. Su questo caso finanziario di “carattere internazionale” si muove Il Sole 24 Ore, ed è tutto dire.

Si capisce che la questione non può essere risolta con il solo fermo di Torzi, per il quale si aspettano le accuse formali e ufficiali del fermo presso i locali della caserma del Corpo della Gendarmeria S.C.V., accuse che a breve devono – e ripetiamo devono – essere formulate, poiché la presunzione di innocenza appartiene anche a Torzi. Ma la comunicazione della Santa Sede per Torzi certi termini non li usa, termini che vengono invece elargiti per i 5+1 della Segreteria di Stato sospesi, indagati, trasferiti, perquisiti, ma mai fermati o arrestati. Se Torzi è nel giusto nello Stato della Città del Vaticano dovrebbero stare molto attenti a rispettare i suoi diritti, altrimenti sarà la Santa Sede ad essere indagata da organismi internazionali per i diritti umani e si sa che i tribunali internazionali non guardano in faccia nessuno.

Quindi, se Torzi è in stato di fermo dal 5 giugno ed è innocente, è grave che stia ancora in questa situazione. Ma è ancora più grave che per una persona posta in stato di fermo ancora non siano stati emessi ufficialmente i capi d’accusa per i quali è posto agli arresti in uno Stato nel quale si è recato per riferire come persona informata dei fatti. Un uomo che si apprende lascia a casa moglie e figli per recarsi nella Città del Vaticano, ma dalla Città del Vaticano poi non esce, manco fossimo nella Germania dell’Est sotto dittatura comunista dietro il cortina di ferro.

Lo Stato della Città del Vaticano è pur sempre una monarchia assoluta, ma i diritti umani e la presunzione di innocenza vanno rispettati sempre, anche nelle monarchie. Vanno rispettati soprattutto se questa monarchia assoluta sta usando due pesi e due misure, con Torzi rispetto a quanto fatto con i 5+1, tutti a piede libero. Dove sono i diritti di Torzi? Dov’è la presunzione di innocenza di Torzi? Come si definirebbe la situazione di un uomo che viene invitato a recarsi in uno stato in modo subdolo e trattenuto in modo ancora peggiore in stato di fermo?

Qui si rasenta la follia, la dittatura e l’abuso di potere, che sfocia nella ingiustificata privazione della libertà personale di una persona. E sarebbe bene che la situazione si chiarisca in fretta, perché se Torzi è colpevole “dentro al fresco” ci devono finire tutti coloro che hanno firmato il contratto tra le parti. Ma se Torzi non è colpevole, qualcuno ci spieghi questa ingiusta detenzione e soprattutto questa disparità di trattamento rispetto ai 5+1 – ripetiamo, attualmente tutti a piede libero – senza nemmeno una sola notte passata nella gattabuia pontificia (confortevole che sia).

Saint Pius X Church al civico 79 di St. Charles Square a Notting Hill, sul lato ovest di Ladbroke Grove.

Lo scandalo vaticano
Il palazzo di lusso a Chelsea e la parrocchia da abbattere
L’arresto di Gianluigi Torzi in Vaticano, il primo laico a essere fermato dalla Gendarmeria
di Simone Filippetti
Il Sole 24 Ore, 9 giugno 2020

Un grosso cartello viola al centro di St. Charles Square, a Notting Hill, indica che il basso edificio di mattoni rossi oltre il muro di cinta è l’«All Saints College». Un crocifisso sopra il tetto non lascia dubbi sulla sua natura: è una scuola cattolica con alloggi e strutture sportive. È tutto chiuso, causa Covid. Poco più avanti una statua di Gesù Cristo addobba l’ingresso la chiesa “San Pio X”: padre Peter Wilson, un sudafricano bianco con la barba bianca e la stazza del rugbista, è il parroco. Sulla soglia della canonica, racconta che nel 2016 alla medesima porta bussarono alcuni rappresentanti del Vaticano: non erano sacerdoti, ma immobiliaristi. Avevano una proposta: abbattere la canonica e una parte della parrocchia per far posto a un progetto di social housing. Case popolari nel cuore di uno dei quartieri più chic di Londra.
L’arresto dell’imprenditore Gianluigi Torzi in Vaticano, il primo “laico” a essere fermato dalla Gendarmeria, svela incroci di affari immobiliari a Londra: il palazzo del Vaticano al 60 di Sloane Avenue, che vede coinvolti l’immobiliarista Torzi e il finanziere Raffaele Mincione, ha molte ramificazioni. E una porta appunto alla parrocchia di S.Pio X. «Vennero alcuni italiani, non erano ecclesiastici» ricostruisce padre Wilson. «Ricordo che uno era un architetto e un altro era un romano, che sembrava infastidito». La caritatevole proposta lascia padre Wilson perplesso: l’idea di radere al suolo non gli piace. In cambio gli viene offerto uno dei futuri appartamenti. A proporre l’opera di beneficenza è la 60 SA (dove SA sta per Sloane Avenue), la medesima società proprietaria del palazzo di Chelsea, dove Torzi e Mincione erano all’epoca in affari.
La scelta della parrocchia non era per niente casuale. Si trova in una piazzetta laterale di Ladbroke Grove: è l’estremità nord di Notting Hill, una zona popolare e meno benestante, ma che fa parte del Local Council di Kensington e Chelsea, lo stesso dell’immobile di Sloane. Immobile che per il Vaticano si era rivelato un flop: uffici e negozi erano vuoti. Allora ecco l’idea di trasformare gli uffici in appartamenti di lusso. Ma bisognava convincere il Council a rilasciare la concessione edilizia: ecco che i rappresentanti del Vaticano andarono prima alla Arcidiocesi di Westminster, nel 2014, e poi alla parrocchia di Padre Wilson: case per i bisognosi come “contropartita” degli appartamenti di lusso. I crucci del parroco, però, svanirono: il Council non diede mai il permesso. A Notting Hill non c’era bisogno di altre case popolari.

Padre Peter Wilson, Parroco della Saint Pius X Church (Arcidiocesi di Westminster), St. Charles Square at Notting Hill e Governatore Ex-Officio della St Charles Primary School. Precedentemente era il primo cappellano per le università dell’Arcidiocesi di Westminster. “Vedo il mio ruolo come di collegamento tra le varie istituzioni e attività cattoliche intorno a St Charles Square, perché è facile per ognuno di noi concentrarsi esclusivamente su noi stessi. La St Charles Primary School fa parte di un quadro più ampio e di una storia più ampia. Lavoro a stretto contatto con il preside e dei principali membri dello staff per garantire una vita di fede vivace e ricca tra i nostri allievi”.

Per la 60 SA è la tegola che ha innescato il buco nero e poi l’operazione di pulizia da parte di Papa Francesco. E di trasparenza ce n’era bisogno. La 60 SA, creata nel 2012 con un altro nome, è la classica scatola societaria: la sua sede è St.Helier, la capitale dell’isola di Jersey, paradiso fiscale della Gran Bretagna, sulla Manica. La società fa capo a sua volta a un’altra cassaforte, la London 60 SA, nata a marzo 2019. La fitta rete sembra ruotare sempre attorno a Torzi: la 60 SA, infatti, aveva come amministratore l’architetto [Omissis], forse lo stesso che vide Padre Wilson. I legami tra l’architetto e Torzi sono molteplici: [Omissis] è stato amministratore della Odikon Services, altra società che fa capo a Torzi; ed è socio fondatore della ImVest, tra i cui azionisti figura la FEG Int. Assets, società anonima lussemburghese, anch’essa riconducibile all’immobiliarista. La ragnatela scoperchiata in Vaticano è destinata ad allargarsi.

La posizione della difesa
[Fonte Associazione Primonumero-Città in Rete]

“Gianluigi Torzi ha fatto un enorme favore al Vaticano, altro che estorsione. A breve tornerà libero”. A dirlo è Marco Franco, il difensore insieme a Ambra Giovene del finanziere molisano in arresto nello Stato della Città del Vaticano per lo scandalo dell’immobile di Sloane Avenue di Londra, presentando la versione della difesa con cui chiarisce la posizione di Gianluigi Torzi rispetto alle accuse. Per i reati che gli vengono contestate – estorsione, peculato, truffa aggravata e autoriciclaggio – la legge vaticana prevede pene fino a 12 anni di reclusione.
“Chiariremo tutto nelle prossime ore, la vicenda parte da un grosso malinteso perché il mio cliente ha fatto una complessa trattativa per la quale non gli sono state riconosciute le garanzie concordate”, sottolinea l’Avv. Marco Franco. In sostanza, secondo il suo difensore, Torzi sarebbe stato “fregato” dai suoi interlocutori della Segreteria di Stato.

Gianluigi Torzi è in stato di arresto nei locali del Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano (“ma potremo dire ospite, è in un posto molto confortevole”, osserva suo avvocato) da venerdì scorso, quando si è presentato con i suoi legali per farsi interrogare dalla magistratura pontificia ed è scattato il mandato di cattura. L’episodio ha fatto clamore.

Torzi, che nell’ambiente dei broker viene definito “un genio della finanza”, è specializzato in quote societarie e fondi di investimento. Vive a Londra da qualche anno ma è nel Molise che sono le sue radici, dove ha avuto una intensa attività di imprenditore. Alcuni fallimenti e qualche inchiesta giudiziaria sono bazzecole in confronto allo scandalo dell’immobile di pregio al 60 Sloane Avenue di Londra, che lo ha visto coinvolto nella trattativa con la Segreteria di Stato per venire in possesso del palazzo.

Il fatto che Torzi è un finanziere “con le mani in pasta” in molteplici settori, “non fa di lui un criminale, sia chiaro”, precisa il suo difensore di fiducia, che ha modo di vedere il suo assistito tutti i giorni per la preparazione della difesa, “grazie anche alla grande disponibilità del Corpo della Gendarmeria”.

Oltre di essere da oltre 10 anni l’avvocato di Gianluigi Torzi, Marco Franco è stato anche l’avvocato di Paolo Di Laura Frattura, ex Governatore del Molise, nel processo a Bari sulla ipotetica cena del ricatto con un magistrato e con il direttore di Telemolise. Cena che in realtà – hanno stabilito i giudici, assolvendo con formula piena gli ex imputati – non c’è stata.

L’Avvocato Franco ha chiarito qualche aspetto e smentito qualche dichiarazione pubblicata sui giornali riguardante Torzi, che “è titolare di numerose società che detengono fondi di investimento. È un finanziere, questo è il suo lavoro”. Quindi, facendo suo lavoro di finanziere, Torzi ha fatto da intermediario per l’acquisto dell’immobile londinese per conto del Responsabile dell’Ufficio Amministrativo della Segreteria di Stato Dott. Fabrizio Tirabassi, portando a termine la trattativa con il finanziere Raffaele Mincione di cui è stato scritto di tutto – e di certo non gli manca il senso dell’umorismo… “da outsider sono diventato sistema, senza neanche fare un po’ di tirocinio”, faceva notare al Corriere della Sera l’anno scorso, quando balzò agli onori delle cronache per via di una consulenza che commissionò a Giuseppe Conte, quando era “solo” un avvocato, sull’applicabilità del golden power a Retelit, impresa italiana di servizi digitali – chiusa con 40 milioni di euro a titolo di conguaglio per riportare il palazzo di 60 Sloane Avenue completamente nella disponibilità della Segreteria di Stato. Poi, secondo l’accusa della magistratura vaticana, avrebbe cominciato ad avanzare richieste economiche del tutto “ingiustificate e sproporzionate” per trasferire le quote della catena di società che detenevano l’immobile londinese. “Sfruttando le 1000 quote alle quali aveva fraudolentemente attribuito il diritto di voto – è la sintesi degli atti di indagine – tra la fine di aprile e gli inizi di maggio 2019, alla fine di una estenuante trattativa ha accettato di cedere le quote della società detentrice dell’immobile di Londra, a fronte del pagamento di 15 milioni di euro. Denaro effettivamente corrisposto senza alcuna giustificazione economica e giuridica”. Secondo la magistratura vaticana, Torzi in concorso con altri indagati dell’inchiesta, comunicando il proprio intendimento di non cedere alla Segreteria di Stato la catena di società detentrici dell’immobile di Londra “incuteva timore di gravi danni al patrimonio della Segreteria di Stato e la costringeva a una lunga trattativa da parte di vari emissari”. Trattativa terminata con il pagamento di altri 15 milioni di euro.

Questa ricostruzione viene smentita dalla difesa: “Le cose non sono affatto andate in questo modo e possiamo dimostrarlo, carte e documenti alla mano. Stiamo lavorando alacremente per produrre atti e memorie che, ne sono certo, varranno la scarcerazione al mio cliente perché questa parte dell’inchiesta si fonda su un grosso equivoco”.

Dopo il lungo interrogatorio di venerdì scorso, la difesa ritiene di aver compreso finalmente “quali sono gli elementi a carico nostro, e che in parte sono falsi e comunque hanno tratto in errore, e in parte sono dati oggettivi male interpretati”.

Non desta certamente meraviglia che la versione della difesa è sostanzialmente diversa dall’accusa, anche se gli episodi oggetto di indagine rimangono gli stesi. “Torzi è intervenuto per portare avanti la trattativa con Mincione, che controllava il fondo del palazzo londinese e aveva proceduto con operazioni non condivise dalla Segreteria vaticana che intendeva uscire dal fondo ma mantenere l’immobile. La trattativa è andata a buon fine e Torzi ha consentito al Vaticano di riconvertire l’investimento finanziario, che era in perdita, con l’investimento immobiliare. Naturalmente è stata versata una quota a titolo di conguaglio, i famosi 40 milioni di euro, ovvero la differenza calcolata da periti immobiliari rispetto alla somma versata, al patrimonio finanziario e alle perdite, nell’ordine di 18 milioni annui”. In sostanza, a Raffaele Mincione sarebbe stato lasciato il fondo finanziario e alla Segreteria di Stato sarebbe andato l’intero immobile londinese, del valore di 275 milioni di sterline. Una trattativa complessa: Mincione voleva almeno 50 milioni, la Segreteria non voleva versare più di 20 milioni. “Torzi li ha messi d’accordo per 40 milioni, questi sono i fatti” commenta l’avvocato.

Invece, quello che è successo dopo – e che avrebbe messo Gianluigi Torzi nei guai – per i suoi difensori non c’entra nulla con l’estorsione “e possiamo provarlo, ci sono atti e documenti”. E cioè: il finanziere, in cambio della consulenza e dell’intermediazione fornita, avrebbe chiesto non denaro ma l’impegno a gestire l’immobile di Sloane Avenue per 5 anni. Un immobile che frutta almeno 5 milioni di euro annui. “Ma quell’accordo che era stato formalizzato in un documento in nostro possesso, non è stato mantenuto”, sottolinea l’Avv. Franco. Seconda la ricostruzione succede questo: viene sottoscritto un contratto quadro con il quale si provvede all’acquisto da parte di “Gutt Sa” di Torzi dell’intera catena societaria proprietaria dell’immobile londinese; si pagano al fondo di Mincione 40 milioni come conguaglio e si cedono al fondo tutte le quote detenute dalla Segreteria di Stato. In seguito viene sottoscritto un secondo contratto con il quale la Segreteria di Stato acquista da Torzi 30mila azioni della “Gutt Sa” al valore simbolico di un euro. Vengono effettuati i pagamenti previsti. Ma poi Torzi avrebbe modificato il capitale della società “Gutt Sa” introducendo accanto alle 30mila azioni senza diritto di voto, le 1000 azioni con diritto di voto, che non facevano parte dell’impegno di cessione. Questo per avere il pieno controllo sull’immobile.

Controbatte la difesa: “In realtà c’è stata inadempienza da parte degli interlocutori della Segreteria di Stato (Tirabassi e Crasso) che non hanno firmato l’impegno assunto verbalmente con Torzi, provato da un atto già redatto, da messaggi vari. Non hanno tenuto fede all’impegno preso e non gli hanno conferito il mandato di gestione dell’immobile, come invece concordato come corrispettivo per l’intermediazione svolta”.

Per quanto riguarda le accuse rivolte a Torzi da parte dell’indagato Mons. Alberto Perlasca, a proposito della richiesta di Torzi di 20 milioni di euro per restituire alla Santa Sede mille quote della società con diritto di voto, in una intervista a Il Giornale (“Appena si palesò la richiesta del Sig. Torzi dissi chiaramente che bisognava denunciarlo, in quanto avanzava pretese del tutto ingiustificate e di evidente indole ricattatoria. Purtroppo fui l’unico a sostenere questa tesi, mentre si preferì scendere a trattative con la controparte. Non è che io escludessi la trattativa, ma la contemplavo solo dopo aver sporto denuncia per truffa e chiesto il sequestro conservativo del bene”), sono menzogne e ricostruzioni imparziali per i difensori di Torzi, che sono certi di riuscire a dimostrare l’estraneità del loro cliente rispetto alle accuse di estorsione e truffa.

“Questo provvedimento riteniamo sia il frutto di un grosso malinteso determinato da dichiarazioni interessate che possono aver fuorviato una corretta interpretazione della vicenda da parte degli inquirenti”, avevano commentano gli avvocati Ambra Giovene e Marco Franco, i legali di Gianluigi Torzi, dopo la presa di custodia temporanea presso la Caserma del Corpo della Gendarmeria S.C.V. “Non v’è dubbio infatti che Gianluigi Torzi ha consentito alla Segreteria di Stato Vaticana di recuperare un prestigioso immobile londinese il cui ingente valore rischiava di essere disperso e successivamente ha evitato che lo stesso potesse prendere vie poco chiare. Torzi non ha mai avuto intenzione di agire contro gli interessi della Santa Sede e sin dall’inizio di questa inchiesta, attraverso i suoi difensori, ha manifestato costante disponibilità verso gli inquirenti per la ricostruzione dei fatti producendo decine di documenti, memorie e, infine, con l’interrogatorio di ieri, durato ben 8 ore, per eseguire il quale il nostro assistito è venuto appositamente dall’estero. Siamo sicuri che la posizione di Gianluigi Torzi verrà presto chiarita con riconoscimento della sua estraneità dagli addebiti contestati”.

Postscriptum

Secondo il Cardinale Angelo Becciu, nell’intervista del 6 giugno 2020 ad AdnKronos, la previsione che Torzi provocherà un “terremoto” nei palazzi vaticani è una “fantasia giornalistica: lui dovrà rispondere di un reato ben preciso di cui lui solo è responsabile. E il Vaticano continuerà come prima”, conclude.

Invece, questa volta l’hanno fatta talmente tanto grossa, che la competenza non può essere solo della magistratura vaticana. Torzi è cittadino italiano, con una professione svolta all’estero.

Il contratto pare sia scritto in inglese e Torzi questo contratto oltre ad averlo personalmente, lo avrà sicuramente depositato presso uno studio notarile (presso Regno Unito o Italia), come fa per tutti gli altri suoi contratti.

Per questi broker, 15 milioni di euro come parcella sono all’ordine del giorno, per risolvere questioni così complesse. Lo capisce pure un bambino, che i 15 milioni di euro Torzi non li intasca solo lui, ma li usa per movimentare altri fondi su altri conti e sicuramente in altri Paesi. I 15 milioni di euro Torzi sicuramente li fa girare per far lavorare altri broker, che dovranno fare altro lavoro per fare in modo che l’operazione di 60 Sloane Avenue della Segreteria di Stato vada a buon fine. Lo capisce pure un bambino, se va in galera Torzi, come per il Marchese del Grillo in galera ci vanno anche altri e l’elenco è molto lunga.

Tornando al panorama internazionale di questa vicenda, siamo sicuri che la giurisdizione dei reati contestati è solo dello Stato della Città del Vaticano? Siamo sicuri? Per questo lo Stato della Città del Vaticano deve stare molto attento come si muove, perché a sua volta può essere accusato di abuso di potere e addirittura di sequestro di persona o di ingiusta detenzione, poiché sta privando un singolo individuo della propria libertà personale senza apparenti validi motivi.

L’arresto è un provvedimento eclatante e molto severo, che appare al momento un provvedimento spropositato nei confronti di Torzi, unica persona fermata e posta agli arresti nei locali del Corpo della Gendarmeria S.C.V. in questa vicenda, perché per nessuno degli indagati è stato adottato tale provvedimento.

Prima di arrestare una persona ci sono altri provvedimenti da prendere, perché se collabora non è necessario assolutamente l’arresto. Se una persona informata sui fatti collabora perché viene arrestata? Torzi al momento non è nemmeno indagato da quanto si sa. Quindi se gli altri indagati sono a piede libero, lui che collabora con gli inquirenti perché viene arrestato?

Se Torzi esce Pignatone salta, perché questo arresto è anomalo e appare essere più un sequestro ordinato da un boss mafioso, piuttosto che da un giudice serio. Certamente è un fatto molto grave, che mette il caso sotto i riflettori giudiziari di tutto il mondo e certo avere i riflettori puntati in un ambiente abituato all’opacità non fa certamente piacere a chi veste di bianco.

A noi piacciono sempre i paragoni. Chi veste di bianco definì “peccato mortale” la pubblicazione delle foto delle 5 persone sospese sulla disposizione di servizio ad uso interno del 2 ottobre 2019 costata a Domenico Giani la cacciata pontificia da Comandante del Corpo delle Gendarmeria e Direttore dei Servizi di Sicurezza dello Stato della Città del Vaticano.

Bene, sarebbe interessante sapere come chi veste di bianco definisce l’arresto di Torzi. L’uomo che viene invitato a colloquio nello Stato della Città del Vaticano, il quale si presenta e collabora, ma viene posto in stato di fermo nei locali della caserma del Corpo della Gendarmeria S.C.V.

Questo a parer nostro non è peccato mortale, è molto di più ed è un fatto talmente grave, che è meglio riderci su, altrimenti dovremmo scomodare dittatori storici da guerra fredda, per paragonare tale episodio ad un altro. Poiché in tempi recenti non vi sono termini di paragone con cittadini italiani informati sui fatti chiamate a colloquio che collaborano ma vengono arrestate in uno stato estero.

Torzi è cittadino italiano e come per i cittadini italiani accusati ingiustamente e rinchiusi in carceri di paesi terzi, per forza delle cose deve muoversi la Farnesina, perché Torzi sta subendo provvedimenti da dittatura mascherata, in barba ai diritti dell’uomo.

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