Nell’inchiesta giudiziario vaticano sugli investimenti immobiliari della Segreteria di Stato, oggi arrestato in Vaticano l’uomo d’affari Gianluigi Torzi

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Comunicato della Sala Stampa della Santa Sede, 5 giugno 2020: “In data odierna l’Ufficio del Promotore di Giustizia del Tribunale Vaticano, al termine dell’interrogatorio del Sig. Gianluigi Torzi, che era assistito dai propri legali di fiducia, ha spiccato nei suoi confronti mandato di cattura.
Il provvedimento, a firma del Promotore di Giustizia, Prof. Gian Piero Milano, e del suo Aggiunto, Avv. Alessandro Diddi, è stato emesso in relazione alle note vicende collegate alla compravendita dell’immobile londinese di Sloane Avenue, che hanno coinvolto una rete di società in cui erano presenti alcuni Funzionari della Segreteria di Stato.
All’imputato vengono contestati vari episodi di estorsione, peculato, truffa aggravata e autoriciclaggio, reati per quali la Legge vaticana prevede pene fino a dodici anni di reclusione. Allo stato il Sig. Gianluigi Torzi è detenuto in appositi locali presso la Caserma del Corpo della Gendarmeria”.

Tempo fa, la Catholic News Agency aveva riferito che l’edificio in Sloan Avenue a Londra fu acquistato dalla Segreteria di Stato a più riprese, nel corso di diversi anni, dall’imprenditore italiano Raffaele Mincione, che all’epoca gestiva centinaia di milioni di euro di fondi della Segreteria di Stato. Quando ha venduto alla Segreteria di Stato 30.000 dei 31.000 azioni del progetto, la holding di Mincione ha conservato le 1.000 azioni di voto necessarie per controllare la holding proprietaria dell’edificio. Alla fine, Mincione si offrì di separarsi da quelli, a prezzi molto gonfiati. Per completare la vendita, nel 2018 la Segreteria di Stato ha chiesto aiuto ad un altro uomo d’affari, Gianluigi Torzi, che ha agito da intermediario per l’acquisto delle restanti azioni. Torzi ha guadagnato 10 milioni di euro per il suo ruolo nell’accordo.

L’11 maggio 2020 la CNA ha riferito inoltre, che uno dei cinque dipendenti della Segreteria di Stato che furono sospesi, Fabrizio Tirabassi, incaricato di gestire gli investimenti della Segreteria di Stato, fu nominato direttore di una holding lussemburghese di proprietà di Torzi. Fonti vicine alla Prefettura per l’Economia della Santa Sede hanno detto alla CNA che Tirabassi è stato coinvolto nella gestione di diverse transazioni finanziarie per conto della Segreteria di Stato, che ora sono sotto la lente degli investigatori finanziari vaticani.

Il giornale svizzero Neue Zürcher Zeitung am Sonntag, in un articolo di Lukas Häuptli del 23 maggio 2020, ha riferito che i pubblici ministeri della Santa Sede hanno inviato alle Autorità svizzere una rogatoria diplomatica con la richiesta formale di assistenza per esaminare l’investimento della Segreteria di Stato della Santa Sede di oltre 300 milioni di US dollari in una proprietà immobiliare di lusso a Londra. “L’Ufficio federale della giustizia ha ricevuto una richiesta di assistenza legale in materia”, ha affermato il portavoce Raphael Frei al NZZ am Sonntag. “Con una nota diplomatica del 30 aprile 2020, l’Ufficio federale ha inviato al Vaticano una prima parte dei documenti richiesti”.

Il giornale ha anche riferito che le sue fonti hanno confermato che decine di milioni di euro sono stati congelati in diverse banche svizzere, nell’ambito dell’indagine su un investimento immobiliare del Vaticano.

Gli investigatori dello Stato della Città del Vaticano stanno esaminando l’acquisto da parte della Segreteria di Stato del palazzo al numero 60 di Sloane Avenue, a Londra. Nell’ottobre 2019, quattro funzionari della Segreteria di Stato sono stati sospesi a seguito di una perquisizione da parte della Gendarmeria vaticana in cui hanno sequestrato file e computer. Un’ulteriore perquisizione nel ufficio e nell’abitazione un ex alto funzionario della Segreteria di Stato fu eseguita in febbraio.

L’acquisto dell’immobile in questione è stato almeno parzialmente finanziato con prestiti di diverse banche svizzere, tra cui Credit Suisse e BSI. Nel 2016 BSI è stata oggetto di un rapporto negativo da parte delle autorità bancarie svizzere, secondo cui avevano riscontrato nella BSI “gravi violazioni dei requisiti legali di dovuta diligenza in relazione al riciclaggio di denaro e gravi violazioni dei principi di adeguata gestione del rischio e organizzazione appropriata”. La banca fu obbligata ad una fusione estintiva con EFG Group nel 2017, a condizione che nessun funzionario di BSI mantenesse un ruolo di gestione.

Il Credit Suisse ha riconosciuto a NZZ am Sonntag di essere coinvolto nelle indagini, ma ha affermato che non è oggetto di accuse da parte delle autorità svizzere o vaticane. “Il Credit Suisse non è soggetto delle indagini del Vaticano, ma sta lavorando con le autorità in conformità con le normative applicabili”, ha detto la portavoce della banca Anitta Tuure.

In principio era il caos in Vaticano. Obolo di San Pietro “opaco”. Mons. Perlasca indagato. Altri tremano – 19 febbraio 2020

(…) Sessanta milioni di euro dell’Obolo di San Pietro possono essere investiti in operazioni a fine di lucro? Sono stati chiari i fini per cui sono stati usati? Il Cardinale Angelo Becciu, già Sostituto della Segreteria di Stato per gli Affari generali (più o meno equiparabile ad un ministro degli interni) ha dichiarato ieri: “Neppure un penny e stato utilizzato dell’Obolo di San Pietro per l’acquisto del palazzo londinese di Sloane square”.
Il successore del Cardinale Angelo Becciu come Sostituto della Segreteria di Stato, l’Arcivescovo Edgar Peña Parra per l’acquisto di questo Palazzo chiederà allo IOR ingenti somme di denaro – per operazioni “opache”, come le ha definite il Cardinale Pietro Parolin.
Mentre il Segretario di Stato di Sua Santità parla di operazioni “opache”, il Cardinale Becciu afferma che non sono stati spesi soldi dell’Obolo di San Pietro per l’acquisizione del palazzo londinese, pagato 60 milioni di euro, per cui è stato acceso un mutuo, ha detto.
Però, per il sopralluogo a Londra presso lo stabile che poi verrà acquistato dalla Santa Sede, a suo tempo, vengono inviati Mons. Alberto Perlasca e Mons. Luigi Mistò.
Perlasca è Capo Ufficio Amministrativo della Prima Sezione della Segreteria di Stato, che detiene le chiavi della cassaforte della Segreteria di Stato e gestisce le finanze delle fondazioni vaticane, tra cui l’Obolo di San Pietro.
Mistò è Presidente della Commissione per le attività del settore sanitario delle persone giuridiche pubbliche della Chiesa presso la Segreteria di Stato, che controlla e gestisce il FAS-Fondo Assistenza Sanitaria dello Stato della Città del Vaticano.
Non ho motivi per pensare che Card. Becciu dice un bugia, nell’affermare prima che era coperto dai suoi superiori e secondo che i soldi dell’Obolo di San Pietro non sono stati spesi per l’acquisto di Sloane Square. Posso dirlo, innanzitutto, perché lo conosco da molti anni, in rapporti di lavoro molto stretti, per motivi delle nostre rispettive funzioni, di Sostituto della Segretaria di Stato da una parte e di Assistente della Sala Stampa della Santa Sede dall’altra parte (quindi, ambedue “braccia operative”). Inoltre, non vedo quale motivo Becciu dovrebbe avere per dire una falsità al riguardo. Infatti, Becciu dice una mezza verità, cioè non dice tutta la verità. La parte della verità che “omette” è, che potrebbe essere che sono stati utilizzati soldi dei conti FAS, che controlla Mistò. Questo giustificherebbe la sua presenza insieme a Perlasca per fare il sopralluogo a Londra. Morale della favola, il palazzo di lusso londinese l’hanno acquistato gli assistiti FAS, con la “tassa” ritenuta in busta paga? (…)

Aggiornamento 6 giugno 2020

Sul Corriere della Sera online del 6 giugno 2020, Mario Gerevini e Fabrizio Massaro forniscono ulteriori dettagli sullo scandalo degli investimenti della Segreteria di Stampa (Vaticano, lo scandalo del palazzo. A monsignor Alberto Perlasca sequestrati conti in Svizzera) sullo scandalo del palazzo di Sloane Square a Londra e sulla gestione dei capitali della segreteria di Stato, “che avrebbe fatto emergere una «enorme voragine» nei conti dello Stato Vaticano «compiuta da funzionari della Segreteria di Stato» con la complicità di «soggetti esterni»”. La collaborazione tra la magistratura vaticana e quella svizzera era stata confermata nei giorni scorsi dal portavoce del Ministero della giustizia della Svizzera, che aveva confermato la consegna di alcuni documenti e di altro materiale alle autorità vaticane, sulla base degli accordi di collaborazione internazionale. Mancavano i nomi, che vengono forniti dal Corriere della Sera: “Un monsignore che è stato molto vicino al Papa. Il banchiere storico del Vaticano. Il funzionario della Segreteria di Stato. I due finanzieri dell’affare della palazzo di Londra. Ecco i nomi dietro i conti svizzeri sequestrati”. Si tratta di conti milionari intestati o gestiti da monsignor Alberto Perlasca, che fu responsabile degli investimenti della Segreteria di Stato, “sequestrati nei giorni scorsi dalla magistratura svizzera, su richiesta del Promotore di giustizia Vaticano”.
Il Corriere della Sera riferisce inoltre, che “sono finiti sotto sequestro anche conti intestati al finanziere Raffaele Minacione. E poi quelli del gestore dell’Obolo di San Pietro e del patrimonio della Segreteria di Stato, Enrico Crasso, già dirigente del Credit Suisse e ora fondatore e responsabile del fondo maltese Centurion che ha in mano una cinquantina di milioni di euro sempre del Vaticano e investiti, fra l’altro, in Italia Independent di Lapo Elkann e nel film su Elton John. Ci sono poi i conti intestati o gestiti dal funzionario dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, Fabrizio Tirabassi. E infine i conti correnti del broker residente a Londra Gian Luigi Torzi, arrestato venerdì dentro il Vaticano al termine di un interrogatorio. In totale si parla di decine di milioni di euro ma non ci sono conferme ufficiali. Enrico Crasso, contattato dal Corriere della Sera, ha replicato via Whatsapp con un «nessun commento» alla richiesta di chiarimenti, precisando solo che i sequestri nei suoi confronti riguardano conti «comunque solo gestiti»”.

* * *

Sulla vicenda nel pomeriggio di sabato 6 giugno sono intervenuti i legali di Torzi. “Questo provvedimento riteniamo sia il frutto di un grosso malinteso determinato da dichiarazioni interessate che possono aver fuorviato una corretta interpretazione della vicenda da parte degli inquirenti”, hanno commentato gli avvocati Ambra Giovene e Marco Franco, legali del broker arrestato. “Non v’è dubbio infatti che Gianluigi Torzi ha consentito alla Segreteria di Stato vaticana di recuperare un prestigioso immobile londinese il cui ingente valore rischiava di essere disperso e successivamente ha evitato che lo stesso potesse prendere vie poco chiare. Torzi non ha mai avuto intenzione di agire contro gli interessi della Santa Sede e sin dall’inizio di questa inchiesta, attraverso i suoi difensori, ha manifestato costante disponibilità verso gli inquirenti per la ricostruzione dei fatti producendo decine di documenti, memorie e, infine, con l’interrogatorio di ieri, durato ben 8 ore, per eseguire il quale il nostro assistito è venuto appositamente dall’estero. Siamo sicuri che la posizione di Gianluigi Torzi verrà presto chiarita con riconoscimento della sua estraneità dagli addebiti contestati”.

Canta che ti passa, ma poi l’indagine penale continuerà. La macchina della magistratura vaticana non può fermarsi. Dagli elementi forniti da Torzi nasceranno nuovi ordini di cattura.

Palazzo a Londra, continua l’inchiesta sulla mediazione di Gianluigi Torzi
Il Giornale del Molise, 21 febbraio 2020

(…) Sicuramente il nodo che presenta maggiori ambiguità è quello che ha visto – nel 2018 – l’ingresso nell’operazione di Londra di Gianluigi Torzi, un broker molisano fino a quel momento sconosciuto in Vaticano. Venne introdotto da un amico del Pontefice, presidente di una cooperativa sanitaria. In pratica fu lui a presentare Torzi al funzionario della Segreteria di Stato, Tirabassi. Sempre lui propone come intermediario il broker molisano per l’acquisto del palazzo a Londra. Il suggerimento di fare entrare Torzi nella operazione non fu messo in discussione, perché tutti sapevano che a proporlo era stato una persona di fiducia del Pontefice. Lo stesso che accompagnò a Londra Torzi per una serie di riunioni, assieme all’avvocato Intendente. (…)

Truffa al Fatebenefratelli di Roma, compare anche il nome del molisano Torzi
Inquirenti al lavoro su una commissione da 14 milioni di euro: il broker già coinvolto nelle vicende riguardanti a Banca Popolare di Bari e l’acquisto di un immobile del Vaticano a Londra
Il Quotidiano del Molise Online, 31 gennaio 2020

Nelle stesse ore durante le quali la Guardia di Finanza di Bari ha notificato un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti di Marco e Gianluca Jacobini (padre e figlio, il primo ex presidente del Cda e amministratore di fatto della Banca Popolare di Bari e il secondo vice direttore generale e direttore generale di fatto dell’istituto di credito barese), il finanziere termolese Gianluigi Torzi, finito agli onori della cronaca a metà dicembre proprio perché “voleva salvare” la Banca Popolare di Bari, è tornato alla ribalta nazionale: il suo nome infatti compare all’interno di una indagine della procura su una presunta truffa compiuta ai danni del Fatebenefratelli di Roma. Repubblica ha infatti definito Torzi “l’uomo della Banca di Bari”.
Torzi, uomo d’affari, amico e già socio di Frattura, è conosciuto anche in Molise perché comproprietario di una villa a Termoli comprata a prezzi da saldo e finita agli onori della cronaca regionale.
Questa volta Torzi invece sarebbe coinvolto in una operazione finanziaria azzardata che avrebbe portato al compimento di una presunta truffa compiuta ai danni del Fatebenefratelli, la struttura ospedaliera della Capitale.
La vicenda riguarderebbe una commissione da circa 14 milioni di euro che due società londinesi (Sunset Enterprice e Odikon Service, entrambe riconducibili al finanziere Gianluigi Torzi) sarebbero riuscite a spuntare nell’ambito di un’operazione finanziaria di cartolarizzazione del credito (legata ad una cessione di un credito da 80 milioni di euro che l’ospedale vantava nei confronti della Regione Lazio. Sulla transazione ci sarebbero passaggi poco chiari legati “al costo” della stessa transazione, costo ritenuto probabilmente eccessivo da chi indaga).
In sostanza non è escluso che si sia stata una speculazione. Al momento gli inquirenti sono al lavoro ma non ci sarebbero persone iscritte nel registro degli indagati. Il nome del broker Torzi, come detto, negli ultimi mesi è spuntato in varie inchieste, come quella quella sulla Banca Popolare di Bari e in quella legata al Vaticano (la contorta vicenda dell’immobile riacquistato a Londra dal Vaticano con un bonifico di 44 milioni di sterline, via Credit Suisse, grazie proprio all’intervento del finanziere molisano).

Torzi, il termolese che dopo il Vaticano voleva ”salvare” la Banca di Bari
Il Quotidiano del Molise Online, 14 dicembre 2019

Buco nei conti della Banca Popolare di Bari, l’affare comincia a diventare pericoloso e nelle maglie di una delicata indagine della Procura del capoluogo pugliese è finito anche il noto finanziere e uomo d’affari molisano Gialuigi Torzi, amico e socio di Frattura, con lui comproprietario di una villa a Termoli comprata a prezzi da saldo e finita agli onori della cronaca regionale.
Ma qui Frattura e la villa di Termoli non c’entrano nulla, è la procura di Bari che, su segnalazione della Banca d’Italia sta indagando su un’operazione risalente tra il dicembre 2018 e il marzo 2019, in cui De Bustis porta al Cda della Banca Popolare di Bari un’operazione che gli permette, dice, di mettere in sicurezza i ratio patrimoniali. Operazione che ha per oggetto l’emissione obbligazionaria da 30 milioni di euro per rafforzare il capitale e che una società maltese, la Muse Ventures Ltd, di Gianluigi Torzi, fa sapere di voler sottoscrivere interamente. Per De Bustis è la mossa risolutiva per riportare in sicurezza la banca di Bari. Peccato che negli step successivi l’operazione si complica e fa scattare una serie di controlli da parte della vigilanza della Banca d’Italia, verifiche che conducono in ultima battuta alle indagini dei magistrati. La Muse di Torzi infatti si rivela una semplice società di consulenza, nata ad ottobre del 2017 e con un capitale sociale di appena 1.200 euro. Un po’ poco per sottoscrivere un’intera obbligazione da 30 milioni e infatti Bnp Paribas, la banca incaricata di curare l’operazione, avanza alcune perplessità sull’entità del sottoscrittore maltese, facendo sapere che ci sono problemi di trasparenza. Muse, amministrata da Gianluigi Torzi che insieme al padre Enrico è nelle liste “nere” antiriciclaggio del sistema bancario e al centro di alcune inchieste giudiziarie, non versa il denaro promesso e De Bustis non fa seguire la sottoscrizione delle quote per 51 milioni del fondo Naxos. Così nel giro di poche settimane, Gianluigi Torzi torna alla ribalta della cronaca nazionale dopo la contorta vicenda dell’immobile riacquistato a Londra dal Vaticano con un bonifico di 44 milioni di sterline, via Credit Suisse, grazie proprio all’intervento del finanziere molisano qui nelle vesti di angelo custode dei conti della Chiesa.

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Vaticano, Covid-19 e investimenti immobiliari. La comunicazione della Santa Sede incompleta, assurda e paradossale – 8 maggio 2020

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Foto di copertina: Palazzo del Tribunale Vaticano e del Comando del Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano (Foto Vatican Media).

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