Ilva di Taranto e la “preoccupazione” di Benedetto XVI. Il grazie della diocesi

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“Seguo con preoccupazione le notizie relative allo stabilimento Ilva di Taranto”. Il sostegno di Benedetto XVI, molto atteso nella città dei due mari, è arrivato puntuale domenica scorsa: “Desidero manifestare la mia vicinanza agli operai e alle loro famiglie, che vivono con apprensione questi difficili momenti” aveva detto il Papa dopo la recita dell’Angelus. Benedetto XVI aveva assicurato “la mia preghiera e il sostegno della Chiesa”. Ma soprattutto, aveva ammonito, «esorto tutti al senso di responsabilità e incoraggio le istituzioni nazionali e locali a compiere ogni sforzo per giungere a una equa soluzione della questione, che tuteli sia il diritto alla salute, sia il diritto al lavoro, soprattutto in questi tempi di crisi economica». Non si è fatto attendere il ringraziamento della diocesi, con una nota dell’arcivescovo Filippo Santoro. “Non siamo soli”, ha detto il presule, che rientrerà “immediatamente” dal Brasile dove si trova per impegni fissati da tempo. È profonda la gratitudine per il Papa: “Il suo ricordo durante l’Angelus – ha spiegato l’arcivescovo – sollecita tutti coloro che hanno responsabilità e facoltà a trovare vie concrete, fattibili e immediate perché a nessuno venga sottratto il pane e la dignità, perché a tutti sia garantito un ambiente sano e, che la giustizia, a schiena dritta, continui il suo corso necessario”. Il problema dell’Ilva “è un problema di tutti – ha detto ancora Santoro, che sta organizzando una grande veglia con gli operai – e auspico che quello che sta avvenendo non si traduca in una guerra fra vittime”.

Nel coro delle reazioni diocesane anche quella dell’Azione Cattolica. Sul caso Ilva “servono solidarietà e speranza”. Questa la posizione dell’AC, che in una nota spiega come si debba evitare “la contrapposizione tra salute e lavoro”. Anche l’Associazione nazionale riprende le considerazioni della presidenza diocesana di Taranto, che spiega come in città tutti si sentano “storditi! Come dopo un forte choc!”. Perché “quella fabbrica amata e odiata fa parte della nostra storia – dicono dall’Ac tarantina – gigante buono che ha consentito la vita e il benessere a migliaia di famiglie per cinquant’anni, Moloch crudele che per quanto ha dato, tanto ha richiesto in termini di sacrificio di vittime umane, morti sul lavoro e morti per malattie tumorali”. Come Azione Cattolica di Taranto – continua la nota pubblicata sul sito nazionale dell’Ac –“condividiamo le ansie e le sofferenze della nostra gente e di tanti nostri aderenti che in quella fabbrica lavorano o che per quella fabbrica hanno perso i propri cari». Il pensiero va ai circa 17.000 lavoratori (tra dipendenti diretti e in-dotto), anche perché «in tutti questi anni la realtà jonica non diversifica la propria economia, anzi vanno in crisi mitilicoltura, agricoltura, allevamento e turismo per i danni ambientali e per la presenza ingombrante della fabbrica”. Una storia non facile: “Riteniamo che dinanzi alla complessità della questione si devono aprire luoghi di studio in cui si mettano in campo alte competenze; per provare a non perdere completamente la fabbrica e tutto l’apparato industriale ad essa legato: è necessario che tutte la parti in causa siano disposte a “perdere qualcosa””. “In questo momento – conclude la nota – serve la solidarietà, per creare una rete che sostenga il reddito e la sopravvivenza dei lavoratori e delle loro famiglie; serve anche la speranza, perché un momento tanto difficile possa diventare un’opportunità per riprogettare un nuovo sviluppo con attività economiche più diversificate. L’Azione Cattolica in unione con le iniziative della Chiesa di Taranto è pronta a dare il suo contributo”.

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