Il timore della morte e lo sguardo verso il cielo: se Carlo Acutis ci aiuta a intravedere il Paradiso

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La morte è un processo naturale, eppure la avvertiamo come qualcosa di estraneo, di assurdo, di illogico. Ci disturba, ci toglie pace, ci spaventa: di fatto, contraddice il desiderio di immortalità che il Creatore ha messo nei nostri cuori, quando ci ha donato il Paradiso Terrestre. La morte sembra soffocare quel seme di eternità che c’è nella nostra anima… Siamo fatti per vivere, no? Mica per morire! Sembra così scontato.

E invece la morte arriva, spietata. Viene a infrangere i nostri sogni, a distruggere ciò che abbiamo creato: relazioni, passioni, progetti. La morte irrompe e… spazza via tutto. Ma è proprio vero che spazza via tutto? Oppure ci trasforma, ci conduce a una nuova esistenza? E se fossimo davvero fatti per l’eternità, come sentiamo nel profondo di noi? Se il diavolo avesse il potere di rovinare, in parte, questo mondo, ma non di impedirci la salvezza eterna?

Chi non ha mai pensato al Paradiso? Chi non si è mai concesso il lusso di credere in un’altra vita, dopo la morte? E se fosse tutto vero? In questo periodo, è molto comune farsi delle domande, chiedersi da dove venga il male, se il dolore abbia un senso, perché Dio non impedisca le cose brutte, perché le malattie, i lutti. Sono domande lecite, comprensibili. Che meritano attenzione, che possono essere gridate a Dio. Ma mentre ci chiediamo perché moriamo, ci domandiamo anche come non morire per l’eternità?

Carlo Acutis, il ragazzo milanese che, è ufficiale, presto sarà beato per la Chiesa, è morto di leucemia fulminante nel 2006 a soli 15 anni. Circa due mesi prima di morire, quando ancora era in perfetta salute, ha sentito dentro di sé un’intuizione: che sarebbe morto presto.

E lo ha lasciato detto in un video, con uno strano, sereno, sorriso: ‘Muoio felice, perché so di aver fatto la volontà di Dio’. Moriva felice, non perché era pazzo, non perché disprezzava la vita, ma perché sapeva che la vita non finiva. Che terminava solo la prima parte del viaggio, ma la destinazione lo attendeva ancora. Sapeva che lo aspettava la parte più bella. Il famoso ‘dulcis in fundu’.

Senza girarci troppo attorno, sapeva che c’era Dio. Lo aveva conosciuto sulla terra e ora gli andava incontro. Si era nutrito di Lui, facendo con fede la Comunione (che aveva definito più volte la sua autostrada per il Cielo), ma dopo la morte, quella comunione sarebbe diventata perfetta, perpetua, senza fine.

Non aveva paura della morte, non perché fosse ingenuo, ma perché lo Spirito Santo, gli metteva una speranza grande nel cuore. Una speranza non sua, una speranza che era dono del cielo. Perché chi accoglie Cristo non è più solo, coi suoi pensieri e le sue paure: Cristo stesso vive in Lui. Lo Spirito Santo gli dà una luce nuova, una forza assolutamente nuova.

Carlo ha vissuto con lo sguardo rivolto al Paradiso, per questo poteva morire in pace. E noi? Forse non abbiamo speranza. Forse non abbiamo fede. Ci sentiamo persi, sconsolati, fragili. Non riusciamo a spostare lo sguardo verso l’alto. Forse ci sembra tutto nero, vuoto.

Siamo depressi, senza forza e sentiamo che il nostro cuore sta morendo per la tristezza, per la solitudine. Se è così, chiediamo aiuto a Dio! E non facciamolo da soli… Affidiamoci a Maria, chiediamole di pregare Dio per noi, con noi, come faceva Carlo. Lui amava tanto la Madonna: la definiva la donna più importante della sua vita; sapeva di avere bisogno del suo aiuto e recitava il rosario ogni giorno.

Perché non ci proviamo anche noi? Perché non ci mettiamo tra le mani di Maria? Perché non le chiediamo di aiutarci ad arrivare in Paradiso? E’ giusto che ci chiediamo come custodire la nostra vita sulla terra: è giusto curarci, difendere la salute, è giusto lottare, per vivere fino in fondo ogni giorno che ci viene dato.

Tutto questo significa rispettare un dono ricevuto: se Dio ci ha voluti e pensati qui, desidera senza dubbio che viviamo appieno la temporalità, che salvaguardiamo la vita fisica che abbiamo a disposizione. Ma è anche giusto chiedersi: mi sto preparando alla vita senza fine, che mi attende dopo?

Sto cercando di conoscere Dio, di farlo entrare nella mia  esistenza,  per poter  entrare  nella sua, quando mi chiamerà? Carlo aveva capito che non finisce tutto qui… e ha trascorso i suoi pochi anni (perché sì, la sua è stata una vita breve e la sua morte prematura, diremmo guardando la cosa solo con occhi umani) a prepararsi al Paradiso. Ma come ci si prepara al Paradiso? Amando. Dio e il prossimo. Non servono formule magiche, non servono giravolte, non è necessario essere i primi in tutto, venire ammirati, costruire imperi. Alla fine, tutto passa. Che sia a 15, a 70 o a 100 anni, tutti moriamo.

La vita terrena passa, ma l’amore no. Il Vangelo ci insegna questo. Carlo ci ha creduto ed è morto in pace. Ma prima ancora, in pace, ci ha vissuto. Carlo, con la sua vita semplice, breve, ma piena di amore, ti dice: “Ama. Inizia ora. Spenditi per gli altri, datti agli altri, lascia l’egoismo. Anche nella fatica, soprattutto nella fatica. Perché i soldi, le cose materiali, il potere, le serate folli passano. Solo l’amore resta. Ed è il biglietto di ingresso per la vita eterna con Dio”.

(Foto: pagina facebook)

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